Avere vent’anni: DEATHSPELL OMEGA – Kenose
Dopo aver ridisegnato il black metal nell’ineguagliato e ineguagliabile Si Monvmentvm Reqvires, Circvmspice, influenzando miriadi di band e costringendo almeno altrettante a ripensarne gli schemi classici del genere, nel 2005 i Deathspell Omega si dedicarono a portare avanti il loro stesso operato verso paesaggi allora ignoti ai più, probabilmente anche a loro stessi. Consapevoli che il capolavoro dell’anno precedente non sarebbe mai stato avvicinabile, la band si dedicò a sviluppare nuove idee, a contorcere il suono e gli schemi da loro inventati complicandoli con influenze derivate dal progressive più acido e dissonante e dal jazz ostico, straniante e parimenti antimelodico, oltre che con elementi meno alieni al mondo heavy metal.
Ne è la riprova Kenose, classificato come EP sebbene contenga tre lunghi pezzi originali che ne portano la durata ad oltre 36 minuti. Come si faccia a dire che un album di 36 minuti contenente solo inediti sia un EP giuro non riesco a capirlo né mai lo capirò, ma questo se vogliamo è trascurabile, è solo una mia fisima, alla fine conta poco. Invece conta che i tre brani qui presenti rappresentano l’inizio della strada tortuosa ed intricata che li porterà ad esasperare il loro progetto musicale con i due album successivi, che si potrebbero ascoltare un milione di volte, rimanendo sempre a bocca aperta per la perizia tecnica e la capacità compositiva, senza tuttavia riuscire ad impararne a memoria un solo passaggio.
Tutti senza titolo, gli episodi di Kenose sono violenti come sul disco precedente, ma quello che davvero colpisce è l’abilità di integrare trame canonicamente black metal ad altre che con esso non hanno nulla a che vedere, tutto ciò invero mantenendo sempre un filo logico che si discosta dalle divagazioni composte successivamente. I brani seguono comunque linee melodiche riconoscibili sebbene disagevoli ed ingarbugliate. Lo avete mai ascoltato Grin dei Coroner? Il paragone è quello, un disco che interseca ogni genere possibile ed immaginabile, lo filtra in ottica thrash metal e si staglia nel panorama dell’intera musica metal come un picco erto ed inaccessibile che emerge solitario in mezzo all’oceano. Di fatto Kenose ne riprende le caratteristiche traslandole nel mondo del religious black metal. I testi sono sempre più ermetici, sempre più incentrati su aspetti filosofici del cristianesimo, sulla contro-teologia e su tematiche così poco immediate, così ardue da decifrare che si sposano perfettamente a una musica che è tutto meno che prontamente recepibile.
I occupa il primo lato del vinile, 16 minuti nei quali si avvicenda di tutto, dalla musica tribale in avvio alle esplosioni più brutali, arpeggi dissonanti, scale jazz, momenti riflessivi, riff cadenzati al limite del death metal. Non dev’essere stato per nulla semplice scrivere un brano simile, di questa lunghezza poi, quindi provarlo ed infine registrarlo. Ma anche i brani II e III sul lato B non sono da meno, a riprova che i francesi sono stati dei geniali innovatori dotati di un talento unico e sublime. Per importanza storica questo episodio non è paragonabile al suo illustrissimo predecessore, ma, se si vuole seguire l’evoluzione di un progetto che, ribadisco, ha stravolto il concetto di black metal comunemente inteso, anche questo episodio, da molti critici all’epoca considerato minore e quasi secondario, ha una valenza ben più che significativa.
Nel 2005 i Deathspell Omega non si sono limitati a pubblicare Kenose: con due brani lunghissimi hanno partecipato ad altrettanti split con esponenti di spicco del black mondiale; Mass Grave Aesthetic dura 20 minuti e lo trovate nello split From the Entrails to the Dirt con Mütiilation, Antaeus e Malicious Secrets; Diabolus Absconditus arriva a 22 minuti e appare in Crushing the Holy Trinity, opera omnia satanica cui partecipano anche Clandestine Blaze, Musta Surma, Stabat Mater, Exordium e Mgła. In entrambi i casi i brani sono complicatissimi, fanno emergere la vena più progressiva della band e vanno ascoltati per comprendere appieno fino a che punto si può manifestare la genialità. (Griffar)

