Quest’estate di nuovo in giro per sagre coi FOLKSTONE: Natura morta

Questo disco di ritorno è stato per qualche giorno un punto interrogativo nella mia testa. In uno dei due emisferi del cervello prevaleva la parte più acritica e nostalgica, quella che associa quei suoni al momento migliore dei Folkstone e ai tempi in cui dovevo vederli almeno una volta all’anno, in quelle estati in cui si giocava a cercare in quale sagra della salamella avrebbero suonato (bei tempi quelli, ndbarg). Nell’altro emisfero si affollavano tutte le faccende dello scioglimento annunciato di punto in bianco, le ultime date e i fatalismi assortiti interrotti improvvisamente da un “fermi tutti, abbiamo scherzato, pausa birretta finita, ora tornano i Folkstone”, la qual cosa in un certo senso conferma il mutamento rispetto alla filosofia di partenza che era stato ben descritto qui.

Il primo pezzo di Natura Morta però mi prende bene: nei primi minuti le cornamuse sanno di ritorno a casa dopo un lungo viaggio, le melodie si intrecciano e si annodano per formare quella trama tipica delle canzoni dei Folkstone e che negli ultimi dischi sembrava si stesse perdendo un po’ troppo. Alabastro apre il disco in maniera quasi esaltante, con un ritornello che ti fa venir voglia di cantare, le pive sparate a cannone, la voce di Lore che graffia. C’è ancora qualcosa che non mi torna, ma sono comunque ben disposto. Si rivedono le montagne, e, anche quando il disco non ti ci porta direttamente in mezzo, rimangono sempre quantomeno presenti sullo sfondo. Nel video di Macerie ci sono pure degli indizi che ti fanno capire che loro stanno ancora lì, sulle Orobie, a due passi da un rifugio in cui sicuramente si sbevazza vino e si mangia polenta al sugo di selvaggina.

Di tanto in tanto si sente pure qualche eco di Medioevo, come nella strumentale Mala Tempora Currunt, e viva Madre Natura, dico io. I riferimenti a quel periodo però non funzionano sempre, e basta ascoltare il tremendo esperimento in cui Un’altra Volta Ancora viene cantata in spagnolo, manifestazione plastica di quanto possa essere deleterio rimettere mano ad passato da cui si è ormai involontariamente distanti. Nonostante una produzione migliore di quella di Damnati ad Metalla, vi sfido a dire che questa versione è migliore, o anche solo che vi coinvolge davvero. Da un certo punto di vista quello che proprio non si sente più è il brigantaggio. Tutt’al più birbantelli di montagna, ma briganti proprio no, e neanche lontanamente dei tipacci. A un certo punto gli scappa pure un “perdona padre quel che ho fatto”, che, parafrasando, mi ricorda “desculpa mama por mi vida loca” , lasciandomi ogni volta un po’ interdetto. Vuoto a perdere è una bella canzone e con il suono e la struttura rimanda un po’ a Il confine: sono sicuro che dal vivo farà sfracelli con quelle pive belle gonfie e il ritornello urlato. Probabilmente se mi capiterà di vederli, e nonostante tutto spero vivamente di riuscire ad organizzarmi per incrociarli a qualche festa del becco con un birrone in mano e uno già nello stomaco, canterò pure io, però dai cazzo.

“Anche i fiori muoiono”

Il legame con la ruralità e con il concetto di sagra è comunque ben evidente se consideriamo la sottile linea rossa che li lega a Modena, pur con collaborazioni da circolo ARCI (i Modena City Ramblers), ma di cui mi sento comunque di mettere in evidenza le cose veramente importanti: il cotechino, i salumi e il lambrusco con gli Appennini sullo sfondo, con la conclusione affidata alla cover di Ultima Thule di Guccini. Sembra scritta per loro e devo ammettere che non mi dispiace, per quanto sia convinto che le velleità di cantautorato non si addicano proprio ai Nostri, che il meglio lo hanno dato con una poetica molto più semplice e genuina.

Il disco è comunque piacevole con i suoi alti e bassi, loro suonano bene, le voci sono anche più espressive che a inizio carriera e si sente che tecnicamente sono cresciuti, ma, di tutte le maschere che hanno indossato, continuo a preferire ampiamente quelle con cui mozzavano teste e andavano a rubare la propria anima oltre il tempo. Che ci volete fare, sono e resto un nostalgico. (Maurizio Diaz)

5 commenti

  • Avatar di Cattivone

    E chi se li scorda quegli anni d’oro in cui si esibivano gratis agli eventi più luridi della pianura padana… abitavo a Milano da solo, li avrò visti 3-4 volte all’anno. Ad un evento acustico Lore nominò un coppiere che sarebbe dovuto andare a prendergli le birre per tutti, lui prese le birre e anzichè pirtargliele scappò per berle scatenando una certa ammirazione nel gruppo.

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  • Avatar di weareblind

    In tutta onestà, non mi capacito di questo gruppo. Auguro loro il meglio.

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  • Jay Jay okocha
    Avatar di Jay Jay okocha

    Sono riuscito a tornare a sentirli alla serata di presentazione al Legend. Perfetti, bravi, in forma, sempre coinvolgenti, solo ho l’impressione che prima dello scioglimento si divertissero di più. Ora sono un gruppo di professionisti mentre prima erano un gruppo di cazzari che si divertivano con gli amici di una vita.

    forse è solo una mia impressione perché in fondo anch’io sono cresciuto e invecchiato insieme a loro, e tutto sommato va bene così.

    il disco mi è piaciuto , folkstone al punto giusto, sincero come sempre. Quanti ricordi, che nostalgia 🥺

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    • Avatar di Cattivone

      Non li ho ancora visti dopo la reunion (nonostante quel che ho scritto in un altro commento se mi arrivano a portata non credo riuscirò a resistere alla tentazione) ma sinceramente un bel calo di coinvolgimento dal vivo lo avevo già notato con i tour pre-scioglimento.

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      • Avatar di Bonzo79

        Appena tornato dal concerto di Trieste, super coinvolgenti e coinvolti, con tanto di stage diving e crown surfing del cantante alla fine. Boh, a me pare che il “signora mia, una volta qui era tutta campagna” (pun intended) sia più snobismo che altro, se mi permettete

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