Sublimi e violente innovazioni: SADIST – Something to Pierce

Fin dal loro primo disco, Above the Light (1993), i Sadist si sono affermati come uno dei più importanti gruppi di metal estremo sperimentale, dimostrandosi capaci di coniugare con disinvoltura e maestria death metal, progressive, fusion, richiami etnici e riferimenti alle colonne sonore dei thriller all’italiana. Dei Sadist è dunque da ammirare la lunga storia di continue ricerche e sperimentazioni che li ha portati a essere sempre imprevedibili, ma anche coerenti e fedeli alle proprie origini. Sono sempre rimasti attivi, a parte una pausa fra il 2000 e il 2007, e sono molto rispettati anche a livello internazionale. Ogni uscita dei Sadist è pertanto qualcosa da ascoltare sempre con un certo grado di curiosità, poi può anche non piacere o non convincere, ma va tenuto conto che il presente e il futuro del metal passano anche dalle loro parti.

Firescorched del 2022 fu un album di altissimo livello: aggressivo, dalla scrittura ricca e variegata, uno dei migliori dischi degli ultimi anni in ambito prog estremo, tanto da ravvivare le aspettative per la successiva uscita. Abbiamo una nuova sezione ritmica ad affiancare gli storici Tommy Talamanca e Trevor Nadir: Giorgio Piva alla batteria e Davide Piccolo al basso, entrambi attivi nei Fate Unburied e in altri progetti, mentre resta Gloria Rossi come voce femminile. Ebbene, con il nuovo Something to Pierce questa formazione è riuscita a mantenere intatta l’integrità del gruppo, confermando la grandissima abilità tecnica di tutti i musicisti, ma soprattutto l’approccio sperimentale e sempre fantasioso nello sviluppo delle composizioni. Il nuovo lavoro dei Sadist è stratificato e complesso, come di consueto, rivelandosi man mano un viaggio attraverso paesaggi sonori variopinti e stranianti; e che al contempo è coinvolgente da ascoltare, perché mantiene una ferma essenzialità cruda tipica del death metal vecchia scuola, anche nella durata delle canzoni, che non supera mai i cinque minuti.

Si avverte una differenza fra la prima parte dell’album, dove troviamo brani maggiormente diretti come il singolo Something to Pierce, il groove tribale di Deprived, i riff trascinanti di No Feast for Flies e Kill Devour Dissect, mentre a partire dal quinto The Sun God si apre un “lato B” ancora più interessante, dove le sperimentazioni si fanno intense, pur mantenendosi in equilibrio con l’aggressività e la velocità di esecuzione  consuete dei Sadist. Magistrali in questo senso si rivelano Dume Kike, The Best Part is the Brain, Nove Strade, ma in realtà vanno ascoltate tutte perché hanno ciascuna il proprio carattere distintivo, fino al saluto finale della strumentale Respirium. Rispetto al precedente Firescorched, possiamo dunque vedere questo Something to Pierce come un album molto più animato da contrapposizioni sonore e arricchito da una maggiore volontà di ricerca. Ci troviamo davanti a uno stile che possiamo definire death metal fusion, tanto sono ben amalgamate le parti più aggressive e tipicamente metal con le altre, ovvero quelle più melodiche, elettroniche ed etniche, a creare un chiaroscuro continuo di materiale sonoro distinto e identificabile, ma anche unito in concetto estetico unitario, armonico e, in conclusione, bellissimo.

La copertina dell’album, un’illustrazione in stile horror-fantasy, disegnata dal russo Andrey Khrisanenkov, è un altro elemento di novità per i Sadist. La produzione, curata dallo stesso Tommy Talamanca presso i Nadir Studios di Genova, è nitida su ogni strumento e riesce a valorizzare bene l’energia e la profondità del suono di Something to Pierce, un album che si fa ascoltare bene dall’inizio alla fine, perché riesce a offrire una grande varietà di stili con la grazia di un livello tecnico sublime, senza però mai perdersi in tecnicismi, né nelle prolissità che spesso affliggono questo genere così aperto e, per sua stessa natura, rischioso. (Stefano Mazza)

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