Recensioni brevi per dischi brevi: retro-rock ed epic doom edition
Allora, sarebbe uscito il nuovo Ep degli IRON GRIFFIN, ma la faccenda è un tantino più tortuosa di così. Non vi troviamo la voce di Maja Tiljander, che su Storm of Magic ci aveva ammaliato per bene. Figura ancora ufficialmente nella “band”, ma a questo giro fa tutto il compare, Oskari Räsänen, anche la voce. Come nel demo dei Meduusa, in cui era aiutato da un batterista. Nelle note di Gate Tower, il finlandese chiarisce che erano pezzi pensati per “un altro progetto” naufragato per defezioni altrui, e quindi ritiene giusto pubblicarli come Iron Griffin. Abbiamo capito dunque che i Meduusa non ci sono più e che Maja non tocca palla se Oskari non vuole. Comunque, se è il nome sulla copertina che vi attira, sappiate che manca del tutto la componente femminea che fa tanto del fascino delle uscite precedenti. Ci lamentiamo? Ovviamente no, perché le uscite si sommano, non si sottraggono, e Gate Tower è ben gagliardo. Sempre un metallo primordiale, epico e barbaro a fedeltà piuttosto bassa. Tre pezzi, poco meno di diciotto minuti, molto coesi, cantati meglio e suonati meglio del solito (parlo di Räsänen, la sua socia canta come una dea). Chiaro, a procedere in solitaria perderemmo qualcosa, ma un disco intero di musica del genere ci gaserebbe comunque parecchio. Perché Räsänen è su un altro livello rispetto alla maggioranza degli esponenti neotradizionalisti, pure rispetto a tanti dei migliori.
(NdA: su Facebook gli Iron Griffin ci chiariscono che i pezzi di Gate Tower sono precedenti pure ai Meduusa e che questi ultimi sono “alive and kicking“. Meglio così, allora ci aspettiamo ora il doppio delle uscite. Grazie Oskari per chiarimento)
Ecco, però, se vi manca l’aspetto lunare, contraltare di tanta mascolinità, c’è un piccolo piccolo esordio, quello dei teutoni CAPRICORN, un demo su cassetta (o digitale, ovvio) di due canzoni intitolato …Running Out of Time. Anche qua un duo, la donzella Eerie Strain alla voce e tale Chandrian a tutto il resto, tra NWOTHM e proto-doom-rock epico. Bassa fedeltà ma suoni un po’ meno cavernosi dei finlandesi e un approccio più anni ’80. Due brani soltanto, dicevo, promettenti assai. Eerie Strain è sicura pure con un’estensione vocale limitata. Ma ci mette la giusta tigna. Buoni riff e un’atmosfera giustamente occulta ma lucida, luminosa. Come lo scintillio delle armature dell’Artù di Boorman.
Sempre in Germania operano i CHEROKEE, in cui milita, alla voce, la Laura Vesprini della nostra recente conoscenza Stryx. Due brani pubblicati separatamente su Bandcamp l’altr’anno e poi insieme su cassetta. Il primo, Snake Woman, un incrocio arrembante tra hard rock e metallo tradizionale (riff alla Rainbow). Il secondo, Invisible Chains, una deliziosa ballata prog-psych-folk con anche nervature, ovviamente, maggiormente heavy. Entrambe decisamente godibili. Occhio che non si tratta degli esordi del quintetto di Colonia, che ha già pubblicato un Ep nel 2018 e un album, Blood & Gold, nel 2021, lungo e comunque ancora soft e non troppo a fuoco. Se Snake Woman e Invisible Chains sono rappresentative della direzione che prenderà la prossima uscita estesa dei Cherokee, ci dovrebbe essere un bel passo in avanti.
Gradiamo anche il ritorno dei PARISH, che avevamo incrociato un bel po’ di tempo fa per un Ep. Sembravano pronti per sfidare il ruolo di chierichetti del retro-rock ai Wytch Hazel, ma non si sono dimostrati granché prolifici, per cui ancora attendiamo che officino una messa intera. Intanto abbiamo un singolo, Queen of the Skies/Sisters of the Light, che è un buon campione della capacità degli inglesi di suonare un rock sabbathiano con piglio radiofonico più mainstream e una certa delicatezza (Wishbone Ash?). Non mi sbilancerei comunque troppo sull’ortodossia religiosa dei Parish perché, al contrario dei Wytch Hazel, non li ho visti vestiti come me alla prima Comunione. Che brutta mise. Però ecco, per ora sembra che sappiano il fatto loro. Diffonde ancora una piccola etichetta londinese, la Crypt of the Wizard, che vi invito ad attenzionare. (Lorenzo Centini)
