Filmini delle vacanze e black metal: SACRED SON – Grief Commodity

È uscito il 28 dicembre scorso il quarto capitolo “metal” della saga Sacred Son; ho virgolettato l’aggettivo metal perché Dane Cross ha pubblicato, sempre sotto la stessa egida, altri due album (Levania – 2020 e Privolva – 2023) di musica elettro/ambient che poco hanno a che spartire con il black metal proposto sin dai suoi albori, quando nessuno conosceva il suo progetto e la preoccupazione principale era sfottere senza pietà le copertine dei suoi dischi, nelle quali lui appare come un pinco-palla qualunque sorridente e vacanziero in luoghi ameni, a dispetto del raw black metal proposto dal progetto. Atteggiamento venuto a cadere in occasione del terzo album The Foul Deth of Engelond, che raffigura un dipinto oscurissimo e catastrofico, perfetta presentazione di quanto poi avremmo potuto ascoltare nell’album. A quell’epoca il progetto nato solista di Dane si era evoluto in una vera e propria band, con quattro strumentisti fissi più un paio di ospiti ad occuparsi di strumenti più particolari; ora il tutto si è, come dire, ridimensionato, e di composizione, arrangiamenti e registrazione è tornato ad occuparsi lui solamente.

Se non ho capito male, l’intero nuovo disco Grief Commodity è stato registrato, mixato e masterizzato unicamente con l’ausilio di un iPhone, il che, se da un lato mi mette un po’ di tristezza, da un altro mi sbalordisce per come, con l’utilizzo di un solo telefono (costoso, senza dubbio), al giorno d’oggi sia possibile registrare un prodotto destinato comunque ad una vendita “su larga scala”, naturalmente adattando la perifrasi al contesto prettamente underground nel quale ci troviamo adesso. La copertina oltretutto è tornata ai fasti del passato, quindi i true-cattivissimi-blackster hanno di nuovo trovato pane per i loro denti. Dopo ci torno.

Grief Commodity è un disco strano, assai stringato: contiene 9 pezzi prevalentemente assai brevi, con la sola conclusiva Venice Liberty arriva ai 4 minuti e tutte le altre che sono al di sotto e anche di molto; oltretutto è quasi come fosse diviso in due parti, perché i primi 4 brani suonano decisamente old style death metal con riff scarni, non particolarmente veloci eppure grezzi, asciutti, ripudianti armonie sofisticate o melodie evidenti (cosa che nell’album precedente era invece di primaria importanza; nei suoi altri dischi più vecchi anche). Con tanto di voce in growl cavernoso e attitudine minimal, qualcosa di simile in un disco dei Sacred Son non si era mai ascoltata, tanto per ribadire l’ecletticità del Nostro. Successivamente il disco evolve verso un più “regolare” black metal, esso stesso comunque scarno e poco rifinito ma occhio: ciò non è dovuto ad una registrazione o a sonorità approssimative, perché la qualità di quanto possiamo ascoltare – perlopiù sapendo come è stata ottenuta – è sorprendente.

Non posso dire che questo suo album sia il migliore che ha fatto, forse aveva bisogno di tornare a qualcosa di più primitivo ed inelegante rispetto all’opera di tre anni fa; nel complesso però, se si vuole ascoltare 25 minuti circa di pura spontaneità ignorante, decisamente vecchio stile, senza troppe pretese e con lo scopo principale di divertire e divertirsi, Grief Commodity è un prodotto che fa per voi.

Avevo promesso che sarei tornato sulla copertina del disco e su quanto sia bersaglio di sfottò assortiti, e ogni promessa è debito. Io ascolto black metal dal 1991, avevo 19 anni. Ero anch’io un intransigente blackster tutto true evilness ed attitudine ma poi si cresce, il mondo cambia e non si può pretendere che si sia fermato al 1995. Dane è inglese, ce l’ha nel DNA l’attitudine ironico/scanzonata con la quale interpreta la vita, ed è assurdo criticare la sua musica a priori senza neanche ascoltarla solo perché le sue copertine non assomigliano a quelle dei Funeral Fullmoon. Quest’attitudine del cazzo ha rotto le palle, e a poco a poco sta uccidendo il black metal: siamo alla pura apparenza e la sostanza passa in secondo, anche terzo piano. Anche perché questa intransigenza arriva da personaggi che quando io sono entrato nel mondo del black metal a stento erano nati, e che oggi si pavoneggiano di possedere il vinile leopardato a 666 macchie limitato a 66 copie dell’ultimo album di questo o quel nuovo eroe che non fa altro che prenderli per il culo, in modo subdolo ma quello è, quella è la dura verità, inutile girarvi attorno: li prendono per il culo. Minimo 40 euro + spese postali in pre-order, sold-out in 15 minuti e stranamente reperibile su Discogs a dieci volte il prezzo già il giorno dopo. E se li litigano pure… In questo modo non si farà ancora molta strada. In questo modo il black metal non lo valorizzi, lo fai diventare una pagliacciata. Dane magari ti prende in giro, ma alla luce del sole, in modo bonario e scanzonato, presentandosi come un impiegato di banca in gita domenicale, pur prendendo molto sul serio la sua proposta musicale; ne deriva ch’egli è chiaramente provvisto di un’autoironia della quale tutti i nuovi kattivissimi deficitano drammaticamente. Anche (certo non solo) per questo godrà sempre del mio sincero rispetto, al contrario dei leoni da tastiera del mio cazzo. (Griffar)

11 commenti

  • Avatar di Federico

    L’ultima parte dell’articolo meriterebbe di essere affissa in ogni luogo di ritrovo (visto che i negozi di dischi non esistono praticamente più – ahimé) di metallari di ogni genere.

    Sulla musica nulla posso asserire, ma andrò sicuramente ad ascoltare.
    Sono intrigato…

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  • Avatar di micheleurukhai

    “siamo alla pura apparenza e la sostanza passa in secondo, anche terzo piano”quello che state facendo voi dando spazio ad una puttanata che non si sarebbe cagata neanche la madre ed il padre per il semplice fatto che il coglione in questione si fa le foto al mare e le schiaffa in copertina.ridicoli

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    • Avatar di mark

      la tua risposta indica che l’autore dell’articolo ha colpito in pieno il bersaglio. Ma non preoccuparti, dalla foto sei giovane abbastanza per passare oltre la musica del Mr. Bean che si fa le foto al mare, se non ti piace (secondo me non l’hai nemmeno ascoltata, ma non ti posso dire che tu ti sia perso chissà che capolavoro). Tra qualche anno riderai anche tu dei tanti soldi spesi in tatuaggi e di quando facevi le foto con la facccia cattiva firmandoti Urukhai. In gioventù tutto è sempre troppo serio, pure Abbath che fa il passo del granchio o i Manowar che inveiscono contro i bastardos…

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  • Avatar di fabio rossi

    Sembra Ruttovibe che si e’ messo a fare black metal.

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  • Cazha Selvarega
    Avatar di Cazha Selvarega

    Le copertine degli album fanno parte del canone di un genere musicale tanto quanto la musica e le tematiche dei testi.

    Capisco e concordo che il “duro e puro” sia fuori tempo massimo, come lo era già nel 1999 quando ho iniziato io, ma da qui ad osannare quest’atteggiamento volto a dissacrare il black metal proprio non lo capisco.

    Vorrebbe far ridere? Vorrebbe essere una rivoluzione avanguardista? Perche se seguo il ragionamento dell’articolo Astral Fortress ha una copertina bellissima.

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  • Finalmente un commento sensato
    Avatar di Finalmente un commento sensato

    ma che porco dio è? L’hipster che fa le copertine “ironicamente”? Ma vaffanculo va.

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  • Avatar di Fanta

    https://allfathermetal.com/djevel-exclusive-interview-with-guitarist-trann-ciekals/

    Se n’è andato qualche giorno fa, Trånn Ciekals. E qualcosa di significativo su cosa vuol dire avere un’attitudine black metal, lo ha lasciato.

    Non credo si sarebbe scandalizzato nel vedere le copertine dei Sacred Son. Che la terra ti sia lieve, grande artista.

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