La Nuova Vecchia Scuola: SENTIENT HORROR – In Service of the Dead

I Sentient Horror sono uno dei gruppi favoriti su Metal Skunk fra gli appassionati di death metal e con buona ragione: hanno uno stile maturo e potente, che si fa ascoltare molto volentieri. Dai loro primi tempi si sono sempre mantenuti coerenti con un suono svedese anni Novanta, ma senza per questo essere passatisti, dal momento che riescono a coniugare perfettamente la loro ispirazione classica, scegliendo e combinando elementi di artisti diversi, con tecniche moderne e con una sensibilità attuale, in modo organico e unico. Dopo due singoli usciti fra agosto e settembre, intitolati Undead Mutation e Glory to the Rotten, che già ci hanno fatto pregustare qualcosa di molto bello e interessante, è uscito il 25 ottobre In Service of the Dead, il quarto album dei Sentient Horror e il quinto lavoro in assoluto se si aggiunge l’EP The Crypts Below (2018).

La copertina di In Service of the Dead, sui toni del verde e del giallo, è opera dell’artista Juanjo Castellano, che lavora con i Sentient Horror dal 2018 e prosegue la nota estetica Skeletor, ovvero morti viventi, zombi, scheletri e scenari d’oltretomba, anche questi molto in linea con il death metal classico, anzi canonico di ogni epoca.
I Sentient Horror sono un progetto di Matt Moliti, musicista di professione cresciuto a progressive anni 70, metal classico e death, che si occupa della chitarra principale e della voce. È stato accompagnato da Jon Lopez alla seconda chitarra, poi Evan Daniele alla batteria che è entrato nel 2018 e, infine, da TJ Coon, che è il terzo bassista, arrivato in formazione lo scorso anno.


Per quanto riguarda la produzione, mentre tutti gli album precedenti erano stati masterizzati insieme a Dan Swanö, In Service of the Dead vede come ingegnere del suono Noah Buchanan, che è stato suggerito dall’etichetta Redefining Darkness e che si è già fatto un’esperienza recente lavorando con gli Oxygen Destroyer, altro gruppo ormai di culto, con cui i Sentient Horror sono anche stati in tour la scorsa estate. Questo lavoro di post produzione è davvero ottimo e, rispetto ai precedenti lavori della band, ha realizzato il miglior suono che abbia mai avuto fino ad ora. In Service of the Dead rischia di farsi ascoltare all’infinito, dato che i dieci brani sono uno più godibile dell’altro e si avvicendano in un treno sonoro ad impatto letale: è un bellissimo disco death metal, fatto di canzoni semplici e concise, la più lunga delle quali dura quattro minuti, tutte di velocità medio alta, per un risultato efficace, coerentissimo e più aggressivo che mai. A breve l’intervista. (Stefano Mazza)

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