Avere vent’anni: IMPIETY – Paramount Evil
Vista col senno di poi, se Shyaithan avesse avuto un po’ più di fortuna nel trovare compagni di viaggio stabili nella line-up, forse oggi parleremmo degli Impiety come una delle più grandi metal band di ogni epoca, perché le potenzialità c’erano tutte. Non è stato così: basti pensare al pochissimo pubblico presente allo Slaughter club di Milano nel gennaio di quest’ anno, purtroppo non c’ero neanch’io per via dello stramaledetto lavoro, ma li ho visti in passato tre volte ed in nessuna di queste occasioni la gente aveva fatto a botte pur di presenziare. Non so, l’avere avuto sempre la maggior parte del lavoro sulle sue sole spalle, la costante necessità di cambiare elementi in formazione e di fare ad essi comprendere i fondamentali del progetto Impiety, alla lunga non ha giovato alla carriera del gruppo, che ad un certo punto ha cominciato a soffrire di una certa qual staticità compositiva evidenziata nei due album più recenti, che comunque risalgono già a 5 e 12 anni fa, segno che il suo protagonista principale, giunto alla non imberbe età di 52 anni, di scrivere musica che picchia senza limitazioni superando di gran lunga il concetto di brutalità incontrollabile o non se la sente più o ha perso nel tempo l’ispirazione che lo ha portato a comporre la diade Kaos Kommand 696 (già celebrato due anni fa per il suo ventesimo anniversario) – Paramount Evil, del quale ricade in questi giorni il ventennale. Sono i due album migliori di tutta la lunghissima carriera del gruppo, nato in quel di Singapore quasi 35 anni fa (poi andato in giro per il mondo, Italia compresa), il loro apice senza ombra di dubbio.
Si diceva dei costanti cambi di formazione: in Paramount Evil nessuno degli strumentisti che fanno esplodere i coni delle casse dello stereo ogni madonna di volta che si riproduce Kaos Kommand 696 è ancora presente, sostituiti dall’intera formazione dei messicani Hacavitz (un gruppo che suona musica accostabile a quella degli Impiety, solo più tendente al black metal). Oltre ad essere prodotto meglio – due anni di esperienza in più quando sei giovane contano eccome – sicché ogni strumento sia perfettamente amalgamato con gli altri senza che nessuno prevalga in modo evidente, il disco gode di composizioni intrise di violenza allucinante, un lungo macello di 42 minuti suddivisi in otto brani. Brani che, nonostante siano mediamente più lunghi ed elaborati (in senso assai lato, ovviamente) rispetto al predecessore, azzannano i timpani dell’incauto ascoltatore impreparato a simili picchi di violenza, deliziando contemporaneamente quelli di chi dagli Impiety si aspetta questo e solo questo. Si accentuano le caratteristiche proprie del blackened death metal, quando di questo modo di definire la musica proposta dagli Impiety, dai Destroyer 666, dagli Angelcorpse o dai Bestial Warlust nessuno aveva ancora cognizione, sebbene calzi a tutti loro a pennello.
Accelerazioni brucianti su partiture che di per sé sono velocissime, riff in prevalenza in tremolo intersecati da stacchi di death metal puro e rari accenni al thrash più truce, in questo episodio persino più tecnici rispetto al macello di due anni prima; assoli di chitarra (non frequentissimi) come suonati da un pazzo sadico sanguinario; frenesia totale per la maggior parte della durata del disco. E poi ferocia, furia, crudeltà, veemenza, impeto, prepotenza e sadismo musicale a secchiate, sparute concessioni a qualcosa di più melodico in grado di ingentilire seppur minimamente il risultato finale; ma credo che a Shyaithan di suonare qualcosa distante dalla più efferata carneficina non gliene sia mai fregato nulla, anche se poi la coda della conclusiva Sunset Detonation sia quasi melodica… Ma una rondine non fa primavera, e chi vuole ascoltare black/death terrificante è agli Impiety che si deve rivolgere.
Violenza anche visiva, dato l’artwork che figura un forno crematorio nazista, e concettuale, dovuta ad un antisemitismo di fondo (Adonai Made Excrement) che non capisco da cosa derivi considerata la provenienza geografica di Shyaithan, ma boh, contento lui contenti tutti; come già scritto in passato, ad una musica di questo tipo non associ testi che illustrano la corretta coltivazione delle rape rosse. Se ve lo siete persi (male, male!) e ne gradireste una versione fisica, i CD si trovano a pochi spiccioli; cosa per me pazzesca, eppure così è. (Griffar)


