BORA LA VAMPIRIA, genesi di un famoso brano dei Moonspell
Questa storia si svolge a Roma, la Città Eterna.
È il 1988. È estate, primo pomeriggio, e seduto sulla scalinata di Trinità dei Monti, con una bottiglietta d’acqua minerale in mano, stremato dal caldo afoso e dalle infinite passeggiate, c’è un ragazzino; silenzioso, pacifico, un po’ assorto, un po’ filosofo. Si chiama Fernando Ribeiro, ha 14 anni ed è lì in vacanza coi suoi genitori.
Roma è bella, certo. Tanti monumenti, musei, chiese, fontane, e Fernandino è molto contento di tutto ciò: lui ama l’arte, l’architettura, le cose belle e antiche, però, sente che manca qualcosa… Qualcosa che invece nella sua Lisbona, da dove proviene, ce n’è in abbondanza: manca il mare.
Fernandino chiede gentilmente ai genitori di prestargli la cartina di Roma, loro gliela danno e lui comincia a guardarla attentamente, alla ricerca del mare, e fa subito un’incredibile scoperta: il mare a Roma c’è, esiste, si chiama Ostia.
Non c’è più Colonna Traiana o Palazzo del Quirinale che tenga, Fernandino ha appena scoperto Ostia, dove c’è il mare, ed è lì che vuole andare. I genitori, che magari avrebbero preferito un altro giro di boa tra Via Condotti e Via del Corso, decidono comunque di accontentarlo. Verso le 17.30 del pomeriggio, dopo un paio di metropolitane ed un trenino, la famiglia Ribeiro giunge ad Ostia, e dinnanzi a loro c’è er mare de Roma.

Fernandino all’inizio è super entusiasta, ma poi, ben presto, si accorge che questa Ostia non è quella che si era immaginato aprendo la cartina sui gradini di Trinità dei Monti, e nemmeno sui vagoni della metropolitana che l’ha portato fin lì: il mare è zozzo, lurido, melmoso; la spiaggia è piena di tossici e il lungomare è una sequela di bar/ristoranti un po’ kitsch con Mercedes bianchi parcheggiati fuori, da cui escono tizi abbronzati e ben vestiti ma dai visi poco rassicuranti.
La delusione del povero Fernandino è tanta che inizia a piangere. Mortificato, tra un singhiozzo e l’altro, si scusa ripetutamente coi genitori per averli costretti a venire fin lì, in quel posto di merda, mentre loro volevano andare a vedere per la quinta volta il Colosseo. I genitori, buoni e magnanimi, si stringono intorno al figlio, dicendogli di non preoccuparsi. Anzi, per consolarlo, gli offriranno un ghiacciolo all’amarena.
Il padre porge a Fernandino 500 lire. Fernandino, asciugandosi le lacrime, le prende, ringrazia e si dirige verso il bar, mentre il padre e la madre restano in spiaggia a guardare i tossici che si lanciano tutti vestiti sulle onde. In fondo è sempre folklore del posto.
Fernandino entra nel primo bar che trova sulla spiaggia.
Siamo nel pieno della stagione estiva, ma dentro il locale è stranamente vuoto; c’è solo una barista un po’ trucida, sui quarant’anni, estremamente secca, una camicetta semiaperta, capelli cotonati, unghie finte lunghe due chilometri e labbroni pieni di rossetto, che sta pulendo dei bicchieri.
Appena Fernandino si avvicina al bancone, la barista nota la sua faccia da funerale per il pianto, e inizia a guardarlo con un leggero disappunto: “Ao, a giovane speranza, e che è successo?!? Che te so’ morti i genitori affogati!!?”
Fernandino non capisce, non sa l’italiano, però la parola che deve dire l’ha imparata, anche se non benissimo, e allora, timidamente, fa: “Un ghi-ac-ciolo… un ghiacciolo… por favor…”
La replica della fine barista non si fa attendere: “Che voi, er ghiacciolo!? Ma finiscila, non te serve er ghiacciolo a te… Seguime va!”.
La barista esce dalla sua postazione, afferra Fernandino per un braccio e lo porta sul retro, dove sono i bagni. Fernandino ha paura: la sua faccia da funerale per il pianto di poco prima inizia a tingersi di panico, ma non si ribella, e segue comunque quella donna malintenzionata fin dentro il bagno dei maschi.
La barista fa sedere Fernandino sulla tazza del cesso. Lui la guarda e lei inizia a muovere i fianchi e a leccarsi le labbra con fare provocante. Ha una lingua lunga la barista, da serpente, che passa in mezzo a due canini molto più affilati del normale.
Fernandino è di pietra. Vorrebbe fuggire, ma non si muove. È bloccato.
Dopo poco, la barista smette di colpo: si è accorta che i suoi troieggiamenti non sortiscono alcun effetto, e, sbuffando, torna di nuovo alla sua precedente espressione di disappunto: “Ahhh t’ho capito a te… a te te piace guardare, eh, zozzone!?”
Fernandino è sempre più una pietra della Via Appia Antica quando la barista apre la porta del gabinetto e urla: “TONGA! AO A TONGA! VIE’ BELLO MIO CHE C’E’ UNO SPETTATORE!”
Dopo cinque secondi entra nel bagno dei maschi, con passo cadenzato, un africano di almeno un metro e novantacinque, nudo, scalzo, grosse braccia, ampio petto, sguardo intenso, orecchino al naso tipo toro e… un fallo enorme. L’africano entra, afferra la barista per i fianchi e inizia a sussurrarle nell’orecchio, con voce calda, sensuale e maschia, alcune parole a caso: “Vampiria… you are my destiny… my only love… mmm Vampiiiiriiiia… DESTINY…”
Per Fernandino tutto ciò è veramente troppo, ma stavolta, il coraggio, incredibilmente, lo trova: si alza di scatto dalla tazza del cesso, si lancia nello spazio quasi inesistente tra il fallo dell’africano e i fianchi della barista ed esce, di corsa, dal bagno dei maschi. Non sa cosa pensare, è molto spaventato, ma, appena fuori dal bar, il sollievo per lo scampato pericolo lo fa ricomporre del tutto. Torna il solito Fernandino di sempre, assorto e silenzioso.
Ai genitori, ancora sulla spiaggia e ignari di tutto, dirà che i ghiaccioli li avevano finiti, ma non fa niente, lo prenderà al baretto dell’albergo dove alloggiano.
Nessuno saprà mai, a parte Fernandino ovviamente, cosa è successo in quel bagno di quello squallido bar di Ostia. Ma quel giorno, in quel cesso polveroso, è nato il primo seme del famoso pezzo dei Moonspell intitolato, guardate un po’: Vampiria.
Un brano che vorrebbe far paura ma in realtà è la mancata colonna sonora di un soft porno interrazziale. (Gabriele Traversa)




adesso ve lo dico na volta per tutte. Sono anni che leggo metal skunk. Ed è come se foste gli amici del bar. È la vostra forza. La spontaneità. L’hard core. Il cuore che arde. L’emozione sparata dritta in faccia, dal cuore. Ma porco dio. Vi voglio bene.
ricominciate a drogarvi, però
io intanto mi lancio nel vuoto
"Mi piace"Piace a 1 persona