Expensive Air, l’ultima lectio magistralis degli ONEIDA
Per una volta sarò breve, perché in alcuni casi è davvero inutile allungare il brodo, o cercare di usare una miriade di aggettivi. Avete presente quello che avevo scritto sul precedente disco degli Oneida di un paio di anni fa? Bene. Expensive Air è Success, ma ancora meglio. E non era un’impresa facile.
Ci troviamo, stilisticamente, suo territori degli Oneida più “rock”, dilatato, psichedelico, kraut, ma sempre vicino alla forma canzone e meno agli album “sperimentali” del gruppo di Brooklyn. La cosa pazzesca è che, pur muovendosi su territori più volte battuti dalla band, Expensive Air suona fresco, urgente e immediato, quasi fosse un esordio di un gruppo di ventenni degli anni ’90, registrato in un garage dei genitori di uno dei membri del gruppo.

Non vi fidate? Non serve molto tempo per crederci, perché l’iniziale Reason to Hide è tra le migliori cose mai incise dai newyorkesi. Sette minuti abbondanti che ti entrano sottopelle dopo un primo ascolto, una cavalcata kraut in stile Can ossessiva, basata su ritmiche serratissime, interrotte da chitarre dissonanti e semplicemente meravigliose, su cui si erge la voce – in pallissima – di Bobby Matador.
Ma, se spesso dischi del genere sono schiacciati da un apertura così importante, questo non è il caso di Expensive Air, e basta ascoltare le succesive, Spill e La Plage: la prima, un gioiello di due minuti fugaziani dalle ritmiche cadenzate, un inno da gridare al cielo; la seconda uno straordinario pezzo indie punk incredibilmente orecchiabile, un singolo perfetto. E che dire di Here It Comes? Tre minuti scarsi con un riff à-la Dinosaur Jr. che ti mette talmente di buonumore che ti verrebbe voglia di cantarla in ogni possibile situazione.

Ma il bello è tutto il disco è così: è inutile mettersi a citare tutti i brani, perché sono tutti un concentrato di tutto quello che dovrebbe fare una band “indie rock” che spazia tra i generi. Non c’è altro da dire, salvo un’ultima cosa.
Fate ascoltare gli Oneida a tutti i ragazzi che vogliono mettere su una band. Fategli capire cosa significa essere davvero liberi di fare quello che si vuole e che sì, anche nel 2024 si possono ancora pubblicare 40 minuti di rock psichedelico senza dover per forza cercare di stupire l’ascoltatore con “effetti speciali”. Perché gli Oneida del 2024, scusate il francesismo, non si inventano un cazzo, ma spaccano il culo come pochi. (L’Azzeccagarbugli)
