Make Akerfeldt growl again: il nuovo singolo degli OPETH

Se un giorno dimenticassi il numero di anni trascorsi assieme a mia moglie, sarebbe semplicissimo risolvere: basterebbe risalire all’ultimo album degli Opeth con la voce di Mikael Akerfeldt in growl, Watershed del 2008. Sfortunatamente lo svedese l’ha capito e ha deciso di rovinarmi il giochino.

Il primo estratto dal nuovo Opeth, The Last Will and Testament, in uscita a ottobre, spara l’hype a mille per il semplice fatto che, dopo sedici lunghi e sfiancanti anni, Mikael Akerfeldt ha deciso per qualche motivo di accontentare tutti coloro che a ragion veduta gli rompevano i coglioni. Reinserendo il growl in abbinamento alle consolidate linee canore pulite. La canzone ha un titolo di quelli che ti costringono a andare sulla mappa caratteri di Windows a controllare se esiste per davvero: copio e incollo, §1. Accidenti a lui.

Si tratta di un radio edit dalla durata di poco inferiore ai cinque minuti, mentre il brano completo godrà di un minuto addizionale di musica. Ciascuna canzone di The Last Will and Testament sarà numerata alla stessa maniera, fatta eccezione per l’ultima A Story Never Told. Il growl di Mikael Akerfeldt è meraviglioso come da manuale. Reputo che il gruppo abbia perso per strada un po’ troppi pezzi, ed è impossibile che la sopravvivenza di Akerfeldt e del bassista Mendez quali soli reduci e l’incedere del tempo non abbiano lavato via un po’ troppa magia.

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Non si tratta di una brutta canzone, soltanto non mi trasmette granché. Dirò un’eresia: Heritage e Pale Communion sono le migliori cose uscite nel cosiddetto “periodo prog” degli Opeth, forse in virtù di un rinnovato e ritrovato entusiasmo a ridosso dell’album meno entusiasmante della prima tranche di carriera, appunto Watershed del 2008. Tutto ciò che è uscito dopo Pale Communion non ha lasciato nel sottoscritto alcun segno. Lo ammetto: leggere sui social media che Mikael Akerfeldt si è rimesso a cantare in growl, vuoi su tutto l’album che uscirà, vuoi su una sola canzone quasi per provocarci, ha innescato una bella reazione a catena d’entusiasmo e speranza. Accetto qualsiasi cosa, purché in The Last Will and Testament non vi siano semplicemente noia e cura strumentale.

Mikael Akerfeldt mi ricorda quei video assurdi che si trovano su YouTube per insegnare ai bambini il verso degli animali: ce ne è uno in cui un gallo strafatto di speedball muggisce, ulula, abbaia e miagola finché alla fine non si ricorda il verso che deve fare. Mikael Akerfeldt si è ricordato il verso che deve fare, e ci ha messo sedici anni a capire che tirarsela a morte coi fan fosse totalmente controproducente: roba da buttarlo in un cassonetto, metterlo al sole in un parcheggio e chiudere con un catenaccio. Ora tocca perdonarti, ragazzaccio, qualunque sarà il disco che tirerai fuori. (Marco Belardi)

 

9 commenti

  • Avatar di Lazza

    Si tutto

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  • Avatar di toromv

    Mendez era mica il bassista dei Derozer? Omonimia?

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  • Avatar di nxero

    Sei già stato bravo: io non li reggo più da Damnation in poi. E non nutro speranze per il futuro. Molti gruppi che si sono dati al prog mi hanno fatto due palle come cocomeri tra questi mi spiace di annoverare: Katatonia, Mastodon, Enslaved (non del tutto, ma quasi), Anathema e anche gli Elder. Ma perché?

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    • Avatar di Schnell

      Pienamente d’accordo , soprattutto per ciò che riguarda Katatonia e Anathema: dopo dei veri e propri capolavori, si sono ammosciati da far schifo.

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  • Avatar di Bacc0

    Lo si potrebbe chiamare teorema Holmes/Ribeiro, tanto per tirare in ballo altre due band che avevano fatto della mutazione sonora la loro ragione d’essere (tra l’altro pubblicando lavori ben più interessanti degli Opeth post Watershed). Alla fine, al di là delle pur legittime pretese evolutive e di tutti i discorsi che ne seguono, ogni band è legata ad un proprio suono e ad un proprio immaginario. E quello degli Opeth, con buona pace di Akerfeldt, si è sempre nutrito di ombre e nebbie. Ridursi a fare il verso ai King Crimson e compagnia alla fine si è rivelato per quello che era fin dall’inizio: un’idea del cazzo.

    Certo, poi non basta mettere la proverbiale marcia indietro per tornare a pubblicare lavori interessanti. Cosa che per me gli Opeth non fanno almeno dai tempi di Damnation. Questo pezzo a me dice poco e soprattutto vi è ancora ben presente l’elemento che più mi è stato sul culo nella loro fase prog/ricchiona: le tastierine orientaleggianti da gastronomia islamica, qui letteralmente onnipresenti. Chissà, magari questo disco è solo un primo passo sulla strada di una maggiore feralità che prenderà quota nel prossimo futuro. Un po’ come accaduto negli anni ai Paradise Lost. Oppure è solo una perculata e il resto del disco sarà l’ennesima fiera del cazzo moscio, ma ne dubito. Sicuramente, pur non apprezzando di solito i back tò the roots, se c’era un gruppo in cui il tornare sui propri passi avrebbe fatto solo che bene questi sono gli Opeth. O ciò che ne rimane.

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  • Avatar di Federico

    Per quanto non condividessi, ho sempre apprezzato la scelta decisa e convinta di andare vs una direzione ben definita.

    Qui non so sinceramente cosa pensare…
    Sono diviso tra il “provo a vedere se qualcuno dei vecchi fan prova a comprarmi l’album” oppure un “mi sono stufato pure io di sto nuovo corso e vorrei tornare a produrre qualcosa di più metal“.

    Lo trovo comunque un pezzo “disordinato” e con derive poco definite (ci sono certi passaggi vocali che mi paiono i Therion…) e, soprattutto, manca il contesto di riferimento.
    Potrebbe essere tranquillamente la cosa più pesante del disco oppure la classica rondine che non fa primavera.

    Sostanzialmente boh…

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  • Avatar di Hieiolo

    Io non capisco come un batterista che ho adorato per il lavoro svolto nei Paradise Lost come Waltteri Väyrynen abbia deciso di andare a castrarsi negli opeth… mah

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  • Avatar di SimonFenix

    Ma il growl lo aveva abbandonato da Heritage in poi o anche dal vivo per le canzoni del passato?

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