Cartolina dalle Alpi Giulie: UELDES – The Veil of Mountains
Mi sfugge il motivo per il quale mister Tilen Simon abbia cambiato il nome, seppure in minima parte, della sua creatura Veldes, attiva tra il 2012 e il 2022. Non sfugge solo a me, Metal Archives continua a considerarla la stessa band benché io mi ricordi di aver letto da qualche parte (ovviamente non ricordo dove) che il mastermind considerava chiusa l’avventura Veldes in modo definitivo. Ricordo che me ne rammaricai pure, visto il livello ben superiore alla media delle creazioni del ragazzo sloveno, capace di sfornare cinque album, tre EP e uno split di eccellente atmospheric/post black metal dalle ambientazioni molto bucoliche, tutte ispirate principalmente dai paesaggi montani delle Alpi Giulie al confine tra Italia e Slovenia, dove il nostro risiede in quel di Bled, tra l’altro rinomata stazione sciistica.
Il minimo cambio di nome di fatto non ha portato alcuna mutazione nella proposta musicale: brani tutti dedicati ad atmosfere soffuse come i colori dell’alba sulle vette più alte delle montagne, melodie trascinanti, coinvolgenti e di presa immediata, inserite su partiture che di base sono impostate su una certa grinta trascinante che non esclude l’utilizzo anche di velocità elevate. Tuttavia sono i tempi cadenzati quelli che prevalgono in The Veil of the Mountains, più adatti ad ospitare gli stacchi di chitarre acustiche, di tastiere onnipresenti, di archi malinconici e romantici, di pianoforte. Poi magari riprende con un riff monocorda su note alte (ascoltate To the Healing Waterfall) ai confini del blast beat, ma è solo un momento, perché quasi subito la velocità diminuisce e riemerge la fase più meditativa e delicata, di fatto predominante nelle composizioni.
I tre brani (più quello strumentale che dà il titolo al disco e che funge da outro, molto più breve) sono tutti piuttosto lunghi – complessivamente circa 29 minuti – molto variegati e gratificati da continui cambi di atmosfere e situazioni che annullano la possibilità che possano venire a noia. L’indubbio talento dello sloveno nel creare ambientazioni sonore incapaci di lasciare indifferenti gli appassionati del genere è nuovamente ben presente ed esaltato da passaggi che non esito a definire commoventi; non posso che essere lieto del ripensamento e del ritorno in vita dei Veldes (o Ueldes, che dir si voglia) perché di ascoltare bella musica, scritta ed arrangiata con classe superiore, non ci si stanca mai. (Griffar)



Ho scoperto questa band di recente e non posso che esserne contento, praticamente racchiudono ciò che per me è il bm, una grande scoperta, consiglio anche di dare un ascolto al progetto Mossgiver, sulla stessa lunghezza d’onda
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Dei Mossgiver avevamo parlato qui: https://metalskunk.com/2021/11/05/un-disco-per-lautunno-mossgiver-led-by-the-glowing-river/
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Ed hai ragione, l’avevo pure letto, sono rinco io, gran begli ascolti comunque!
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Azzardo una spiegazione: forse perché in sloveno la “v” e la “u” vengono pronunciate spesso allo stesso modo, quindi voleva magari cambiare senza stravolgimenti. Grazie per dare visibilità a questi progetti, venendo da quella regione che confina proprio con la Slovenia è emozionante immaginare in musica i paesaggi di quella terra. E questo ci riesce benissimo.
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