Farsela addosso nella foresta di notte col nuovo Wicher

Eravamo rimasti qua. Czary i Czarty era un disco davvero potente ed estremamente evocativo. Il folk slavo che si perde nella tradizione secolare riportato nudo e crudo ai giorni nostri, rievocando con grande efficacia l’attrazione dell’uomo verso le cose antiche e la natura selvaggia, attraverso gli scritti di Julian Tuwim, l’occultismo e la tradizione demonologica. Quattro anni dopo ecco che il collettivo polacco torna con Odwilż (“disgelo”), e lo fa sempre con quell’arcano fascino fatto di fuochi accesi all’aria aperta, danze pagane e strumenti la cui origine si perde nella notte dei tempi, accompagnanti canti che celebrano non gli scritti di Tuwim stavolta, ma la crudeltà dell’inverno e la fine di esso, in cui chi è riuscito a sopravvivere può iniziare un nuovo ciclo vitale, e non ci sono lacrime né compassione per quelli che non ce l’hanno fatta. La natura crudele matrigna quasi di leopardiana memoria, ma ancorata a delle forme di espressione affascinanti quanto quelle letterarie, seppure molto più rozze e ancestrali. Un coro di persone che danzano intorno al fuoco, la celebrazione della stagione inclemente personificata in una nuda fanciulla dai lunghissimi capelli biondi raccolti in trecce, i canti che crescono di intensità fino a scandire una cantilena sinistra…Alcune canzoni, ci se ne accorge con gli ascolti, potrebbero essere forse tradotte in strutture tipiche del black metal, se proprio vogliamo portare le cose su una dimensione più “terrena” e comprensibile ai giorni nostri? Libera interpretazione a chi li ha seguiti in passato e continua a seguirli ancora oggi.

Che sia solo Metal Skunk a parlare dei Wicher fuori dal loro paese di appartenenza è una cosa che genuinamente mi stupisce: trovo quella del collettivo (non riesco proprio a chiamarlo “gruppo” nella maniera che si intende normalmente tra queste pagine) una delle proposte più originali e suggestive degli ultimi anni, e continuare a seguirne l’evoluzione artistica e lirica è una delle cose che continuerò a fare, al contrario del gruppetto estremo che affolla le scene nell’era di Bandcamp sfornando un disco discreto una tantum per poi essere completamente dimenticato. Troppi ce ne sono così, ma i Wicher non sono certamente qualcosa che possa lasciare indifferenti, piaccia o meno la loro proposta musicale. Autoprodotto, curatissimo seppure foriero di spartane filosofie, e quindi al tempo stesso profondo e atavico come la fascinazione per il vento, il fuoco e gli altri fenomeni che ci ricordano, ad ogni passar di stagione, da dove veniamo e dove ritorneremo. (Piero Tola)

Un commento

  • Avatar di Magnus

    Li ho scoperti grazie a voi, affascinato dalla recensione di Czary i Czarty ed è stato subito amore. Per fortuna vi seguo dal numero con in copertina Vinnie Vincent ( se non sbaglio) e King Diamond in un angolo. Proprio quel numero mi fece conoscere il Re e i Mercyful…siete sempre stati un’ottima compagnia, complimenti per la passione e per gli eccellenti articoli extra musicali. Un saluto!

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