La lista della spesa di Griffar: FORTRESS OF THE PEARL, ITHILRÅ, TYSTNAD

Neanche il tempo di vuotare i calici di Accordo (poteva essere altrimenti?) spumante brut (Arneis in purezza, cantina Marsiglia – Castellinaldo-Cuneo) per brindare al nuovo anno, che subito hanno cominciato a uscire dischi a raffica. Inizio a segnalarvene qualcuno che secondo me merita attenzione e stima.

Il primo è il nuovo album dei FORTRESS OF THE PEARL, ennesimo progetto di Ayloss (Spectral Lore, Auriferous Flame, Mystras tra gli altri) che risulta essere uscito il 31 dicembre; tuttavia, così come c’è la corsa per aggiudicarsi il titolo di primo nato del nuovo anno, esiste a quanto sembra quella inversa, ovverosia essere l’ultimo arrivato dell’anno morente.

Dice la leggenda che Agony and Ecstasy sia uscito alle 23.59, che poi sia vero non saprei confermarlo ma, per quanto mi riguarda, lo considero già parte del 2024. Del resto questo nuovo episodio del prolifico artista greco non necessita di sotterfugi o artifici pittoreschi per attirare l’attenzione: nel corso dei tre brani contenuti nell’album, tutti considerevolmente lunghi, troveremo un black metal sperimentale, profondamente melodico ed intersecato sia con atmosfere proprie del dungeon synth sia con influenze musicali che abbandonano del tutto il metal trovando più consona residenza nella musica classica moderna. Tra i vari effetti ottenuti con le tastiere si individua il clarinetto, il flauto traverso (The Sacred Arises from the Profane, un pezzo che di metal non ha nulla, è tutto giocato sulle armonie intrecciate degli effetti di tastiera in continuo crescendo) e svariati e multiformi archi, fino a fiati maestosi come la tromba. Invece gli altri due brani sono diciamo più inquadrati nella musica dura, sebbene beneficino anch’essi di quest’alternanza tra il black metal più corposo e sezioni di pura rilassatezza che rendono il risultato finale variegato e molto interessante. Il disco non è particolarmente lungo, poco più di mezz’ora, è quasi interamente strumentale, ha un suo significativo carisma e l’ascolto è decisamente gradevole. Anche Ayloss è uno di quei compositori fuori dal normale che non sbaglia praticamente nulla in ogni suo progetto.

È un esordio Covenant of the Blackened Woodlands degli americani ITHILRÅ – che poi in realtà è un tizio che suona tutto per i fatti suoi da solo – progetto di atmospheric/raw black metal che piace sin da subito sia per la registrazione cristallina con le chitarre pastose in bella evidenza, senza che per questo penalizzino gli altri strumenti, sia per la proposta musicale vera e propria. Il ragazzo ha gusto nel creare riff accattivanti che entrano in testa fin da subito; questi sono palesemente influenzati dalla vecchia scuola nordeuropea, ma si intravede l’intenzione di cercare una propria strada verso soluzioni più personali.

Il riff portante di Frigid Wanderess apre il disco dopo la superflua intro ed entra subito a gamba tesa squassando un tranquillo pomeriggio di festa mettendo addosso una discreta fregola; segue l’omonima, la più darkthroniana tra tutte: veloce, scarna e aggressiva, con inserti pesantemente death/doom per variare il più possibile il contesto; oppure potrete gradire la lunga Hatred in Solitude, incentrata su un riff portante in arpeggiato dapprima non distorto (in seguito sì, eccome) e molto malinconico, sul quale vengono inserite accelerazioni brutali e brucianti che discostano il pezzo da un’eccessiva somiglianza a gruppi tipo Abyssic Hate, che in questo tipo di black metal spadroneggiavano. In sostanza quattro brani gustosi per un EP d’esordio notevole, mentre gli altri due (il primo e l’ultimo) sono brevi episodi ambient/effettistici pressoché irrilevanti, saggiamente tenuti a durata limitata: non capirò mai cosa vengano messi a fare, visto che non aggiungono assolutamente nulla, però boh, alla fine basta skipparli. Questo disco è già targato 2024, uscito il primo gennaio, per ora esiste solo in digitale.

Fuori il 5 gennaio anche Slutet, il nuovo episodio della nutrita saga dei TYSTNAD, che annovera a questo punto 4 full e 7 EP (più una compilation e un greatest hits, uno dei pochi dei quali io sia a conoscenza nell’universo black metal). Misconosciuti e snobbatissimi dal grande (?) pubblico, i Tystnad (che fanno capo al solo Ulf, soprannominatosi curiosamente Savopipo) in realtà hanno riempito il vuoto lasciato nel black melodico svedese, quando questo genere cadde in disgrazia per eccessiva proliferazione di gruppi e uscite che suonavano tutti benissimo, tanto che ne si parlava come di capolavori irreplicabili. Nondimeno si assomigliavano tutti, con il risultato che fatalmente i blackster si rivolsero ad altro.

La musica del Nostro è perfettamente catalogabile come black svedese, ma è più tragica, più nervosa, più frenetica. La melodia è un mezzo per trasmettere sensazioni di disagio e di malevolenza, non è il fine ultimo da perseguire pur di risultare orecchiabili ed acchiappare quanti più ascoltatori possibile – e pazienza se dopo tre ascolti il rompimento di coglioni è siderale. Per questo sono piuttosto perplesso vedendo che un progetto valido come Tystnad in pratica sia poco più che sconosciuto. Qui troviamo black metal scritto con tutti i crismi, poi è anche suonato bene e questo non guasta ma non è l’unica caratteristica che il disco può vantare. Ascoltatevi la strana e straniante Woods of Terror oppure la simil-speed metal Staten Suger, con tanto di cantato sdoppiato tra screaming ed epico che rievoca i migliori Mithotyn, e converrete con me quando vi dico che Slutet è un gran bel dischetto, vario, convincente e dannatamente cattivo. Pure questo è uscito solo in digitale, potrei sbagliarmi ma credo che dischi in versione fisica Tystnad non ne abbia mai realizzati. (Griffar)

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