Dall’Ohio solo violenza: ACID MASS – Agonizer
Se formi una band thrash metal nello stato dell’Ohio è probabile che un esattore busserà presto alla tua porta, per verificare se hai prestato le necessarie attenzioni alle disposizioni legislative locali in merito al logo. Non dovrà assolutamente mancare, in esso, l’opportuna croce rovesciata.
È accaduto ai Midnight di Jameson Walters, ormai dei veterani, tant’è che non poche band li citano fra le influenze. Sì, prima che mi correggiate, nel loro caso dovrei parlare al singolare e non al plurale, ma è più forte di me. La storia si ripete oggi con i debuttanti Acid Mass, un nome bellissimo il loro, quasi da gruppo delle recensioni del Centini, fra doom con le chitarre grassissime e reminiscenze New Wave of British Heavy Metal. Invece gli Acid Mass fanno thrash metal, lercio, di fogna, prodotto male come merita, poiché a quello prodotto bene come non merita già pensano con ardore e raccapricciante mestizia i Gama Bomb.

Vengo al punto. Anche gli Acid Mass sono una one-man band, di proprietà di Ben Ricketts, il che fa dello stato dell’Ohio la nuova città di Genova per la taccagneria estrema che per fama si portano appresso i nostrani e che contraddistingue taluni americani del Nord-Est nel non spartire royalties, bevute al locale o alcunché con altri membri cardine quali chitarristi, bassisti, cantanti e batteristi. Nessuno inserirebbe delle tastiere alla stregua dei Nocturnus perché probabilmente penserebbe immediatamente al costo dell’operazione e arretrerebbe inorridito.
In tal senso il thrash metal estremo redivivo al giorno d’oggi è il nuovo black metal, una scena che fa del minimalismo e della misantropica non condivisione il perno su cui costruire scene e dischi come questo. A livello strettamente mediatico è inutile fare paragoni: la storia è la storia e tale è destinata a restare, e di Midnight, Acid Mass o chiunque altro nessuno dirà mai niente, se non che hanno inciso degli album che paiono uscire dal 1988. Non fosse per quella t-shirt di The Day of Wrath dei Bulldozer, a prima vista potremmo definire Ben Ricketts un tipino da spiaggia che sembra uscito dai Drain.
I lead di chitarra puzzano di Destroyer 666, le armonizzazioni di Slayer, i blast beat sono dosati con sapienza e concentrati in buona parte nel singolo Torture Rack. L’antisingolo, in pratica, con ritmiche che paiono sgorgare nauseabonde dal marcio di Hell Awaits.
Il difetto dell’album è forse quello di scorrere un po’ troppo bene, omogeneo, per arrivare in fondo senza aver lasciato sufficientemente il segno. Un buon debutto, diciamoglielo e riconosciamoglielo: lo stile è centrato e ora occorrerà una rapida taratura ai brani affinché girino meno a vuoto in futuro. (Marco Belardi)
