Nagash è vivo e lotta insieme a noi: TROLL – Trolldom

Che Stian “Nagash” Arnesen sia sempre stato un personaggio fuori dagli schemi all’interno della scena black metal non lo scopriamo certo oggi. Dopo aver fondato i Troll a soli 14 anni e aver prodotto due piccole gemme di black sinfonico vecchia scuola, come l’immenso mini e quel mezzo capolavoro di Drep de Kristne, Nagash ebbe il suo piccolo momento di gloria prima con l’entrata nei Dimmu Borgir (lasciando un segno tangibile in Enthrone Darkness Triumphant e soprattutto in Spiritual Black Dimensions) e poi con i The Kovenant, che a un certo punto sembravano davvero essere la next big thing del metal estremo mondiale, con la Nuclear Blast che li pompava a dismisura inserendoli in ogni festival metal possibile e immaginabile. Le cose alla fine si sgonfiarono sin da subito (i The Kovenant ad oggi sono ancora attivi, ma non producono nuovo materiale dal 2003) e Nagash si dedicò ad altri progetti minori, non abbandonando però nel corso degli anni la sua principale creatura, per l’appunto i Troll.

Messe da parte le derive industrialoidi degli osceni The Last Predators e Universal, i Troll sorpresero tutti nel 2010 con il ritorno al black metal (ma guarda un po’) del più che buono Neo Satanic Supremacy, dopodiché si è dovuto aspettare altri 13 anni per questa nuova fatica dal titolo originalissimo di Trolldom. Il disco in questione vede un Nagash voler tornare sui suoi passi ancor più di quanto aveva fatto nel precedente, tanto che spesso si ha come la sensazione di trovarsi di fronte ad un tributo a Drep de Kristne, tanto le sonorità solo simili: largo spazio quindi a quelle tipiche chitarre zanzarose di chiaro retrogusto novantiano, tastiere Korg emperoriane onnipresenti (forse pure troppo) e quel mood un po’ alla Dark Medieval Times che aveva fatto la fortuna di suddetto disco. È sufficiente tutto ciò per promuovere un lavoro come Trolldom? Sinceramente non lo so, il disco alla fine si lascia ascoltare, cresce con gli ascolti e ha anche due pezzi notevolissimi come Dominus Infernus (…) e Angerboda, ma quella sensazione di forzato e studiato eccessivamente a tavolino non ti abbandona mai per tutta la sua durata.

Trolldom alla fine è un lavoro che non fa sobbalzare dalla sedia, ma allo stesso tempo non potrà non piacere a tutti gli amanti (sottoscritto compreso) della vecchia scena symphonic black norvegese di metà anni ’90. Di più francamente non si poteva pretendere. (Michele Romani)

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