L’angolo del raw black metal: SIDDHATTHA GOTAMA, MYSTERIVM XARXES, MORILDRAUGEN
È uscito anche il secondo album dei raw blackster buddhisti गौतम बुद्ध o SIDDHATTHA GOTAMA in caratteri più comprensibili, a vostro piacere. Il disco s’intitola पुनर्जन्म भाग २ ed è il secondo capitolo se si preferisce dell’esordio di un paio di anni fa, ve ne avevo già parlato a quei tempi. Il loro è un black metal molto grezzo e assai veloce, influenzato dai grandi nomi del passato, non ci sono sostanziali differenze da quanto abbiamo potuto apprezzare tempo addietro.
Ci sono elementi diversi tuttavia: il senso della melodia è più sviluppato e ci sono in tutti i brani momenti di atmosfera basati su chitarre non distorte o acustiche molto d’effetto (che, si badi bene, non hanno niente di attinente al folk o alla musica tradizionale hindi, casomai immaginaste qualcosa di simile), mentre la voce è più straziata che mai e declama versi incomprensibili. Anche il batterista sembra migliorato, è più preciso e roccioso rispetto al primo disco, mentre il bassista continua a fare il lavoro sporco con tanta distorsione e buona presenza nel mixaggio, facendo sì che i pezzi spingano il giusto e siano poderosi come raw black metal richiede. Il disco dura 37 minuti circa e, nel complesso, possiamo dire che questo secondo capitolo è migliore del primo in modo evidente: basti pensare ad un pezzo articolato, cattivo ma melodico come बदला चुकाने के लिए।, che nel disco di due anni fa non avrebbe trovato residenza e ora sembra tracciare la via per ciò che saranno le composizioni future. Ritorno graditissimo, disco da ascoltare senza esitazioni. Non fate l’errore di ascoltarlo distrattamente solo a causa della loro provenienza esotica inusuale.
Dopo due singoli apripista (entrambi inclusi in questo debutto) esce il primo disco dell’austriaco MYSTERIVM XARXES, raw black metal ossessivo, devastante, demolitore e annientatore. Già dalla copertina con la truce figura del factotum Homvnkvlvs in posa marziale canonica, di notte, face-painting “mamma guarda come sono brutto sporco e cattivo” compreso, si intuisce che la musica che troveremo in questi solchi è dedicata a chi predilige il black metal più ortodosso, rivolto a un passato abbastanza lontano che ne ha fatto da fonte di ispirazione.
Le melodie quasi nascoste sono principalmente opera delle tracce di chitarra, spesso sdoppiate e sostenute da un basso che ne ricalca fedelmente gli schemi. La batteria è precisa ma assai scolastica, la voce obbligatoriamente in screaming estremo lacerato e martoriato. In certi frangenti assomigliano ai primi Manes, quelli delle demo prima ancora che di Under ein blodraud Maane, anche perché quando si mette a tirare sbriciola femori come fossero stuzzicadenti, ma i brani presenti in Grave of Urshilaku in realtà sono assai spesso più flemmatici e cadenzati, in mid-tempo o persino più lenti. Il malessere e il senso di angoscia che tutta l’opera comunica sono di alto livello: sarà anche vero che non inventa nulla di rivoluzionario ma reggere ad esempio i dieci minuti e mezzo di The Inexorable Transformation of a Cursed Soul come niente fosse vi assicuro che non è da tutti. Nemmeno lo è la seguente Psychotic Suicidal Reflextions of Realities che, come suggerisce il titolo, si avventura in campi raw depressive black metal con più che soddisfacente cognizione di causa. Il disco non è lunghissimo, in quanto dei sette brani presenti due sono brevi strumentali (un’intro e un intermezzo) che poco aggiungono o tolgono al giudizio finale sul lavoro; in totale sono 41 minuti e spiccioli, intensi e tragici come piace a noi. Un altro nome validissimo da segnarsi e seguire attentamente.
Infine due veloci parole per il debutto della one-woman band danese MORILDRAUGEN, il cui debutto Thanatophobia altro non è che la raccolta di tutti e sette i singoli usciti quest’anno tra gennaio e fine aprile.
Ora, va bene un paio di singoli ma pubblicare tutti i pezzi del tuo album prossimo venturo l’uno dopo l’altro in anticipo vuol dire proprio fare uscire un disco a rate, e mi chiedo quale possa essere il senso di una simile scelta commerciale. Commerciale, sì, perché anche se si parla di raw black metal, quindi un genere di nicchia con dati di vendita lontani dall’esorbitante, la fanciulla i suoi brani li ha pubblicati per venderli, non per dimostrare a sua nonna quanto è cattivissima lei. Ciò detto, la sua musica necessita di esercizio perché per il momento ci sono delle buone idee in mezzo ad altrettante che definire scolastiche è un complimento. Poi deve assolutamente migliorare nel cantato, perché il suo screaming è per il momento decisamente dilettantesco. Da rivedere e riascoltare con qualcosa di più significativo, per adesso il progetto non è niente di che. Ne deve ancora mangiare di pastasciutta [cit.]. (Griffar)




Ma questo proliferare di one man band ha una qualche ragione sociologica? Una volta c’era solo Burzum ad essere da solo, adesso se vedo quattro membri in una foto promozionale mi fa quasi strano.
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In realtà al 90% si tratta di gruppi piuttosto inutili, se non di un esercizio di stile con roba (più o meno) generata col pc. Poi in mezzo al marasma si trova qualcosa di buono (e qui grazie anche a Metalskunk), ma in generale tutta questa produzione di album a costi esorbitanti perché prodotti in 66,6 copie marchiate con lo sperma del vicino satanico di Martufello ha un po’ rotto le palle…Non so a livello sociologico, ma sicuramente da un punto di vista psicologico si parla ancora di narcisisti egocentrici nella maggior parte dei casi.
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