R.I.P. Bernie Marsden [1951 – 2023]

Mettetevi nei panni di David Coverdale, un tizio talentuoso ma sconosciuto, che legge su Melody Maker che i Deep Purple cercano un rimpiazzo per Ian Gillan, si presenta all’audizione e svolta la sua vita completamente. Mettetevi nei suoi panni quando per le solite bizze del genio maledetto di Ritchie Blackmore dopo pochi anni e un paio di album storici vede il suo sogno quasi svanire e implora John Lord di tenere in piedi il gruppo. C’è tempo per un altro, sottovalutatissimo grande disco con il funambolico Tommy Bolin e poi più nulla, ognuno per la sua strada.

Trovare gente come Bernie Marsden è stata la salvezza di questo grande artista, che dopo lo scioglimento dei Deep Purple faceva fatica a rimanere a galla con la sua prima incarnazione a nome Whitesnake e col solo Micky Moody come fedele alleato.

All’ingresso di Bernie Marsden cambia tutto: si forma una delle migliori coppie d’asce del decennio, con uno stile blues genuino e corposo, tanto da convincere niente meno che John Lord prima e Ian Paice dopo a tentare una seconda volta la via del successo e riportando David Coverdale sulla cresta dell’onda, cresta sulla quale costruire poi il piano di conquista del mondo che lo avrebbe portato a vendere carrettate di dischi negli anni ottanta.

Se ne va Bernie Marsden quindi, per cause ancora da chiarire. Un altro maestro della sei corde con il suo stille torrido e sensuale che lascia una grande eredità. Fate come me quindi e rispolverate Come an’ Get it o Ready an’ Willing dai vostri scaffali e alzate il volume. Una successione di grandi canzoni è la maniera migliore di celebrare l’esistenza di questo musicista che magari non avrà inventato nessuno stile nuovo, ma che ha lasciato la sua impronta e scritto il suo capitoletto nella grande storia del rock. (Piero Tola)

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