Avere vent’anni: BLODSRIT – Ocularis Infernum

Ascolto metal da tanto di quel tempo che a volte mi chiedo io stesso come sia possibile che non mi sia mai venuto neanche lontanamente a noia. Tuttavia ci sono delle sfumature del mondo della musica che non ho mai capito. Una di queste riguarda che cosa faccia scoccare quella scintilla che proietta a razzo questa o quell’altra band verso il successo di vendite, i picchi di popolarità mondiali, i concerti sold out e i dischi in edizione speciale considerati a stregua di reliquia religiosa, al contrario di altri gruppi altrettanto validi se non addirittura migliori. I Blodsrit rientrano in questa casistica: bollati da sempre come derivativi, di secondo piano, marginali, raramente o mai sentiti nominare dalla maggior parte di coloro che non hanno un’assiduità maniacale (come quella del sottoscritto) nel cercare di conoscere quanti più gruppi underground possibile. Se considerati, trattati distrattamente, senza mai approfondire l’ascolto dei pezzi.

Eppure le caratteristiche per avere successo le hanno sempre avute, sia dal lato musicale (composizioni sempre scritte con sapienza e talento, con la giusta quantità di brutalità e aggressione, imperniate su melodie di pregio) che nelle questioni extramusicali, da sempre, piaccia o no, un corollario del black metal. Per esempio, Emil G. Koverot aka Yxmarder, uno dei due chitarristi, che nella vita “normale” svolgeva la professione di insegnante, fu licenziato in tronco quando i dirigenti scolastici vennero a conoscenza della band in cui suonava. Siamo nella tollerantissima, evoluta, agiata ed inclusiva Svezia, che difende a legittimità di esprimere qualunque tipo di opinione, senza limitazioni. Beh, ma suonare black metal non è un’opinione? In questo caso non si porta avanti un’idea? Scomoda, in contrasto con il modo di pensare standard indubbiamente, ma è lecito privare una persona del suo posto di lavoro solo perché suona in un gruppo heavy metal non convenzionale? La disavventura del buon Emil la conoscono in pochissimi, invece quando Bard Faust disse “quante storie per un paio di falò”, riferendosi alle chiesette di legno bruciate in Norvegia una decina di anni prima, divenne un personaggio seduta stante. Si ritorna al discorso di partenza, non capisco cosa determini il successo piuttosto che l’anonimato, forse qualche formula matematica oppure la teoria del Caos, chi lo sa?

Etichettare i Blodsrit come trascurabili significa dire altrettanto di gruppi straordinari come Sorhin e Thy Primordial, perché la loro musica non è assolutamente inferiore a quella dei due gruppi appena citati, che con discreta probabilità quasi tutti voi avrete incontrato e apprezzato in qualche momento nel tempo. Ed è naturalmente un errore.

Ocularis Infernum è il loro secondo album, esce a distanza di due anni dal parimenti significativo esordio Supreme Misanthropy, conta nove brani per circa 42 minuti di un black metal di classe, aggressivo, violento, scritto, arrangiato e suonato sfiorando la perfezione. I brani sono tutti di lunghezza media (4/5 minuti e mezzo tutt’al più), non si perdono in inutili prolisse divagazioni, sono diretti, melodici esattamente quanto e quando serve e rientrano alla grandissima nella definizione ortodossa di swedish black metal, a fianco di esponenti ben più celebri e con poco o nulla da invidiare a costoro. La Fama forse, e solo quella, perché non sono bastati altri cinque eccellenti album per far uscire da un sostanziale anonimato i Blodsrit, che non incidono nuova musica dal già datato Diktat Deliberi del 2012. Boh. Sarà che io non ci ho mai capito niente. (Griffar)

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