La finestra sul porcile: HAMMAMET

Non amo i film ad orologeria, come non amo la memoria ad orologeria, meno ancora la giustizia ad orologeria. Hammamet esce negli italici cinematografi in concomitanza del ventesimo anniversario della morte di Bettino Craxi.

Se volessi dare una lettura assertiva a tale coincidenza per nulla fortuita, mi piacerebbe fare riferimento ad una ipotetica volontà pedagogica da parte del regista di provare ad istruire un popolino totalmente a digiuno di nozioni storiche sui partiti politici italiani, al di là di quei due o tre riferimenti formulaici, tipo Scala Mobile e Sigonella, che automaticamente si associano al nome Craxi come entità che inducono un qualche pensiero sparso e non ben definito nella maggior parte della gente. Una delle frasi riportate dal Craxi/Favino che maggiormente mi è rimasta in mente è citata proprio quando egli si riferisce alla abitudine dei comunicatori del suo tempo di rivolgersi non più al popolo ma alla gente, facendone una valutazione antropologica che mi è impossibile non condividere. Viene subito da pensare all’accezione dispregiativa che ha assunto la gente, ma anche all’uso parimenti se non maggiormente spregiativo operato oggigiorno da parte di una precisa fazione politica della parola popolo.

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Quel popolo, populismo, evocato prima a sanatoria di atteggiamenti prostrati e prostatici nei confronti dei poteri forti, feticcio di un qualcosa a difesa di ciò che ha da cambiare, rinnegato poi, diventato improvvisamente sinonimo di qualunquismo, l’Uomo Qualunque che fa il paio coi pieni poteri, quello che, usando frasi a noi care, ha mutato in una specie di VI DOVETE SPAVENTARE di bensoniana memoria che le parti politiche avverse operano le une contro le altre, usando i medesimi strumenti e la medesima terminologia, semplicemente ribaltando il punto di vista. Che è ciò che hanno sempre fatto i partiti politici, dirà qualcuno che ha scarsa memoria storica, e invece no, manco per il cazzo, perché c’è stato un momento, che poi è finito, ed è finito più o meno in quel periodo che va dalla morte di Moro alla morte di Craxi, in cui ribaltare il punto di vista non era fattualmente possibile, in quanto non puoi semplicemente rivoltare una roba che ha un substrato dai contorni e connotati ben definiti e radicati all’interno di una struttura di pensiero più ampia (ideologia).

E no, cari amici, il regista non ha sentito il bisogno di istruire nessuno. Che peccato che non esistano più film capaci di insegnare qualcosa, di dare un valore aggiunto, e se esistono vi prego di segnalarmeli. Diceva lo stesso Amelio in una qualche intervista durante il battage pubblicitario precedente l’uscita nelle sale, che i registi non devono dare delle risposte ma fare delle domande, o meglio, far sì che in chi guarda si generino delle domande. E niente, questo film ad orologeria non pone nessuna domanda e non induce il generarsi di alcuna domanda.

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Quindi se i registi non devono istruire e non devono dare risposte, se non fanno nemmeno domande, allora cosa gli resta? Forse il fare politica, esprimere un pensiero di parte ma che sia quantomeno un pensiero (come ha fatto Nanni Moretti fino a un certo punto della sua carriera). Eh no, questo è stato presentato come un film sull’Uomo, non sul Politico. Però l’uomo e il politico non sono scindibili con l’accetta. Come si fa? E infatti l’intento, qualora fosse stato veramente questo, è stato cannato completamente. Non ne viene fuori una particolare umanità, non ne viene fuori nemmeno l’idea politica, ma ne viene fuori una storia confusa, con personaggi posizionati ad artificio per consentire al protagonista di andare oltre lo specchio rappresentato dalla spalla di turno (il figlio del compagno del PSI che gli recapita la lettera del padre morto e che lo perseguita inutilmente per tutto il film, la figlia di Bettino, il figlio, la moglie, i popolani tunisini) nella quale egli riflette sé stesso e nei confronti della quale il Craxi-presunto-uomo veste o toglie la maschera di politico a seconda dei momenti, con la quale si apre, o meglio, il regista lascia intuire che l’uomo si stia aprendo a chissà quali confessioni o palesamenti di un particolare risvolto umano inedito che niente, non c’è, non lo vedo. L’abuso di questo artificio si aggiunge all’uso di un altro frusto artificio narrativo, quello del momento onirico, che pare non se ne possa fare più a meno nei film italiani e che francamente basta.

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Terzo e più grave fallimento del film è il non essere stato in grado di ricostruire e farci rivivere pienamente quell’alone di colpevolezza che, da un certo momento in poi, verificato che Craxi stava veramente male, che non era andato al mare a divertirsi, cominciò ad aleggiare un po’ in chiunque qui in Italia e ad opprimere le coscienze sporche. Sia in chi lo aveva perseguitato, sia in chi era in dubbio sulla casualità/causalità degli accanimenti pilotati di una Giustizia il cui mirino puntava solo ad un lato preciso dell’emiciclo e che riusciva a soppesare la caratura del politico rispetto a quei peccatucci veniali commessi per un fine superiore, citati dallo stesso Craxi/Favino nel letto di ospedale, sia in chi, ovviamente, lo aveva sostenuto fino alla fine, credendo in lui. In tutti questi si generò un senso di colpa pesantissimo, una cupa coltre di reità e connivenza ad un sistema di cose che già stava presentando il suo conto malato. Ecco, se il film avesse centrato almeno questo obiettivo sarei uscito da quel cinema con delle domande in più rispetto a quelle che mi sono sempre posto da quando è progressivamente andata in estinzione la figura del Politico in questo Paese. Quantomeno, il regista avrebbe dovuto evitare di sciupare l’occasione di far riflettere il popolino cui probabilmente si riferisce sulla differente levatura politica, di pensiero e competenza tra quella stagione politica e l’odierna, quello stesso popolino che magari il giorno prima ha cercato in Tolo Tolo risposte al caso Gregoretti e il giorno dopo si è fatto bastare Hammamet per crearsi un’opinione su Mani Pulite.

Per onestà intellettuale, devo dire che ho apprezzato la sensibilità che Amelio ha avuto nel cambiare i nomi ai personaggi realmente esistiti, una delicatezza operata soprattutto nei confronti dei figli di C (lo stesso Craxi, infatti, non è mai nominato). Prova superiore di tecnica attoriale da parte del plurinominato e pluriosannato Pierfrancesco Favino. Alla fine di positivo mi resta solo questo e, considerato il tema enorme, il contesto enorme e l’enormità dell’Uomo, direi che è un po’ poco. (Charles)

10 commenti

  • Andrew Old and Wise

    Perseguitato? Perseguito, direi. E condannato con montagne di prove. Insieme a tanti altri, benchè poi si sia fatto finta che fosse un povero capro espiatorio che ha pagato per tutti. Negli ultimi vent’anni, come spesso capita in Italia, l’inveterato revisionismo di certa stampa in malafede ha tentato, con un certo successo, di restituire una impossibile dignità a un uomo di malaffare morto da latitante. In quanto ad Amelio, non sapeva cosa raccontare e non ha raccontato nulla, però si è garantito lo stesso buoni incassi.

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  • Non entro nel merito del film, che non ho visto e non penso avrò interesse a vedere in futuro. Quello che trovo avvilente è il tentativo di beatificazione del personaggio, che si sta cercando di portare avanti di questi tempi. Se è comprensibile, abituati alla melma degli ultimi trent’anni, vedere oggi in un uomo come Craxi uno statista al livello di un Churchill; non si può dimenticare che quel processo di svilimento ideologico, che ha trasformato i partiti in contenitori senza contenuti, a uso e consumo del Cola di Rienzo di turno ( Berlusca, Renzi, Salvini o fate voi..) ha inizio proprio con Craxi. Né si può dimenticare che fu proprio negli anni ottanta, sotto l’allegra guida dei vari Craxi, Fanfani, Andreotti e compagnia, che questo paese decise di suicidarsi e buttare nel cesso il futuro della nostra generazione e delle successive, mandando fuori controllo il debito pubblico, deregolando l’impossibile e depredando lo stato. La nostra stessa attuale mancanza di un senso civico, che ci ha trasformati in lupi e che ci porterà a breve a consegnare Palazzo Chigi al più tragico dei buffoni, nasce proprio dall’etica del così fan tutti cara al nostro Bettino. Quindi il rispetto umano per il personaggio resta, ci mancherebbe.. Ma se questo deve essere l’esempio da cui ripartire, ci aiuti Satana.

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    • In realtà, lo svilimento iniziò con l’imprenditore in politica, mentre il fuori controllo del debito pubblico fu diretta conseguenza delle decisioni di Andreatta.

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      • Chi ha armato l’imprenditore che entrò in politica fu proprio Craxi, con la legge Mammì. Che poi sia chiaro che io non considero Craxi il demonio né sarei stato tra la massa a lanciargli le monetine. E che sia stato tra i pochi presidenti del consiglio a non essere fantozzianamente supino ai padroni americani, beh me lo rende pure simpatico. Però bisogna sempre considerare i fatti, che non possono diventare opinioni. Fu una stagione politica fallimentare e che ha dato la stura a problemi da cui difficilmente usciremo.

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      • Di contro, con quale stagione politica non fallimentare faresti il confronto? La scala mobile, poi, era un meccanismo stupido e perverso, che tra l’altro non fu nemmeno Craxi ad eliminare. Ad ogni modo, se in questo paese non si riesce ancora a parlare serenamente der Puzzone, figuriamoci del Cinghialone.

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      • Con che stagione politica non fallimentare farei il confronto? Beh, magari si potrebbe fare un paragone tra la classe politica dell’Italia uscita in macerie dalla seconda guerra mondiale e quella dopata dei ruggenti anni ottanta. Per rimanere in ambito socialista si potrebbe fare un confronto, impietoso, tra Nenni e Craxi chessò.. Comunque il peggio lo abbiamo davanti, e arriverà a breve.

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  • Esattamente cosa ti aspettavi da un film prodotto da agostino saccà, l’ex dirigente rai ai tempi di berlusconi, che in una famosa intercettazione con silvio, da dirigente rai gli leccava il culo in maniera indecorosa. E poi ancora i soliti luoghi comuni su mani pulite che avrebbe indagato solo da una parte risultato di una disinformazione mediatica messa in atto dai media berlusconiani dal 94 in poi. E poi il senso di colpa quando stava male? Non il mio, era un latitante, poteva tornare in italia, costituirsi e avrebbe ricevuto tutte le cure del caso. Concordo con te invece sul debito pubblico, la cui maggior responsabilità fu di andreatta e ciampi.

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