R.I.P. Bruno Ganz [1941-2019]

Praticamente chiunque tra i miei contatti stamattina ha postato almeno una foto della musta di Bruno Ganz, senza commenti. Cosa vuoi dire, in effetti? Quasi tutti lo ricollegano al filmetto su Hitler – confezione televisiva, indignazione a comando di default mesi prima dell’uscita, i due minuti in cui sbrocca nel bunker diventati un meme all’istante, nient’altro a parte la sua presenza. Gli italiani di buona memoria a Pane e Tulipani. I più anziani al micidiale Il Cielo Sopra Berlino, ma già qui si va sul difficile. Del Nosferatu di Herzog mi ero pure scordato, lì a polarizzare l’attenzione è Kinski conciato come un pagliaccio.

Da sbarbo lo confondevo con il calciatore (senza avere mai visto in faccia né l’uno né l’altro), poi ho sbattuto contro L’Amico Americano, folgorazione, tra i film più belli mai visti, lui tra i più grandi attori di tutti i tempi. Non ne ho visti molti altri e quasi tutti li ho dimenticati, produzioni europee scrause o comunque scrause in genere – Ezra Pound in un film sulla vita di Hemingway. Negli ultimi decenni stabile a Hollywood: The Manchurian Candidate, Un’Altra Giovinezza, i picchi in positivo e in negativo per quel che mi riguarda. Fino all’altro ieri.

Che l’ultimo di Lars von Trier sia anche l’ultimo uscito con lui ancora in vita è una crudele beffa, un disonore; vale solo per la parte in cui compare perché lui compare, tutto il resto noiosissima immondizia per sniffamutande repressi, depravati random e altri incapaci di stare al mondo in genere, saltuariamente interrotta da incursioni scollegate in varie branche dello scibile umano con disegni antichi e musichette barocche alla Peter Greenaway degli incapaci. È questa la vera tragedia: ricollegare a qualcosa di farsesco la morte di un gigante. (Matteo Cortesi)

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