Colate di miele #1

Sono pienamente consapevole del fatto che mi sto rivolgendo, fondamentalmente, ad una platea di assatanati death, thrash e black metallers. Ma siccome su Metal Skunk facciamo un po’ come cazzo ci pare, beccatevi una rubrica sull’hard rock più mieloso e melodico. Chissà che pure voi, amici delle foreste innevate e profanatori di tombe, non capiate che le tastiere non servono soltanto a creare gelide atmosfere ma che ogni tanto un tocco di stucchevolezza nella vita ci vuole. Aor e melodic saranno dunque le parole d’ordine dello spazio che qua si inaugura, voluto anche dal buon Ciccio (“ti prego, qua sono tutti blackster!”). Non che lui si lecchi i baffi quando sente parlare di roba come White Lion e Night Ranger, però posso capire la voglia di inserire una rubrica diversa una volta ogni tanto. E quindi mi auguro che vi piaccia o che almeno la troviate un minimo interessante. Partiamo, dunque, per questo meraviglioso viaggio nel mondo delle tamarrerie melodiche che più tamarre non si può… Ovvero, inguardabili petti villosi che si intravedono dietro camicie di pizzo, virtuosismi vari e, diciamolo pure, una certa classe. Cercheremo quindi di fare un sunto di alcune delle uscite più interessanti del 2011…

Partiamo dai veterani. Ovvero JOURNEY e NIGHT RANGER. Come si dice in questi casi? Alive and kickin’? Hell yes! La band di San Francisco, dopo la sostituzione del leggendario Steve Perry, rimpiazzato al microfono dall’ex Tyketto Steve Augeri nel 1998, a sua volta sostituito nel 2007 da Arnel Pineda, non ne vuol sapere di andare in pensione. Anzi, continua ad ingranare a più non posso. Devo ammettere che, pur apprezzando questo genere, non sono mai stato un grandissimo fan dei Journey, però Steve Perry era un grande cantante. Eppure Pineda, con un timbro non dissimile da quello del suo illustre predecessore, ha finora svolto il proprio ruolo in maniera ultra-professionale. E questo Eclipse non è affatto male. I loro suoni si sono ulteriormente induriti rispetto al passato, e alcuni pezzi sono piuttosto heavy. Chain of Love ad esempio. Passiamo ad una band che invece ho sempre amato molto, almeno per quanto riguarda i loro primi tre album, prima che intraprendessero la svolta iper-commerciale e fossero chiamati per la colonna sonora de Il segreto del mio successo, con protagonista l’irritante yuppie Michael J. Fox. L’album in questione era Big Life (1987). Stiamo parlando dei Night Ranger, ovviamente. La band del funambolico axeman Brad Gillis (voluto da Ozzy nella line-up del mitico Speak of The Devil) sembra aver fatto una cura ricostituente. I suoni di Somewhere in California sono molto più duri che in passato (come per i Journey, e forse pure di più), tanto che un termine di paragone, pescando tra i giorni migliori, potrebbe essere il bellissimo debutto Dawn Patrol, in cui a tratti, inconfutabilmente, flirtavano con il metal. In effetti sembra che questa sia la via ormai intrapresa dai nostri amici rangers. Già dagli inizi degli anni 2000. Però sarebbe un’eresia dire che questo disco sia a quel livello, perché in effetti non lo è e non potrà MAI esserlo! Comunque fa piacere risentire alcuni vecchi marchi di fabbrica, come le belle armonizzazioni di chitarra in No Time to Lose Ya, ad esempio.

Largo ai giovani, ora. Ovvero i canguri australiani WHITE WIDDOW, band guidata da Jules Millis, già nei glam/sleazers The Deadthings. Autori nel 2010 di un buon debutto omonimo, i nostri tornano alla carica con questo Serenade, in cui gli ingredienti sono sempre quelli dell’hard rock/aor di classe, pesantemente influenzato da band come i grandissimi Virginia Wolf. La bella voce di Jules, che a tratti ricorda Ted Poley dei Danger Danger, si staglia sulle chitarre affilate e il tappeto di tastiere di Xavier Millis. La tecnica dei WW è davvero notevole, e i pezzi si susseguono lasciando una piacevole impressione, e direi che potrebbero piacere anche all’ascoltatore abituato a qualcosa di un po’ più “duro”. Provare per credere! E’ la volta degli italiani LIONVILLE, al debutto con questo album intitolato appunto Lionville. La formula è sempre quella dell’Aor. Sicuramente meno heavy dei gruppi che ho nominato prima, i nostri si assestano sempre su livelli tecnico-strumentali altissimi, forse un po’ freddini per i miei gusti, ma sicuramente non si può dire che abbiamo a che fare con degli sprovveduti, tutt’altro. Personalmente, però, devo dire che non lasciano il segno. Ed è difficile in questo particolare genere, perché è sicuramente il meno vario che ci sia. Anzi, è pieno di canovacci e cliché che si ripetono costantemente. Persino più che nel thrash e nel death-grind se è per questo (non fraintendetemi: sono generi che adoro). Comunque vi aspettiamo alla prossima fatica!

E veniamo ora ai WORK OF ART, provenienti dalla fredda Svezia, al loro secondo album dopo l’uscita di Artwork, nel 2008. Alla voce troviamo il bravo Lars Sasfund, presente anche nel disco dei Lionville di cui abbiamo parlato poco sopra. In Progress è un prodotto della sempre attivissima Frontiers Records, una vera e propria istituzione del suono più melodico, il cui roster comprende oramai band come Mr. Big, Whitesnake, Dokken e Yes. Più hardrockeggianti degli italiani di cui sopra, ‘sti svedesacci hanno sfornato un album tutto sommato godibile, che può sicuramente fare la felicità dei fanatici del genere. Ma se non lo siete e vi piace ascoltarlo solo una volta ogni tanto vi consiglio di andare a spulciare le discografie dei mostri sacri per soddisfare le vostre voglie di rock tamarro e/o strappalacrime. O comunque di andare in cerca di gruppi un po’ più sfigati degli anni ottanta, perché comunque era quello il posto giusto e il momento giusto. Ne troverete tonnellate che non hanno mai avuto il giusto riconoscimento, pur meritando assai. Dulcis in fundo, sempre dalla Svezia (che sembra essere, assieme ovviamente agli USA e al Canada, terra predestinata a sfornare questi tipo di suoni), ecco giungere gli ELEVENER, con il loro Symmetry in Motion. Vengono dalla Svezia, ma potrebbero benissimo passare per californiani, tale è l’attaccamento al suono West Coast dei nostri. Non mi piace ripetermi, ma quando si recensisce roba come questa non si può mai parlare di mancanza di professionalità, ma tutt’al più di mancanza di originalità. Mancanza di un suono che si possa riconoscere, per quanto si possano apprezzare i pezzi presi singolarmente. Quindi vale il discorso già fatto per i connazionali Work of Art. Ora vi lascio, perché dopo tante e cotali colate di miele, le mie orecchie hanno decisamente bisogno di una passata di trucidissimo death metal! GROOOOOOOWWWWLLLLL! (Piero Tola)

6 commenti

  • Avatar di lukasbrunner

    Ma sì, ogni tanto, anche un po’ di rockaccione bello tamarro ci vuole, non foss’altro che per “sciacquarsi le orecchie”. Bella idea questa rubrica! D’altro canto, ricordo che il primissimo Metal Shock già proponeva, in “Shock Relics”, il meglio del Prog italiano e non degli anni ’70, quindi direi che l’idea di spaziare su tutti i generi è proprio nel DNA di MS e dei suoi discendenti. Bravi, bravi.

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  • Avatar di giulia

    non toccarmi M.J.Fox!!!

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  • Avatar di MorphineChild

    giunge inaspettato e quindi ancora più piacevole questo articoletto sul rock melodico

    l’AD 2011 non è stato affatto male per il genere, regalandoci perle come Journey / Foreigner / Night Ranger a Milano (c’era anche Guido Bagatta, sticazzi!!), Sambora a Udine (e pure Bon Jovi dai…) e qualche bella uscita

    Journey: Eclipse è un discone, che paga un po’ di discontinuità ma regala delle hit assolute, Work Of Art e Lionville molto piacevoli anche se “leggerini”, Mr. Big un discreto ritorno, Kimball-Jamison & TNT deludenti. chiudo con una nota personale: parlando di rock melodico l’uscita dell’anno è The Visitation dei Magnum!

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  • Avatar di masullomarco

    I Journey spaccano, grande Piero Tola.

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