Fortza Paris

Dei Tristania ammetto di aver ascoltato solo l’esordio A Widow’s Weed. Non sono la mia tazza di tè. Ma il recente Rubicon non potevo ignorarlo, è il primo album con Mariangela Demurtas dietro al microfono. La mia conterranea sostituì Vibeke Stene tre anni fa, in un periodo fitto di cambi di line-up.

Insomma, un disco con una sarda alla voce lo dovevo sentire per principio. Non ha senso che mi sforzi a scrivere una recensione, i cinque dischi precedenti non li conosco e francamente non mi va di recuperare proprio ora che devo recensire Atheist, Forbidden e una marea di robaccia ultraunderground per Frattaglie in saldo: il gothic metal sinfonico-orchestrale non è affatto il mio genere. Però mentre ascolto Rubicon (che mi è parso carino ma, lo ribadisco, non ascolto mai questa roba, manco i primi Theatre Of Tragedy) non posso non pensare a Mariangela che ogni estate si porta su in Norvegia i culurgiones e il mirto e intrattiene gli increduli membri della band, abituati agli agi e alle mollezze dello standard of living scandinavo, con picaresche storie di vita vissuta sarda. Me la immagino mentre insegna a Anders Høvyvik Hidle a dire sucunnemamaruabagassa e poi si ride tutti assieme bevendo Ichnusa, e lei non smette di sorridere perchè quando era un’adolescente metallara a Bitti quando cazzo mai se lo sarebbe aspettato che un giorno sarebbe diventata la cantante dei Tristania. Mariangela, scusa se non sarò mai un fan del tuo gruppo ma sappi che ti stimo a prescindere. (Ciccio Russo)

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