La finestra sul porcile: Under Paris, ovvero della rilevanza sociopolitica del triathlon

Questo film è un capolavoro. Nel suo genere (il genere dei film brutti, tremendamente brutti, senza alcuna giustificazione) il nuovo eco-horror targato Netflix rischia di essere ricordato come un gigante, un esempio per i cineasti a seguire, registi, produttori, sceneggiatori. E non mi interessa nulla se rischio di anticiparvi parti di trama (seguiranno palate di spoiler), questo non è un giallo scandinavo o un horror con qualche twist intellettuale nel finale. È il film con cui Netflix entra di prepotenza nel mondo del cinema di serie C e della exploitation più stupida del ventunesimo secolo.

Dal trailer e dalle poche note scritte si capiva che avremmo avuto a che fare con un feroce squalo che ha risalito la Senna e che si è intrufolato nelle catacombe della capitale dei nostri simpatici cugini (alla lontana). E fin qui tutto ok. Domenica sera, ci sta rischiare di vedere una boiata. A volte ti svoltano proprio gli ultimi scampoli di riposo prima di ricominciare la settimana, al mattino dopo. Una risata e via, a nanna. Io poi nel pomeriggio, passando davanti al cinema vicino casa, mi ero ricordato dell’esistenza del nuovo horror a tema esorcismo con Russell Crowe, un filone ghiotto. Io e la mia signora siamo entrambi appassionati di horror, poi magari ognuno ha i suoi filoni prediletti, ma quello sugli esorcismi piace a entrambi. Solo che erano rimaste solo proiezioni alle dieci e quaranta di sera e io a quell’ora dormo. Allora bisognava cercare qualcosa da vedere a casa. La mia consorte ama il filone con gli squali. Io in realtà meno, non ricordo nemmeno quando (o forse se) ho visto Jaws, mi scuserete, però uno squalo intrappolato nelle catacombe fa tanto domenica sera. Inizia quindi la visione.

Si parte con squali che massacrano una spedizione di scienziati nel mezzo del continente di plastica che galleggia al largo del Pacifico, un secondo dopo che questi hanno potuto accorgersi che quello squalo stava forse mutando. La sopravvissuta, interpretata da Bérénice Bejo, che ricordavo beniamina del cinema che piace, rientrata a Parigi col suo bel trauma viene contattata da un movimento di ragazzini ambientalisti che vogliono, come lei, salvare gli oceani e in particolare gli squali e che la avvertono della presenza proprio di quello squalo, una femmina, proprio lì, nelle acque (basse) della Senna. Ostacolo: l’incredulità sbirresca dell’incredibilmente mascolina polizia fluviale parigina, intenta a bonificare il fondale da ordigni inesplosi, portare beni di prima necessità ai senzatetto e organizzare gare di triathlon. E fin qui tutto ok.

Succede quindi che, mentre la scienziata e il muscoloso poliziotto cercano di accertarsi della reale presenza della gigantesca squalessa con l’intento di salvare vite, sua inclusa, gli ecologisti imberbi invece credono che gli squali non possono fare male proprio a nessuno, bombardano sui social la popolazione parigina, particolarmente attenta alla tematica, e si danno da fare per salvare da soli la squalessa riconducendola in oceano. Come? Non si capisce, ma fin qui tutto ok.

Quindi insomma, ricapitolando: un movimento ecologista attira uno squalo assassino mutante e femmina in una catacomba nei sotterranei di Parigi per liberarlo, scoprono con sorpresa che gli squali sono più di uno, c’è anche un grazioso cuccioletto coi dentini ben affilati, e così inizia una strage in cui gli squali squartano senza pietà ecologisti imberbi, poliziotti fluviali arrivati a salvarli e chiunque non riesca a camminare su di un marciapiede senza cadere in acqua. E fin qui, nonostante tutto, ancora ok. Perché è nella seconda parte del film che la trama decolla a livelli di follia incosciente, inaudita e per certi versi geniale.

C’entra, per farla breve, la scoperta di avere a che fare con una mutazione di squalesse che si sono adattate anche all’acqua dolce e che si riproducono per partenogenesi e che per questo rischiano di conquistare tutte le acque del globo. C’entra una sindaca che non intende rinunciare alla vetrina della gara di triathlon (eh???) nella Senna, per cui si attende un pubblico di “mille presenze” (vivo in un paesino di meno di tremila anime e quando c’è la festa della zucca quel livello di affluenza si raggiunge facilmente). Triathlon che pare la grande occasione per Parigi, altro che mondiale di calcio. Non si può fermare una gara di triathlon per uno squalo, no, non serve una laurea in scienze politiche per capirlo. C’entra che la polizia fluviale viene accusata, forse nemmeno tanto ingenerosamente, del massacro, prontamente insabbiato dal social manager del sindaco, e viene estromessa in favore dell’esercito, per garantire la sicurezza della manifestazione. C’entra il piano della scienziata e dei poliziotti caduti in disgrazia: far saltare in aria le catacombe sotto Parigi per fermare l’invasione ed evitare la strage, incuranti di cosa significhi far esplodere delle catacombe in città. C’entrano due militari apparsi così, alla bisogna, che evidentemente non devono rendere conto a nessuno nemmeno di quello che fanno con gli esplosivi. C’entra che il piano fallisce, lo squalo scappa, inizia a massacrare nuotatori e tutti quelli che cadono in acqua per mancanza di equilibrio (una piaga, questa qui), un casino di persone. Il tutto mentre giornalisti tv da tutto il mondo documentano in diretta il massacro per i telespettatori, si presume moltissimi, che invece erano incollati agli schermi per una garetta di triathlon. C’entra che l’esercito spara con armi da guerra, che lo squalo scappa muovendo il fondale ed innescando così ordigni che sono lì, inesplosi, dal conflitto mondiale, che deflagrano tutti insieme. C’entra che l’esplosione causa uno tsunami, giuro, e lo tsunami l’inondazione completa di Parigi, che si ritrova così ricoperta d’acqua almeno fino al primo piano delle case, con la Senna che evidentemente ha di colpo la portata del Nilo ai bei tempi d’oro, prima delle cataratte e delle dighe.

Con l’immagine finale, dopo tanto tripudio di coerenza e verosimiglianza, della bella scienziata e del suo muscoloso poliziotto fluviale di fiducia, rifugiatisi sul tetto di un’edicola e circondati da acqua e dalle pinne di decine di squali, si chiude questa eccezionale pellicola. Talmente brutta, assurda, sconclusionata e senza mezze misure (ma attenzione, non è una commedia, almeno non intenzionalmente) da fare il giro e diventare un capolavoro trash. Dovete assolutamente vederla, vi giuro che alla fine è divertente. Dai titoli di coda si capisce che poi gli squali hanno preso il controllo anche di Londra. Non credo ci sia bisogno di altro commento da parte mia. Poi pare che l’idea (e che idea…) di Under Paris sia stata persino rubata e che ci sia un processo in corso. E pare che il regista abbia già iniziato a parlare di un seguito. Preparate i popcorn. I creatori di Sharknado sono avvisati. (Lorenzo Centini)

P.S.: ma poi in realtà per tutta la visione, e anche adesso, il giorno dopo, io alla fine non riesco a smettere di chiedermi a chi interessi il triathlon…

8 commenti

  • AHAHAHAHAHAHAHAJAHAHAHAJAHAH

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  • ahahaha. Non ho netflix e credo che non mi ci abbonerò mai, ma grazie per queste perle.

    P.s. ovviamente mutazione a cazzo degli squali quando lo squalo leuca è notoriamente un pesce che riesce a vivere sia negli oceani che nelle acque dolci, ma ai sceneggiatori ameregani vogliamo bene anche per queste stronzate.

    P.s.2 quanti esponenti LGBTQI+ e minoranze etniche hanno messo?

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    • Bravo! Abbiamo hacker di livello MONDIALE che sono ragazzine lesbiche, qualche bel bacio omosex c’è. Che poi fa solo danni, perché sembrano imbecilli totali. Lo sto guardando ora, lasciate perdere Sharknado. Lì il creatore gli dà il taglio della puttanata, questi invece sono convinti di fare un capolavoro.

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  • premesso che si esprimono pareri, nulla però è stato detto sul tema centrale ossia la tentata sensibilizzazione rispetto a quello che i cambiamenti climatici, l’inquinamento e le forzature che l’uomo pretende di fare in ogni ambito,possono comportare… Io leggo principalmente questo… discutibile il triathlon,l’allagamento..ok..

    ma fermiamoci a riflettere sull’ultima frase pronunciata sul famoso tetto dell’edicola…

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    • Lorenzo Centini

      Guarda, avevo evitato di parlarne perché la trama è talmente stupida che delegittimerebbe anche un tema del genere. E poi perché gli ambientalisti vengono descritti solo ed esclusivamente come ragazzini mentecatti che meritano di essere squartati da squali. E la cosa mi aveva anche fatto incazzare, per cui avevo preferito soprassedere.

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    • A costo di essere insultato e vituperato se mi permetti:

      “rispetto ai cambiamenti climatici” (verbo + complemento oggetto)

      “quello che è” “quelli che sono” direi di non metterli perché sono oggettivamente inutili e barocchi in qualsiasi discorso.

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