Dove (post)doom e slowcore si incontrano, dove l’autunno inizia ad annunciare come ogni anno la fine del mondo. Il nuovo album della band di Patrick Walker (ex-Warning) ci offre quella dose di depressione necessaria dopo troppa estate.
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Fottetevene di sorridere al prossimo, se non ne avete voglia. Il nuovo disco del quartetto dell’Arkansas è la colonna sonora ideale per starsene in santa pace coi propri demoni.
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Doverosa celebrazione di un disco infinito, che ha cambiato la vita a molti di noi. Un album splendido che però non splende. Anzi, assorbe la luce. Una voragine senza speranza dove c’è morte ovunque.
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Un album spartiacque nella carriera degli svedesi, che tornarono a indurire il suono e aprirono la porta a quelle influenze rock e progressive che avrebbero costituito la spina dorsale del loro nuovo corso.
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Non confondete Will Oldham con i cantautorini indie in barba e camicia a scacchi che stavano iniziando a furoreggiare. Qua si respira disagio vero e la benedizione di Johnny Cash qualcosa vorrà pur dire.
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