La lista della spesa di Griffar: neve, vento e castelli diroccati
Se vi piacciono cose tipo Teitanblood, Proclamation, Antediluvian, Altarage e simili potete dilettarvi nell’ascolto degli AKOÚΦENOM, da La Coruna, in Galizia, Spagna. Il loro nuovo lavoro Connections to the Erebus è un EP di 25 minuti che segue e ricalca il disco di debutto di un paio d’anni fa Death·Chaos·Void.
Composizioni contorte, frenetiche, terrificanti, ad altissima tensione che non molla mai, senza pausa né respiro; che si parli del lungo pezzo in apertura Absurd of the Arkhe, poco meno di dodici minuti di assoluta carneficina, oppure degli altri due brani che costituiscono l’opera (il quarto ed ultimo è una traccia di pianoforte comunque dissonante come la più pura improvvisazione jazz), qui la parola d’ordine è “facciamo un macello”, e lo fanno per davvero. Un assalto frontale di blackened death metal dalla potenza impressionante, che non molla mai e non ha momenti più rilassati neanche quando sembra che i ragazzi abbiano intenzione di concederci una pausa. Scordatevelo, non lo fanno. Buona fortuna.
E dopo sei anni ricompaiono anche i cattivissimi VERHEERER, anche conosciuti come VHR, parola che in dialetto germanico dovrebbe significare “distruttore” o qualcosa di simile. Loro sono tedeschi e, come spesso accade da quelle parti, suonano benissimo, scrivono pezzi eccellenti, ci buttano dentro l’anima e questo eccome se si sente. Poi pubblicano i dischi per Vendetta Records, che un disco che sia uno non lo sbaglia. Anche il loro black metal è assai personale, generalmente suonato ad alte velocità pure accentuate dal tremolo picking sovente utilizzato su note alte o altissime.
Non credete che siano convinti in ciò che fanno? Ascoltate il cantante sul finire del pezzo d’apertura che dà il titolo al disco: quanta cazzo di cattiveria, di perfidia che scaraventa dentro le sue linee vocali e i suoi arrangiamenti; io credo che BST (si fa chiamare così, ma anche gli altri componenti si identificano in una sigla di tre lettere scritte in maiuscolo) sia ad oggi uno dei black metal screamer migliori dell’intero panorama mondiale. Il quartetto sa esattamente cosa serve per scrivere black metal con le palle quadrate e non trascura assolutamente nulla: serve una ritmica forsennata? Pronta. Uno stop’n’go, un riff melodico armonizzato, uno stacco thrash, qualcosa di vicino allo speed metal, una coda acustica, un assolo cigolante? Nessun problema, se lo inventano e lo fanno con una naturalezza da far sembrare il tutto semplicissimo, comune, logico. Regolare. Lampante. Registrato e prodotto alla grande come da tradizione, con tutti gli strumenti al giusto livello compreso il basso (cosa non scontata) Urgewalt propone 52 minuti di black metal di categoria superiore, c’è poco da fare: se ci si mettono i tedeschi a scrivere black metal di classe al loro livello ci arrivano in pochi.
Ancora per Vendetta Records esordiscono i DÉTRESSE, un trio costituito dalla bassista canadese Noircevr e dagli austriaci Patrick Stoiber (chitarra e voce, suoi anche gli Einst protagonisti di un ottimo debutto l’anno scorso per Naturmacht) e Lukas Lichtenfels alle pelli. Propongono un black metal canonico, caratterizzato dalla consueta alternanza tra sezioni più tirate e momenti più cadenzati, da meditazione e d’atmosfera. Il tutto ornato da efficaci armonie che, senza abbandonarsi allo stucchevole, mantengono alta l’attenzione dell’ascoltatore che viene portato ad interessarsi a ciò che sta per arrivare dopo senza distrazioni.
La bassista è sicuramente capace di connotare i brani grazie a linee complesse ben udibili grazie ad una produzione che la pone in posizione di assoluto rilievo; invece più ordinarie le tracce di chitarra che non ardiscono più di tanto in inopportune complicazioni, e anche lo stile del batterista è asciutto e lineare, privo di eccessi funambolici. Pessimismes è nel complesso un buon album di black metal canonico privo di particolari divagazioni, non ambisce a insolite originalità e non pretende di essere innovativo ma tutto sommato raggiunge ampiamente la sufficienza. Come primo episodio discografico è indubbiamente di valore, si vedrà in seguito se riusciranno ad emergere maggiormente con qualcosa di meno standardizzato.
Questi ve li segnalo come curiosità perché sono coreani, il loro nome 눈과 바람 tradotto significa “neve e vento” e sono uno dei tanti progetti di H. Navi, al secolo Moon Sang-Ho, proprietario della Misanthropic Art productions, artista già apprezzato negli Shadows of Black Candlelight (due album a loro nome nel 2017 e poi basta, fanculo) e oggi esordiente con un EP omonimo uscito per la catanese War Against Yourself (massimo supporto sempre).
Composto da tre brani piuttosto lunghi, il CD dura 25 minuti e propone un raw black atmosferico tenuto in piedi da una ritmica minimale, tendente al monotono e un po’ confusionaria vista una produzione correttamente definibile approssimativa, anche se ho il sospetto che tenerla così low-fi sia intenzionale. In questa ritmica si inseriscono o tastiere, comunque percettibili solo in sottofondo, oppure altre linee di chitarra in staccato che disegnano una parvenza di melodia. Completano il quadro una batteria sepolta da tutto il resto e uno screaming altissimo e penetrante direi usuale per progetti di questo genere. Se andate matti per questo tipo di proposte anche gli Snow and Wind faranno al caso vostro, in caso contrario lasciate pure perdere perché non è questo il disco che vi farà cambiare idea. Al momento questa nuova entità proveniente dall’Estremo Oriente è solo un abbozzo, speriamo che in futuro ci proponga qualcosa di più distintivo. (Griffar)




