Avere vent’anni: DEFTONES – B-Sides & Rarities
Le raccolte di inediti, outtakes e lati B vari sono il tipico oggetto da maneggiare con cura. Di frequente si tratta di roba per completisti, pubblicata per onorare contratti in scadenza o capitalizzare sul successo momentaneo di un artista, insomma la qualità o la necessità di pubblicare determinate registrazioni è quantomeno dubbia. Però se c’è una cosa che abbiamo imparato dal logorroico Belardi è che alla fine tutto “dipende dai dischi” (che poi grazie al cazzo) e in effetti, contrariamente a quanto appena detto, non è difficile menzionare svariati di questi album posticci che siano al livello di qualità, e in alcuni casi forse anche di più, delle uscite principali (al volo: Substance dei Joy Division o il clamoroso Incesticide). Un discorso che vale anche per questo B-sides & Rarities dei Deftones che non è da considerarsi un semplice accessorio quanto un pezzo realmente essenziale della loro discografia.
La raccolta in questione suggella un lungo filotto di album splendidi che li vede transitare da uno stile personale ma comunque acerbo fino al loro suono definitivo, e curiosamente arriva con breve anticipo su quello che sarà il loro primo vero e proprio primo episodio minore (Saturday Night Wrist ha comunque parecchie cose che lo salvano dal poter essere definito un passo falso in tutto e per tutto). Formato per buona parte da cover con in mezzo qualche versione alternativa e un paio di originali, l’album offre uno spettro abbastanza ampio di quello che il gruppo si è dimostrato capace di offrire nel tempo e ne testimonia sia l’evoluzione che la coerenza di fondo. Valga come esempio Crenshaw Punch/ I’ll Throw Rocks at You che esce dalle sessioni di Around The Fur e ne rispecchia in pieno il carattere transizionale del periodo in questione. O quello che per me è il momento apicale con The Chaffeur, dove a un certo punto, agli elementi primari come il tipico cantato etereo e a tratti sbagliato, Carpenter inserisce un riffone di quelli capaci di far muovere di un paio di millimetri l’asse terrestre.
Ognuna delle tracce è accompagnata da alcune brevi note che riportano particolari sulla relativa registrazione; ne escono dettagli interessanti sul modo di registrare in studio e alcune ritualità correlate (l’abitudine, una volta ultimato un disco, di mettersi a registrare brani altrui, possibilmente fuori genere). Da questo punto di vista la scelta delle cover è abbastanza esemplificativa delle incostanti e poco ortodosse influenze che ne hanno determinato lo stile e che la band riesce a rendere a tutti gli effetti qualcosa di proprio. A prescindere che siano classiconi o pezzi meno noti, anche nei momenti in cui la distanza sulla carta pare siderale come per No Ordinary Love di Sade. L’interesse, sia chiaro, non è solamente filologico, ma si tratta di cose che non avrebbero sfigurato affatto in alcune delle uscite ufficiali e che quindi rendono questo un album imprescindibile. Il classico disco che appena finisce puoi rimettere daccapo in un loop infinito. (Stefano Greco)
PS: all’epoca pubblicato solo in cd, l’album contiene anche un dvd con tutti i videoclip della band fino a quel momento, roba che oggi sa di modernariato (chi guarda ancora i dvd?), tanto più che proprio in questi giorni MTV ha chiuso i battenti in maniera definitiva.


Deftones: quella band che, pure con un disco di b-sides, non può fare a meno di pubblicare una sorta di capolavoro.
Tra le tante tracce presenti, ricordo chiaramente quanto ero rimasto sotto con la cover di “Please please please let me get what I want”, scaricata qualche anno prima da napster in qualità infima.
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giusto, mi sono in effetti scordato di menzionare che l’operazione fu meritoria anche solo per aver reso possibile ascoltare per bene brani che fino a quel punto erano disponibili esclusivamente come mp3 in bassissima definizione
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