Tra sperimentazione e violenza: DEFACEMENT – Doomed

I Defacement sono una gran band. Nel filone del death avanguardistico, sono tra quelli a cui riesce meglio trovare un punto di incontro tra sperimentazione e melodia. La loro capacità di rendere ogni album piacevole all’ascolto li distingue infatti all’interno di un (sotto)genere che spesso si perde alla ricerca di suoni e suggestioni che non portano da nessuna parte. Perché va bene la sperimentazione ma l’importante, alla fine della fiera, è sempre avere belle melodie e dei bei riff da potersi ricordare. E, come diceva giustamente Ciccio, metterci violenza, possibilmente.

Fin dal loro esordio Deviant i Defacement hanno cercato questo equilibrio tra i due aspetti. Deviant è quello più brutale ed alienante. Nei successivi Defacement e Duality  il death avanguardistico si fonde con il black atmosferico e le ritmiche, seppur sempre sostenute e serrate per la maggior parte del tempo, hanno iniziato ad aprirsi concedendo qualche momento dall’effetto più sospeso. Su questi due dischi sono state introdotte delle tracce strumentali tra una canzone e l’altra, che a qualcuno hanno fatto storcere il naso. A distanza di tempo, io la ritengo ancora una scelta intelligente, vista la complessità dello stile e la durata delle canzoni che spesso supera i sei minuti.

Doomed è il quarto album della band internazionale, giacché è composta da artisti provenienti da vari Paesi, ed è un ulteriore evoluzione nel loro percorso musicale. Il disco è intriso ancora una volta di passaggi death e parti centrali con melodie melanconiche prese dal black atmosferico. Le ritmiche però si spostano ulteriormente verso uno stile jazz fusion, intervallandosi a molte sfuriate blast beat e alcune parti più lente.

Gli stacchi ambient strumentali tra un brano e l’altro sono stati ridotti in favore di una maggior continuità dell’ascolto. Scelta ancora una volta intelligente, lasciatemi dire, perché aver continuato anche questo giro con la struttura alternata dei precedenti due album sarebbe stato effettivamente ripetitivo.

I Defacement, come dicevo all’inizio, ci sanno fare, e non è un caso che abbiano tirato fuori quattro lavori notevoli in meno di sei anni. Nonostante lo spostamento verso la scrittura di canzoni più orecchiabili (si fa per dire) la rabbia di fondo che esce da ogni disco è invariata e ancora sincera, e per questo Doomed si presta a essere uno dei migliori dischi dell’anno. (Luca Venturini)

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