FU MANCHU // KING BUFFALO // EARTHLESS @Circolo Magnolia (MI) – 02.08.2025

Data selezionata all’improvviso, serata libera, io e la mia dolce consorte decidiamo che c’è spazio per il festivalino stoner al circolo Magnolia e dunque, dopo il consueto viaggio, ci ritroviamo in coda alla barriera autostradale, che fa sempre parte dell’esperienza. Oggi il casello è straripante di veicoli targati “D” e “NL”, con ovvi problemi nell’uso delle carte elettroniche per il pagamento. La Mercedes davanti a me ha letteralmente spalmato quel maledetto rettangolino con chip su tutto il lurido frontalino, ed è qui che si manifesta l’intolleranza che condivido con i miei concittadini genovesi. Nonostante il mugugno iniziale, il resto della serata sarà incredibilmente tranquillo: parcheggiamo un po’ lontano, ci ungiamo con abbondante repellente antizanzara e prendiamo posto nella zona concerto contornata da casotti con cibi, bevande, libri e le ovvie magliette. Attenzione, i prezzi delle birre sono ONESTI. Ci tengo molto a dirlo perché sembra che ormai non sia più possibile fare a meno di abbeverarsi senza chiedere un finanziamento, ma oggi si beve come fossimo nel 2018. E c’è pure l’acqua gratuita a disposizione di tutti. Fantascienza.

Mentre ci aggiriamo per la zona gli EARTHLESS iniziano a suonare, mi sembrano presi bene, la gente è tranquilla e serena, ogni tanto qualche nuvoletta di fumo colora l’aria circostante mentre i riff riempiono il resto. Loro non proferiscono parola, il set è totalmente strumentale e non si fermano mai. Nessuna parola, nessun annuncio, solo riff in continuazione mentre la gente discorre serafica nell’aria fresca e un po’ uggiosa della giornata, o semplicemente si gode l’esibizione. Non chiedetemi di riconoscere i pezzi, vi basti sapere che abbiamo bevuto, mangiato e girato e nel frattempo questi continuavano a pestare continuamente, una specie di flusso di coscienza stoner. Da tornarci su.

I successivi KING BUFFALO non sono particolarmente graditi alla mia dolce metà. Concordo sul fatto che le parti cantate spezzino un po’ la tensione, ma comunque non riesco a non gradire la componente più psichedelica dei newyorkesi, seguendo con coinvolgimento le belle le melodie e i riff delle parti più incentrate sulla ripetizione ipnotica, mentre sorseggio il mio tonico rinfrescante. Da queste parti se n’era parlato bene, e dopo il concerto posso dire di essere allineato alle opinioni che potete leggere qui. Al termine dell’ultimo feedback ci dirigiamo in una zona relax per approfittare delle sdraio messe a disposizione degli astanti, riposando un pochino prima del botto finale.

Il concerto dei FU MANCHU inizia in perfetto orario e l’aria si colora nell’attesa delle prime note emesse dagli ampli. Scott Hill, che dalla voce sembra sempre un ragazzino, si presenta assieme ai soci con camicione d’ordinanza e chitarra trasparente; inizia a toccare le manopoline delle testate, partono i primi fuzz, i primi fischi e poi attaccano con Pidgeon Toe, su cui ovviamente perdo la brocca giacché non me la aspettavo. I suoni sono a posto da subito ed è tutto bellissimo, perché i riff si sentono bene, loro sono in formissima e si riesce a sentire distintamente il contributo di ogni singolo strumento, dagli assoli di Bob Balch fino al basso di Brad Davis sempre rigorosamente pizzicato a ridosso del manico, mentre il colore dell’aria si fa sempre più intenso. Ovviamente il disco più rappresentato è l’ultimo The Return of Tomorrow, tra cui le due hit Hand of the Zodiac e Loch Ness Wreaking Machine che mi rimarranno in testa per tutto il giorno seguente, comunque una goccia nel mare di distorsione che pesca trasversalmente in tutta la storia musicale della band, con però l’esclusione di Start the Machine, cosa che non capisco perché in quel disco ci sono almeno un paio di pezzi di botta. La gente gradisce, visibilmente rilassata: c’è chi poga, c’è chi canta, c’è chi si gira soddisfatto sentenziando che ne valeva la pena e ovviamente c’è chi dipinge l’aria. Scaletta spettacolare, volumi ottimi ed esecuzione perfetta, nonostante un piccolo inconveniente alla batteria prontamente risolto a caldo da un buonuomo del service che si prodiga a rimontare uno dei piatti mentre il batterista suona, evitandone i colpi. Dopo un’ora e mezza finisce tutto, le orecchie mi fischiano e, nonostante non abbia toccato un pennello che sia uno, quando rincasiamo all’una passata io ho stranamente molta fame. (Maurizio Diaz)

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