Un’altra gemma dal Canada: ORBYSSE – Necrothurgya
Il Canada non smette di stupire, mai. Dev’essere qualcosa che mangiano da piccoli o suggono dal latte materno. Nella fattispecie oggi dobbiamo celebrare Necrothurgya, disco di debutto assoluto di questi nuovi esponenti del metal noir quebecoise, gli Orbysse. Due i personaggi dietro il progetto: alle voci Hérésiarque, anche cantante degli Ossuaire, cavalli di razza purissima come tutti quelli ospitati dalla scuderia Sepulchral; di tutti gli strumenti si occupa Xost, compositore, produttore e artista a tutto tondo (suoi gli Issfenn, un gruppo black metal mooolto underground con due dischi all’attivo, non recentissimi invero). Il connubio che ne deriva è un gioiello grezzo di black metal atmosferico nerissimo, teso, nervoso e frenetico come abbiamo potuto apprezzare nei dischi di Akhlys e Nightbringer.
I due musicisti hanno così dato vita a una commistione tra il tipico suono di casa Sepulchral e il religious black di scuola americana. La particolarità sta nei riff strutturati in modo semplice, quasi basilare, con l’utilizzo di una quantità non eccessiva di note, ma l’altissima velocità di esecuzione, la scelta dei suoni e la cura degli arrangiamenti, tutti improntati a una foga esecutiva che solo in rari momenti viene meno (la parte conclusiva di Resonance III: Transfiguration, per esempio), rendono i 31 minuti dell’opera una chicca per veri intenditori.
Se il religious black complesso e strutturato delle band di Kyle Earl ipnotizza l’ascoltatore con atmosfere tortuose e ingarbugliate, che abbisognano di svariati ascolti per essere decifrate in virtù dell’estrema violenza dei brani, gli Orbysse ottengono lo stesso risultato puntando non su partiture intricate ma sulla tensione esecutiva. Il tutto in funzione di riff che hanno comunque insito un senso della melodia apocalittico, rovinoso, che più nero sarebbe impossibile. In totale i pezzi sono quattro, tutti tra i sette e gli otto minuti di durata, e volano via come una tempesta di vento artico. È anche questa una delle carte vincenti del duo, l’aver fuso in modo mirabile due stili di black metal apparentemente inconciliabili: quello canadese più orientato ad una celebrazione della potenza devastante della Natura con i suoi connotati più estremi e quello americano di impronta religiosa, complesso, isterico, demoniaco fino al parossismo più incontrollabile.
Necrothurgya è un disco fresco e dannatamente (in tutti i sensi) bello, sarebbe delittuoso ignorarlo. Ne esiste anche una versione fisica in cassetta, piuttosto limitata, con inclusa una pergamena antica nella J-card, un prodotto d’alta classe. Mi auguro che siano qui per restare, perché i presupposti per un successo su larga scala (sempre nel contesto black, naturalmente) ci sono tutti. (Griffar)


Mi è diventato duro 😘👏
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