Una scorpacciata di speed-thrash con MIDNIGHT, ACID MASS, BAT, BLACK KNIFE e KNIFE

Ridendo e scherzando, sono almeno vent’anni che MIDNIGHT esiste e che semina zizzania e blasfemia. One-man-band dell’Ohio, cappuccio sempre in testa forse un pelo prima che fosse una moda (prima dei Mgła, credo sia accertato). Lo speed metal più barbaro e ignorante che, chissà perché, piace pure a molti e te lo ritrovi ai festival (ritrovavi, anzi, che ormai è da un po’ che non ne frequento più). In realtà le ultime uscite erano un po’ più limate. Stavolta no, Hellish Expectations torna alla semplice barbarie venomiana anni ’80 con una decina di brani quasi del tutto veloci e cazzuti, pochi rallentamenti o quasi niente. E son chiodi arrugginiti pronti per i palchi. Le chitarre sono assalti punk alla Motorhead, basso e batteria macinano chilometri, voce come se gli avessero strappato le corde vocali e le avessero sostituite con lame di metallo. Il disco è piuttosto omogeneo, ve lo aspetterete, ciò non toglie che le canzoni quando attaccano fomentano per bene e non durano abbastanza da far cambiare idea. E appena finisce un pezzo, attacca subito un altro. Zero intermezzi, zero divagazioni, no cazzeggio. Solo Demonio, distillati e depravazione.

Altro solitario dell’Ohio, questo Ben Ricketts, aka ACID MASS. Rispetto a Midnight, un black/speed più estremo, parecchio thrash, in realtà. Riff slayeriani un secondo prima di passare a roba più pesante ancora. Meno cazzonaggine punk, ma comunque ignoranza garantita. Worship è solamente il secondo disco, ma in due anni. Contiene brani veloci e rallentamenti e chitarre che fischiano e gridano King & Hanneman in maniera piuttosto ovvia. E pure i titoli, quella semantica là. Poi si resta sempre con un piede sullo speed, con un livello di frenesia quasi hardcore. Hardcore che a un certo punto si professava innamorato degli Slayer, per cui il cerchio è chiuso da un po’. Comunque, Acid Mass, dicevamo: anche qua una decina di brani e una durata media inferiore ai tre minuti. Un discreto macello. C’è quella malignità presa in prestito dai riferimenti di cui sopra che rende il tutto più serio. Non si scherza, sempre lodi sperticate al Demonio, ma poca bisboccia, poche distrazioni, pochi piaceri. Sembra smanioso di passare davvero all’azione, Ben Ricketts. Non mi fiderei a incontrarlo per strada, di notte.

Pazzesca la copertina di Under the Crooked Claw, dei BAT, che invece sono della Virginia e dentro ci sono due Municipal Waste. Noi vogliamo loro bene subito perché l’intro strumentale horror dell’album si intitola Una Torcia Illumina il Cielo. In italiano. Ed è l’unica ambientale e strumentale. Poi parte lo speed metal/punk da definizione. Gagliardo, eh, non era una critica. Ah, essendoci dietro la Nuclear Blast il suono non è sporco o lo-fi o ipersaturo, però non è brutto, le chitarre suonano come chitarre e la batteria come una batteria. Trentacinque minuti non sono pochi per questa musica qui, perché non è che puoi variare più di tanto, però si arriva alla fine. Qualche tentativo, timido, di allargare lo spettro, come le tastiere spettrali nel finale di Horror Vision, c’è. Invece gli assoli sanno di NWOBHM e noi chi siamo per lamentarcene, anzi. Girano bene, i Bat. E poi comunque ripeto: copertina fantastica. Da sola varrebbe un voto in più al disco.

Comunque gagliarda la copertina anche di Baby Eater Witch dei BLACK KNIFE, dal Kentucky, che secondo Metal Archives però è dell’anno scorso, mentre per Spotify di gennaio di quest’anno. Loro, nel frattempo, si sarebbero sciolti, stando sempre all’Onniscente. Peccato. Comunque, parecchio più rozzi dei Bat, più casalinghi, diciamo. E più cattivi. Attitudine punk e cuore che batte tra Motorhead, chiaro, primi Bathory e thrash tetesco. Non ci stanno manco gli assoli, immaginate il livello di rozzezza. A tratti quasi black (il blast beat in Killed by a Ghost). Ci stanno titoli che da soli ti fanno innamorare, tipo Evil Sex on Halloween (tra l’altro una spingardata) o Heavy Metal Punx From Hell, verso la fine, con la quale si tira un po’ il respiro perché le tre/quattro precedenti sono davvero forsennate. Roba complessivamente davvero gagliarda. Peccato.

Sono invece vivi e vegeti i KNIFE, Knife soltanto e teutoni per davvero. L’anno scorso volevo parlare dell’album Heaven Into Dust ma oh, non so perché non l’ho fatto, me lo sono perso tra la tanta roba. Benissimo, mi danno l’occasione di recuperare con un Ep dal vivo, Live Leather Hounds, che certificano come i nostri dal vivo ci dovrebbero saper fare. Suono secco, ruvido, la ripresa un po’ amatoriale (un bootleg venuto bene, ecco), ma per questo genere qua non serve mica Martin Birch. Quindi ben venga anche non sentire la chitarra ritmica sotto gli assoli, perché credo non ci sia. La rozzezza dei pezzi è pari a quella delle registrazioni e qualche tecnicismo c’è pure ma, davvero, poca roba. Approccio punk, cattiveria slayeriana, urla, birra e penso qualche bestemmia (non ripresa dai microfoni). Alla fine breve, venti minuti, ma per sei pezzi, quindi media sopra i tre. Divertente, poi magari ci aggiorniamo con l’album nuovo, quando sarà. (Lorenzo Centini)

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