Fino a circa dieci anni fa i pop-up infestavano internet. Erano sostanzialmente video pubblicitari spam che saltavano fuori all’improvviso durante la consultazione di un sito o mentre si guardava un filmato, pur non avendo alcuna correlazione con la ricerca precedentemente effettuata dal navigante. Se dopo avervi sbloccato questo ricordo vi chiedessi di nominare il più famoso video di questa tipologia, voi quale citereste? Conosco già la risposta: “Ragazzi, sono veramente euforico”. Ma di cosa si trattava nel dettaglio? Andiamo per gradi.

Il video in questione era la parte iniziale del lungo spot di una piattaforma, BinaryGoal, che prometteva, previa iscrizione, di far guadagnare “centinaia di migliaia di euro entro un mese” agli utenti senza tirare fuori un centesimo, grazie a un misterioso ed infallibile sistema non meglio specificato. La ghiottissima opportunità era riservata solo ai venti internauti più veloci ad inserire i propri dati nel form di registrazione del sito. Questo concetto veniva ripetuto sino allo sfinimento da una voce narrante che inoltre prendeva le distanze dai guru truffaldini, precisando che l’unico metodo funzionante e gratuito per diventare milionari fosse quello presentato. Il martellamento veniva intervallato dalle testimonianze di diversi clienti soddisfatti e fieri di mostrare al mondo i lauti guadagni ottenuti grazie al portentoso sistema (per me una sorta di deja vu, ma sarà certamente suggestione).

Il video appena descritto era letteralmente dappertutto, ma per ovvi motivi chiunque lo chiudeva dopo pochi secondi, per poi continuare a leggere/guardare in pace ciò che aveva cercato qualche attimo prima. Questo giustissimo approccio della maggioranza dell’utenza ha reso noti solo i primi secondi dell’interminabile pubblicità indesiderata, cioè l’inizio di una delle tante testimonianze già menzionate, che cominciava con una frase che fa ormai parte integrante della storia delle rete: “Ragazzi, sono veramente euforico”. La faccia del primo testimone di BinaryGoal e soprattutto le sue iconiche parole fecero impazzire chiunque: meme, fotomontaggi, remix, parodie e quant’altro invasero internet per anni, sino al fisiologico oblio.

Qualche giorno fa, essendo un disturbato, poco prima di addormentarmi mi sono posto dei pesanti interrogativi esistenziali: ma come si chiama il tizio di “ragazzi, sono veramente euforico”? Di dov’è originario? E ancora: cosa avrà mai fatto con tutti i milioni di miliardi (stando alle sue parole, aveva incassato ben 538.617 dollari solo nel primo mese, quindi oggi, conti alla mano, se la gioca tranquillamente con Elon Musk) guadagnati senza fare una mazza? Ecco cosa ho trovato dopo una rapida ricerca.

Il nostro ricchissimo amico si chiama Antonio Cantarin, è bresciano ed è nato nel 1986.  Dal 2007 al 2015 è stato il cantante di un gruppo musicale della sua zona, tali (Echo), etichettati come melodic death/doom metal su Metal Archives. Con la sua ex band ha inciso due demo e l’album d’esordio, Devoid of Illusions, datato 2011. Su Youtube è possibile guardare/ascoltare l’euforico Cantarin all’opera durante un live acustico o nel videoclip di Once Was A Man.

Terminata la sua permanenza nella band, Antonio è entrato nel mondo dei videogiochi in veste di sound designer, la figura che si occupa della creazione degli effetti sonori dei videogames. Essendo ricco sfondato, evidentemente lavora solo ed esclusivamente per passione (beato lui!). Sempre su Youtube è possibile ammirare il danaroso Cantarin che spiega, in inglese, il suo lavoro per una Casa di produzione indipendente. I commenti sotto quest’ultimo video fanno tutti riferimento alla sua precedente vita euforica e alcuni sono anche abbastanza pesanti.

Quando Antonio accettò di girare la videotestimonianza per la summenzionata piattaforma, sicuramente non immaginava nemmeno lontanamente che per un periodo  – anche abbastanza lungo – sarebbe diventato uno dei personaggi più famosi della rete. La domanda sorge spontanea: a distanza di diversi anni e con il famoso senno di poi, Cantarin sarà ancora veramente euforico? Ai posteri l’ardua sentenza. (Il Messicano)