Perché la vita è sacrificio e sofferenza: ORNAMENTOS DEL MIEDO – Escapando a Través de la Tierra
È uscito da poco, sebbene fosse già stato possibile ascoltarlo in anteprima a fine febbraio, il quinto full dello spagnolo polistrumentista Ángel sotto il vessillo Ornamentos del Miedo. Suoi anche i Graveyard of Souls, appena meno angoscianti ma di poco, e i meno noti deathster Mass Burial, che io pensavo fossero svedesi, tanto il loro suono è affezionato a quello dei mostri sacri voi-sapete-chi, e invece no: ma se vi capita recuperateli comunque, perché sono degni di attenzione.
Escapando a través de la tierra continua a proporre il disperato e tremendamente infelice funeral doom metal per il quale il progetto sta giustamente ottenendo riconoscimenti un po’ ovunque. Accanto alle chitarre ritmiche, suonate in modo minimale su tempi da marcia funebre, l’artista delizia (affligge?) il suo pubblico di estimatori con melodie sovraincise di chitarra che tracciano linee tanto struggenti quanto orecchiabili, e con arrangiamenti di tastiere che alleggeriscono non di poco l’ascolto, che viceversa sarebbe consigliabile ai soli appassionati di contesti così estremi. L’album dura 72 minuti, tutt’altro che pochi, ma non è mai tedioso, stucchevole o slavato tanto per allungare il brodo: i brani comunque sono solo sei, il solo Pozo Infecto è al di sotto dei dieci minuti e l’apice sono i 16 abbondanti di Donde la Línea Termina, che conclude il disco nel miglior modo possibile. È però innegabile che il sollievo finale sia dovuto all’essersi sottoposti alla catarsi che, inevitabilmente, prende possesso dell’anima all’ascolto prolungato di tanta sofferenza e tanto strazio musicati in modo così sentito e profondo.
Notevole il gusto degli arrangiamenti di tastiere, ora eteree, ora siderali, ora utilizzate con suoni richiamanti i sintetizzatori ciberspaziali in voga negli anni ’80 o anche prima (ascoltate Cielos Púrpuras per esempio), mentre le chitarre procedono senza sosta ad accompagnarci nel cupo cammino che porta ineluttabilmente prima in un reparto per malati terminali e poi in un cimitero. Per confortarci forse, perché l’album, pur avendo un’impostazione funerea, lugubre e mortuaria, risulta essere meno greve di quanto potrebbe sembrare. È comunque tutto perduto e l’unica certezza è la morte, ma ci si può arrivare anche in modo meno lacrimevole, e le melodie che adornano i brani tendono a ricordarci che, oltre al buio definitivo e al nulla eterno, ogni tanto ci sono anche giornate di sole.
Impossibile negarlo, la proposta di Ornamentos del Miedo rimane ostica e, se non comprendete o apprezzate musica così lenta e sconfortante, credo avrete soverchia difficoltà ad ascoltare Escapando a través de la tierra per intero, meno che mai più di una volta in tutta la vostra (spero lunga) esistenza. Se però il genere vi incuriosisce un tentativo fatelo, perché nel suo sottogenere Ángel propone musica di livello assolutamente considerevole. Magari provate prima con un paio di brani soltanto, se pensate di non reggere tutto l’album. Oppure dall’ultimo, dal più lungo, che a mio dire è anche il più significativo. (Griffar)

