La finestra sul porcile: DUNE – Parte 2

Visione attesa lungamente, ma procrastinata di una settimana in più a causa di un pranzo dai suoceri, nient’affatto parco in quanto a beveraggi e andato pure lungo, nella domenica seguente all’uscita ufficiale. Atteso con un po’ di impazienza, come attesa nel corso della visione è stata la fine stessa del film, causa conseguenze del litro e mezzo di cola trangugiato. La combo coi pop corn formato betoniera sembrava conveniente, nella prospettiva delle due ore e tre quarti di visione. Due ore e tre quarti senza interruzione. E qui bisogna elogiare il cinema cremasco presso cui ci siamo recati e che ha rispettato quindi film e spettatori. Comunque, visto che son partito dalla fine, ve lo confermo: l’ho attesa per lo meno per tutto l’ultimo terzo della visione, la fine, e non era solo un problema di minzione. Peccato.

Ognuno avrà la sua opinione, ma le mie aspettative erano piuttosto alte e di Villeneuve avevo cominciato a pensare un gran bene. Dite quello che volete, Blade Runner 2049 non poteva essere Blade Runner, ok, ma non vedo come qualcun altro oggi avrebbe potuto fare granché meglio. E la prima parte di questo Dune era stata per diversi aspetti ottima. Anche perché se ne sbatteva di Jodorovskij e Lynch e faceva la cosa sua. Mistero, atmosfera, scenografia e fotografia calibrate perfettamente. Qualche pedanteria c’era, piu di una, ma si capiva che serviva caricare l’arrivo degli Harkonnen e del volume secondo, per cui la si accettava anche. S’era accettato pure il finale tipo messaggio pubblicitario da vacanza in villaggio Valtour (gita nel deserto, notte in tenda e grigliata sotto le stelle). S’era accettato pure il ruolo di protagonista del detestabile Thimotée Chalamet, incapace di uscire dal personaggio ammiccante del ragazzino presuntuoso e viziato (ovvero incapace di impersonare altro che sé stesso, viene da pensare). Perché Paul Atreides nella prima parte di Dune è un ragazzino presuntuoso e viziato, per cui ok. Il guaio è che nella seconda parte Paul Atreides diventa prima un guerriero implacabile, pur tormentato da un conflitto interiore, e poi un tirannico e machiavellico profeta. E allora l’inadeguatezza del fotomodello de facto canadese (errata corrige: in realtà franco-statunitense, nda) diventa un problema. Chi avrebbe però potuto fare di meglio nel panorama (hollywoodiano e non) odierno? Ecco, questa domanda ammetto che mi metterebbe in difficoltà, nel deserto del cinema “maggiore” contemporaneo. Ma chi fa casting sono sicuro che avrebbe potuto trovare attori promettenti migliori. La scelta del canadese (errata corrige: cone sopra, nda) mi sa che è marketing e basta.

Comunque, non è l’unica scelta di cast a non funzionare nel volume secondo di Dune. Fanno eccezione Rebecca Ferguson, magnetica, e Javier Bardem, sempre un grande, alla fine. Il resto del cast non esce granché dal formato “collezione di figurine”, anche a causa di una sceneggiatura un po’ troppo confusa. Da Florence Pugh, inespresiva almeno quanto Chalamet, al Christopher Walken più sprecato di sempre. Non so se per colpa del vecchio attore ormai scarico. Più probabilmente per via del personaggio: “semplicemente” l’imperatore dell’Universo più insoddisfacente che si potesse immaginare. Ora, io Dune, il libro intendo, non l’ho letto (mea maxima culpa) quindi non sono in grado di esprimermi sulla rispondenza tra libro e film. E anche se ci cado spesso pure io nella tentazione di rimpiangere il peggio del passato, ritenendolo migliore del meglio del presente, non credo proprio sia il caso di rimpiangere il Dune di De Laurentiis. Quello che posso fare è confrontare il Dune Parte 2 con il Dune Parte 1, entrambi di Villeneuve, e se già da questo confronto il film del 2024 non esce benissimo, il resto sono chiacchiere da accademia. Perché dove il primo cresceva piano, puntando molto sul mistero e sull’atmosfera di catastrofe imminente, il secondo pure parte piano, pianissimo, ma perde al confronto per un affastellamento nel finale di eventi non chiari, la cui consequenzialità non è certo il punto forte del film. Oltre a scelte che, a mio avviso (modestissimo, ci mancherebbe), sono semplicemente sbagliate.

Tra tante, proprio lo stile dell’imperatore dell’Universo. Ora, ci starebbe pure rappresentare lui, la sua famiglia e la sua corte con tono essenziale e design minimal (abituati come siamo oggi al fatto che il potere vero è tutt’altro che barocco). Non fosse però che il semplice araldo della prima parte, unica rappresentazione o quasi del potere imperiale nel film di tre anni fa, era cento volte più grave, solenne ed immaginifico di un Christopher Walken senile e spettinato, con indosso una specie di vestaglia sciatta. La prendo un po’ ad esempio, questa cosa, per rappresentare una serie di aspettative e molle caricate della parte prima disattese dalla parte seconda. Tipo i Sardaukar, passati dai terribili sacrifici umani sotto la pioggia della parte prima alla totale insignificanza, bellica ma non solo, nella parte seconda. Per non parlare degli Harkonnen. Un’orda sadica e nazi, visivamente perfetta (anche nella parte due), ma del tutto deludente, alla resa dei conti, dopo la presa del potere sul pianeta Dune. Non è questione di trama, ma di scelte di sceneggiatura. Un lanciafiamme non basta a rappresentare la perfidia di un aspirante reich galattico che sembra incapace anche di presidiare opportunamente le immediate vicinanze della propria capitale. Non voglio spoilerare che poi mi sgridano, ma se avete visto il film e avete presente la battaglia finale, penso che capiate cosa intendo.

Finale che, come dicevo all’inizio, si attende con ansia da metà film in poi. Prima perché il ritmo lento della prima metà (di Dune 2) ti fa temere che anche questa volta si torni a casa senza aver visto la fine della fiera (che poi fine non sarebbe stata, del tutto, visto i numerosi sequel letterari). Poi perché, appunto, l’ultimo terzo del film vede tutta una sequenza di avvenimenti troppo ravvicinati perché risultino comprensibili. Non dico credibili, perché è ovvio che parliamo di fantascienza e senza sospensione dell’incredulità non si va da nessuna parte. Però (spoiler?) vedere proprio alla fine, in una manciata di fotogrammi, tribù e tribù di Beduini che hanno visto solo sabbia, tende e vermoni giganti per generazioni, affollare ordinati l’imbarco di navi spaziali per andare a combattere nello spazio come fosse prendere il traghetto ha risultati comici. Come resta piuttosto fastidioso l’ultimo (l’ultimo?) sguardo tra amanti, traditore e tradita, insistito in un momento che dovrebbe sembrare giusto un tantino solenne (la proclamazione di un “semplice” imperatore dell’Universo). O forse sono io che osservavo già da diversi minuti che non sopporterei ancora un primo piano languido dell’inespressivo belloccio canadese…

Restano ovviamente disattese una serie di domande, sorte durante la visione. Mi dicono tutti fosse impresa improba ridurre in un film (qui due) tutta la materia del libro, chiaro. Ma qualcosa mi sarebbe piaciuto capirla un po’ di più. Tipo: ma quindi che effetto fa ‘sta spezia? Perché ce stanno a rota genti da tutte le galassie? E poi, premesso come ha osservato giustamente Charles che schivare il tema Jihad fosse l’unica opzione veramente possibile, ‘sti famosi integralisti di cui sentiamo parlare con timore per tutto il film, che hanno di così terribile? Boh. Nel film pregano, al massimo piangono.

Portiamo a casa quel che di buono c’è nel Dune di Villeneuve. Una messa in scena fantastica per scenografie, navicelle e altri giocattoloni spaziali, anche se l’effetto sorpresa sta tutto nel primo film, poche novità nel secondo. Anche riguardo i costumi, il contributo del secondo volume è tutto nella vestaglietta imperiale di cui già abbiamo trattato. Complessivamente, ottimo esteta Denis Villeneuve. A volerlo paragonare ad altri pesi massimi, come “creatore di mondi spaziali”, chiaro che tanto Ridley Scott quanto Andrzej Żuławski (On The Silver Globe) non sono riferimenti facili da raggiungere. Forse impossibili. E come “creatore di mondi interiori”, ma sa che il nostro tende a rincorrere un po’ troppo il Terrence Malick peggiore e più insostenibile. (Lorenzo Centini)

8 commenti

  • Avatar di marco

    per me qualsiasi versione di dune(film, libro, serie tv) è un mattone. Belli solo i vermi e la scenografia.

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  • Avatar di Andrea Carpitelli

    Io ho letto il primo libro a cavallo tra i due film (complice il rinvio del secondo) e posso dire che se da un lato la messa in scena è fantastica e da un punto in più al tutto (ma quella si era vista già nel primo e tanto bastava), il Dune parte 2 prende una strada tutta sua rispetto ai temi del racconto buttandola un po’ in vacca con la storia tra Paul e Chani, un imperatore loffio, i Saurdauker più docili degli Stormtrooper, nessun accenno a gli intrecci economici/politici che regolano i pianeti. Per carità, il regista ha dato la sua interpretazione al “mondo Dune”, può piacere oppure no…

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  • Avatar di il dioscuro

    dune è un libro superlativo. Ma non si perde troppo in chiacchiere sulla volontà di tenere una trama così precisamente strutturata. Invece a me pare che questi film tutti basati sulla narrazione, la storia in sé, tengano poco conto dell’atmosfera mistica, della sociologia di sfondo del film stesso che, inutile a dirlo, è più importante della trama fine a se stessa. Dune è un mondo e l’unico sguardo, seppur perfezionabile, che è riuscito a cogliere una certa essenza è quello di Lynch, a mio gusto personale.

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  • Iole D'Angelo
    Avatar di Iole D'Angelo

    Mah. Trovo molto bello il libro di Frank Herbert, e trovo che sia reso molto bene nel film. Se a ciò aggiungiamo che Isaac Asimov considerava Dune un vero capolavoro, non credo che vi possano essere obiezioni. Il critico che ha prodotto l’ articolo di cui sopra, oltre a stroncare il film con scarsa professionalità (vedasi coca e Pop Corn), si accanisce di continuo contro uno Chalamet su cui la penso molto diversamente. Non mi pare così viziato, anzi : è insicuro e poco “religioso”, è umile. Sguardo magnetico e sorriso da bambino, incarna la bellezza efebica di un adolescente. Ma l’autore dell’articolo continua come un maglio: inespressivo e bla bla, si sarebbe potuto trovare di meglio bla bla…Lasci giudicare a noi donne se il ragazzo è inespressivo o no. È un moderno Davide, che scuote gli ormoni femminili come pochi altri. Sul rapporto con Chani nulla dico altrimenti andrei a spoilerare, ma ho trovato curioso che non si sia trovata una parola per Zendaya o Feid Rautha. Comunque sì, mio egregio signore, lei detesta Chalamet quasi con odio, come se avesse sedotto sua moglie. Non è obiettivo e, soprattutto, non ha letto il libro. Ad ogni modo, il Dune di Villeneuve sta a quello di Linch come “Il nome della Rosa” di Annaud sta a quello di Turturro, avendo io letto il libro di Eco.

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  • Avatar di Cattivone

    Da conoscitore dei libri della saga il primo film mi piacque moltissimo, ma mi sono sempre chiesto come facesse chi non ha letto i libri a capirci qualcosa.

    Questo seguito devo recuperarlo, ma mi hanno giá detto che hanno eliminato il mio personaggio preferito (praticamente non vedevo l’ora che uscisse il sequel per vederlo su schermo) e questa cosa mi ha sgonfiato non poco.

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  • Avatar di Federico

    Pur ritenendo il libro un po’ una mattonata, il suo bello risiede nel mondo che Herbert è riuscito a costruire. Gli intrighi politici, i rapporti di forza tra le case, l’economia, la spezia etc.

    Di tutto questo, purtroppo, se ne vede soltanto la superficie e poco oltre.

    Avevo letto questo articolo già prima di vedere il film ed ero rimasto spiazzato. Dopo averlo visto, mi tocca concordare quasi su tutto.
    Sul protagonista, più che trovarlo ammiccante o poco espressivo, ritengo che non incarni assolutamente il prototipo del guerriero implacabile che diverrà imperatore.
    E’ un po’ una mezza seghina che si scontra con bestie più grosse e preparate di lui.
    Non che ci volessi un Momoa a ricoprire quel ruolo, ma diciamo che forse uno un po’ più in carne l’avrei scelto.

    Detto questo, ammetto che non ricordo se nel libro fosse descritto come nel film o altro (è passato qualche anno dalla lettura).

    Rimane esteticamente un bellissimo film e, alla fine godibile.
    Forse un po’ troppo facilone nel finale.

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  • Avatar di iggor

    Ma la gente non si è accorta che la storia è una metafora dei fondamentalisti islamici?  O bastano le navicelle spaziali, i vermi ,le spade laser e non vedono l’elefante nella stanza? Muad’Dib (il nome di battaglia scelto da Paul Atreides) suona come Mujaheddin (colui che è impegnato nella guerra santa), Fedaykin (i migliori guerrieri Fremen) è molto simile a Fedayyin (devoti pronti al sacrificio, guerrieri e membri della setta musulmana degli Assassini, il nome è usato anche per identificare la Resistenza Palestinese) e poi, ovviamente, la Jihad che… è la Jihād, la sacra guerra religiosa.

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