Il nuovo INQUISITION tra materia oscura e bestemmie
A quattro anni di distanza gli Inquisition tornano nel “freddo” febbraio con un nuovo disco dall’interminabile titolo, Veneration of Medieval Mysticism and Cosmological Violence, per raccontarci a che punto siamo con la lacerazione dello spazio-tempo e con la morte entropica dell’universo. Si sa però che i tempi cosmici viaggiano su ben altre scale rispetto alla piccola concezione umana, fermo restando che la nostra concezione di tempo è fondamentalmente sbagliata. Forse sarebbe più corretto parlare di percezione del tempo, ma non vorrei impelagarmi in questioni filosofiche, dal momento che per gli Inquisition, stringi stringi, il background non è che una scusa valida per essere dei candidati credibili alle gare di bestemmia creativa.

Per dire, il senso di fondo di questo album, che non è tecnicamente un concept se non nell’eponima penultima traccia e in diversi riferimenti sparsi tra le liriche, è molto didascalicamente rappresentato in copertina: la materia oscura, che secondo alcune teorie è la maggioranza della materia racchiusa nell’universo, sarebbe la manifestazione dell’entità malevola venerata, mentre la materia che costituisce le stelle non sarebbe altro che una lacerazione, da cui la luce sgorga come sangue e che viene raccolta in un calice figurato e assunto dal Nostro in modo da trarne potere malvagio. Paura eh, e io che credevo che andare a veder le stelle fosse solo un’attività romantica. Il viaggio dunque si dipana in un tripudio di lame, invocazioni e blast beat, come ormai ciascuno si avvicini a queste oscure materie è solito attendersi.
Il disco riprende il discorso iniziato dal precedente, questa volta mettendo ancora di più in primo piano i synth e sfruttando la chitarra come muro sonoro. Bisogna ammettere che il gusto per melodie ed effettistica non manca, e in tal senso aiuta Dagon a dare ai pezzi di un’atmosfera trasognata e vagamente disturbante, facendo risuonare l’immaginazione di noi lovecraftiani persi richiamando nella nostra corteccia corticale i flauti blasfemi della corte di Azathoth e la risonanza delle sfere cosmiche dell’esistenza. Un paio di esempi ve li posso trovare nel ritornello su Infinity is the Aeon of Satan, dove la tonica è messa su una frequenza talmente bassa da essere lasciata più che altro all’immaginazione, o il rimbombo che emerge su Sorcery Through Crystal Eyes in Search of the Devil.

Per quanto riguarda la violenza citata nel titolo, la promessa è mantenuta anche se superficialmente non sembrerebbe, visto che sovente si introducono queste melodie lente e talvolta romantiche che interrompono il ritmo proprio mentre chitarra e batteria sono lanciate a mille, come per esempio accade con la nenia su Memories Within an Empty Castle in Ruins. Questa volta ci sono molti meno riff rispetto al solito e quasi sempre non sono il punto della questione. Diciamo che si gioca tutto su pezzi più brevi e stratificati, dunque meno dispersivi e con uno sviluppo abbastanza chiaro. Se vogliamo potrebbe essere un problema il fatto che arriva tutto in poco tempo, ma alla fine una maggiore immediatezza non è un male e in almeno un paio di occasioni si scapoccia pure con soddisfazione.
Ne vale la pena? A me è piaciuto, con alcuni picchi di esaltazione che mi rendono curioso di sentire come suonano i pezzi dal vivo, quindi, impegni e famiglia permettendo, potrebbe anche essere che ci si incontri all’appuntamento che verrà sicuramente notificato nel rubricone mensile. Nel frattempo potreste verificare se un osservatorio vicino a casa vostra organizzi delle visite guidate, sia mai che vi venga l’urgente bisogno di controllare che non vi siano segni strani di una qualche entità maligna che vi sta osservando dalle indicibili profondità del cosmo. (Maurizio Diaz)

Album pazzesco nel riuscire ad essere orecchiabile e sulfureo. Marcio e godibile anche per chi non è avvezzo al black metal.
P.s. sono in loop malato con il nuovo Judas Priest. Per ora lo trovo un mezzo capolavoro ma ci devo riflettere ancora su. Chi se ne occuperà?
Prenoto Carrozzi, Belardi, Russo.
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