Lingua Ignota: Part I, nel bene o nel male la conferma dei PERSEFONE

Nuovo mini-EP della durata di poco meno di mezz’ora per gli andorrani Persefone. Suonano assieme dal 2001, sono già autori di sei dischi (sette, se includiamo anche la “rivisitazione” del loro primo disco), hanno ricevuto lodi sperticate e io – sebbene ci abbia provato a più riprese – non sono mai riuscito a digerirli. Li avevo lasciati con Metanoia nel 2022, e li riprendo oggi constatando, semplicemente, nihil novo sub sole. Se siete fan della band, preparate le mutandine di ricambio o la carta igienica, perché ne avrete nuovamente bisogno. Già, perché i Persefone, dediti principalmente a un progressive metal ipertecnico, mescolato con melodie affini al death metal e accompagnato da un cantato sia pulito che in growl, ripropongono qui la stessa miscela di elementi. Francamente, un po’ mi dispiace per loro. Soffrono, metaforicamente parlando, dell’eccessiva mancanza di giudizio critico ed estetico della maggior parte di noi miserabili. Sono quella classica band onesta che produce dischi decenti ma che viene pedissequamente accolta come la nuova pietra angolare del progressive, che fa incetta di voti altissimi per poi cadere nel dimenticatoio due mesi più tardi. Una sorte veramente infelice.

A dire il vero, secondo me in questo lavoro riescono anche a diminuire l’eccessiva cervelloticità di certi brani, specialmente di quelli presenti in Metanoia e soprattutto Aathma, a favore di una composizione meno tecnica e quindi sicuramente più fruibile, ma soprattutto più piacevole. Siamo sempre in presenza di un disco fatto fondamentalmente di tempi composti e di chitarre compresse – anche se mai quanto quelle dei Leprous di The Price, che secondo me sono lo stato dell’arte. Al tastierista viene lasciato l’ingrato compito di rivestire l’asetticità degli altri strumenti con atmosfere di contorno e qualche effettino elettronico, messo apposta per confondere i gonzi: di elettronica seria, in ambito metallo pesante, ne ho sentita veramente ben poca. Ma ripeto: un paio di brani si salvano e, perdio, riescono anche a far provare qualche emozione.

Leggo che qualche sciagurato collega recensore si lancia in considerazioni mercatologiche, e asserisce che la loro musica riesce, e sto parafrasando, a far breccia nei cuori di molte persone ma che le harsh vocals a queste molte persone risultano indigeste. Non riesco veramente a razionalizzare considerazioni di questo tipo. A onor del vero, il nuovo cantante – Daniel Rodriguez Flys, che apprendo sarà anche la nuova voce degli Eternal Storm, band che apprezzo decisamente di più – fa un lavoro egregio, inserendosi bene nelle dinamiche della band. Fattore, questo, importante, non scontato e che voglio sottolineare visto che deve assolvere l’immagino non facile compito di sostituire la voce storica dei Persefone, Marc Martins Pia, dopo vent’anni di carriera.

Ho quindi apprezzato Lingua Ignota: Part I molto di più delle due ultime prove in studio, dato che – e spero sia voluto – non è un disco di onanismo estremo e violento senza possibilità di riparazione. The Equable è un bel pezzo, con un gran tiro e con linee vocali, singole e corali, particolarmente armoniose. Anche l’omonimo brano, Lingua Ignota, è bello, sebbene inferiore perché appunto eccede in sbrodolature tecnicistiche che tolgono respiro all’evoluzione armonica del brano. Qua e là, qualcosa di salvabile c’è. Penso che i due brani appena menzionati me li riascolterò volentieri, in macchina mentre vado al lavoro magari. Per il resto, passo volentieri. (Bartolo da Sassoferrato)

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