Scozia violenta: MAN MUST DIE – The Pain Behind it All
The Pain Behind it All è il titolo del quinto album degli alfieri scozzesi del death metal tecnico Man Must Die. È uscito a febbraio, quindi ne parlo con grave ritardo, ma c’è un motivo a mia discolpa: lo pubblica Distortion Music Group (la label di Maurizio Iacono, già frontman dei Kataklysm) che in Europa o non viene distribuita oppure viene distribuita talmente male che i loro dischi non si trovano. Bisogna comprarli d’importazione direttamente da loro, il che significa pagarsi spese di spedizione da Oltreoceano che molto spesso fanno dubitare che il gioco valga la candela, facendoti chiedere se non sia più conveniente aspettare che qualcuno decida di distribuire il disco come si deve. In questo caso non è avvenuto, mi sono rassegnato e l’opera in oggetto mi è arrivata circa tre settimane fa, naturalmente con tempistiche di attesa bibliche (in realtà il ritardo è dovuto anche al fatto che mi ero perso la bozza del demone Griffar. Succede anche nelle migliori redazioni, ndbarg).
Il fatto è che io ho sempre adorato i Man Must Die, e mi sarebbe dispiaciuto perdermi il disco del loro ritorno a distanza di dieci anni dal precedente Peace was Never an Option, che già di suo è una fucilata di death metal tecnico e rabbioso, spesso ai confini con il brutal death più spinto. Dieci anni però sono tanti, e nel gruppo sono cambiate molte cose. Tre quinti della formazione, tanto per cominciare: più o meno verso il 2017 sono stati giocoforza rimpiazzati il bassista, il secondo chitarrista e il batterista, che attualmente è Tony Corio – i thrashers più scafati se lo ricorderanno nei siciliani Nuclear Symphony – ed è senza alcun dubbio un valore aggiunto, perché se The Pain Behind it All suona da dio buona parte del merito è sua.
L’album è comunque stato scritto come sempre dai due componenti storici, Joe McGlinn (straordinario alle voci in tutte le sfumature, dal growl più marcio al *-core come nei dischi precedenti, inoltre buona parte delle musiche sono sue e suoi anche tutti i testi) e Alan McFarland, il primo chitarrista. È stato scritto e registrato in periodo Covid, quindi in condizioni di forte disagio sia organizzativo che psicologico – a quanto pare diversa gente ha patito oltremisura le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria – e tutta la rabbia e la frustrazione accumulata si riflettono nelle nove composizioni (più una breve intro, 40 minuti di musica in tutto) che sono brutali, furenti, in molti casi quasi prive di melodia, laddove i Man Must Die di melodia ne hanno sempre inclusa in abbondanza. Ma, come dicevo, sono passati dieci anni e il modo di comporre non può che essere differente rispetto ai primi quattro dischi, che uscirono tutti tra il 2004 ed il 2013 e seguivano uno schema abbastanza lineare.
La musica dei Man Must Die oggi è più distruttiva, rimane solidamente radicata nel death metal tecnico sebbene i tecnicismi siano meno marcati e meno evidenti e le ritmiche più spezzate: è lo stesso McGlinn che cita come sue nuove influenze i Converge, persino i Dillinger Escape Plan, che portavano avanti idee di musica estrema diversa da quanto suonato dai Man Must Die in passato. L’impatto di brani come Patterns in the Chaos che apre il disco, Clickhate o Bring Me the Head of the King, collocati più o meno a metà disco a dimostrare la fortissima coesione dei pezzi che non risentono mai di cali, o la conclusiva Who Goes There/I.F.F., fa spavento e fa rabbrividire per quanto odio e disagio contengono. Ci sono ancora (in discreta quantità) le sfuriate in blast beat e ci sono anche momenti meno brutali, ma quello che predomina è la rabbia, che fa di The Pain Behind it All il disco più violento scritto dai Man Must Die.
Death metal oltre l’eccellenza, quindi. Speriamo che non passino altri dieci anni per ascoltare nuova musica della band scozzese (io li avevo dati per smarriti, anche se hanno suonato a diversi festival e fatto da spalla ai Cannibal Corpse credo nel 2018) e che qualcuno si decida finalmente a distribuire questo album come merita, perché dischi come questo li si compra in CD, il digitale non basta. (Griffar)

