Avere vent’anni: ONDSKAPT – Draco Sit Mihi Dux

Di tutti i gruppi comparsi nei primi anni 2000 in Scandinavia, gli Ondskapt svedesi sono tra i migliori, se non proprio i migliori e basta. Il primo EP da puro culto, intitolato Slave Under his Immortal Will, fu confermato dall’esordio, il qui presente Draco Sit Mihi Dux, che contiene black metal talmente ben fatto che soltanto un sordo o un contestatore in malafede può non riconoscerne la qualità sopraffina. Ci ritornerò sopra più tardi.

Di base, gli Ondskapt portano De Mysteriis dom Sathanas dieci anni avanti. Lo fanno ibridandolo con il religious black degli Ofermod e dei Funeral Mist, ma tengono sempre fissa la rotta tracciata da quello storico album. Ci sono i momenti in cui spaccano tutto, ma prevalgono le parti più cadenzate e meditate, nelle quali la voce di Acerbus spicca per varietà di espressioni, dal growling allo screaming penetrante puro, in modo molto interpretativo e teatrale, dando un valore aggiunto a tutte le composizioni. Che sono spesso lente (la Part II è un capolavoro di puro ghiaccio in lento movimento verso la catastrofe totale), sebbene quando si mettono a tirare deciso gli Ondskapt non abbiano nulla da invidiare nemmeno ai Dark Funeral. Precisato che il disco contiene sei pezzi per complessivi 45 minuti di durata, che gode di una produzione e di una scelta di suoni ai vertici dell’eccellenza, e che fu uno dei top album del 2003 senza tema di smentita, la recensione potrebbe anche terminare qui.

Non termina perché mi sembra giusto rendere onore agli Ondskapt contestando i summenzionati contestatori. Io capisco i gusti. Ci sono cose che non sopporto neanch’io, composte e pubblicate da gruppi con i quali io ho condiviso 30 e più anni di vita. Non me l’ha ordinato il medico di iniziare ad ascoltare metal nel lontanissimo 1984, ci sono arrivato per caso e poi è diventato qualcosa di più di una semplice infatuazione preadolescenziale. Molte cose più recenti di gruppi che ho adorato, e ancora venero per quanto mi hanno emozionato in illo tempore, secondo me sono inutili e da scartare. Gusti, per l’appunto. Ma definire gli Ondskapt noiosi, derivativi, soporiferi o peggio significa che il disco non è stato ascoltato bene o non è stato ascoltato affatto, o ancora che si hanno preconcetti stratificati che non hanno alcun fondamento se non il puro gusto di fare il bastian contrario, schifando un gruppo che riceve gratificazioni e commenti positivi ad ogni piè sospinto solo per farsi notare, senza prendersi neanche la briga di motivare adeguatamente una stroncatura senza ammissione di smentite. Doversi mettere a discutere con il primo pinco-palla di turno che sommerge di merda un gruppo e un disco che suona fresco e coinvolgente persino vent’anni dopo, chiedendogli cosa ci trovi di così scadente in Draco Sit Mihi Dux senza ricevere una risposta neanche lontanamente coerente, è – con tutto il rispetto – fastidioso. Quella non è più “questione di gusti”, è frustrazione e basta. Invidia per non essere stati capaci di concepire neanche lontanamente questo stile di musica. Invito pertanto tutti coloro che si riconoscono in queste ultime righe (e che ne saranno naturalmente offesi a morte, ma fidatevi: stanotte dormirò comunque sonni tranquilli) a riascoltarsi il debutto degli Ondskapt disfacendosi dei paraocchi spessi chilometri che vi obnubilano la vista, e rivedendo le vostre posizioni da tuttologi che di cose da imparare ne hanno ancora tante. (Griffar)

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