SULPHUR AEON – Seven Crowns and Seven Seals

Questa recensione potrebbe essere un episodio monografico della nostra rubrica I mostri all’angolo della strada, perché i Sulphur Aeon, come ci ricorda il benemerito Ciccio, sono uno degli esempi più genuini di metal contemporaneo ispirato dal Maestro americano. Affronteremo questo argomento in una sede più opportuna, mentre oggi ci occupiamo dell’aspetto musicale e ci godiamo questo nuovo album, senza andare per forza a scartabellare che ne so, Lord of a Visible World o Io sono Providence. 

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Prima una breve retrospettiva: i Sulphur Aeon nacquero per opera di Torsten Horstmann, che insieme al collega e produttore Simon Werner diede vita al progetto nel 2010 con un primo demo, Sulphur Psalms, e un EP in 7”, Deep Deep Down They Sleep. La loro avventura discografica ufficiale cominciò nel 2013 con Swallowed by the Ocean’s Tide, il quale venne notato da un pubblico più vasto e si guadagnò il rispetto di tantissimi appassionati di metal estremo, grazie al loro death metal abissale ammantato di black e alla loro tecnica compositiva, insieme ad una precisa scelta estetica. Il secondo album, Gateway to the Antisphere (2015), segnò un’evoluzione verso suoni più rifiniti e fu il disco della svolta per i Sulphur Aeon, ovvero quello con cui si fecero definitivamente strada. La vera evoluzione musicale, però, ci fu con The Scythe of Cosmic Chaos (2018), un album di una solidità meravigliosa, equilibratissimo fra la potenza dei primi lavori e la nuova vena epica che stavano maturando. I Sulphur Aeon sono, da allora, una delle proposte più serie e godibili dell’ultimo decennio in ambito death metal e, con queste premesse, è inutile ribadire che le aspettative su di loro sono sempre altissime e si attende con giusta trepidazione ogni loro nuova uscita. 

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Seven Crowns and Sevens Seals era stato preannunciato da tre singoli: il primo Arcane Cambrian Sorcery è un brano rappresentativo dell’album, grintoso e compatto, con già molti degli ingredienti che ritroveremo sviluppati nelle altre canzoni. Il secondo anticipo, disponibile solo su Bandcamp e YouTube, è stato Usurper of the Earth and Sea, un brano dedicato a Cthulhu, dallo stile più epico e cadenzato nel ritmo, caratterizzato da una vena quasi malinconica, con armonie moderatamente orientali. Pochi giorni prima dell’uscita dell’album è stata la volta dell’eponima Seven Crowns and Sevens Seals, che ci anticipava l’anima più marziale del lavoro. Uscito l’album lo scorso 13 ottobre, lo sentiamo aprirsi con l’intro Sombre Tidings, dove si avverte un sussurro in tedesco: “Sie sind hier!”, ovvero “Sono qui!”, riferendosi ai Grandi Antichi, che nell’immaginario apocalittico dei Sulphur Aeon si manifesteranno a brevissimo sul nostro pianeta. Brano dopo brano capiamo che lo stile musicale dei tedeschi continua lungo il percorso intrapreso con gli ultimi due lavori: si accentuano i momenti epici e marziali, espressi mediante tempi cadenzati e pause molto enfatiche, cui fanno da contrasto parti veloci e potenti, per cui i brani nel complesso rimangono ben scorrevoli e ascoltabili. La trama sonora è molto classica, costituita prevalentemente di armonie minori, su cui si aggiungono arpeggi e melodie che guidano l’orecchio dell’ascoltatore sopra all’abisso sonoro creato dai medio-bassi profondissimi. Questa tecnica è perfetta per creare i paesaggi sonori cosmici e lovecraftiani dei Sulphur Aeon, sia quando vogliono evocare profondità marine proibite o inconcepibili distanze nello spazio-tempo. Il cantato si divide fra un growl-scream molto intelligibile e una voce “tenorile”, con la quale, oltre che cantare, alcuni versi vengono quasi declamati, ad esempio in The Yearning Abyss Devours Us. È ancora presente la contaminazione col black metal sinfonico, tipica del gruppo fin dagli esordi, che è ben udibile in alcuni passaggi ad alta velocità, per quanto sia integrata nella prevalente componente epica.

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L’album si chiude con due brani dallo sviluppo più complesso e dalla durata più lunga: Seven Crowns and Seven Seals è una delle canzoni maggiormente cadenzate; molto epica e marziale, come dicevamo sopra, è un inno a sette divinità lovecraftiane, che vengono identificate con sette astri: Cthulhu – Marte, Nyarlathothep – Mercurio, Shub-Niggurath – Venere, Dagon – Luna, Yig – Saturno, Azathoth – Sole, Yog-Sothoth – Giove. La copertina di Paolo Girardi esprime questa personale cosmogonia dei Sulphur Aeon, in un’illustrazione che è sia horror che psichedelica. Beneath the Ziqqurats è la traccia più sinfonica e black, ma è talmente varia che tende decisamente verso il prog-death. Il titolo rimanda inevitabilmente al racconto Under the Pyramids, anche noto come Imprisoned with the Pharaohs (1924) e in effetti suggerisce un concetto simile, ovvero che sotto le piramidi si nasconda qualcosa di alieno e orrendo. Lo sviluppo del brano è molto godibile e finisce con un ultima corsa in blast beat per poi culminare in un ultimo trillo di chitarra che ci porta verso le stelle.

Elder temples,
witness of the bleeding desert sky…
Welcome the darkness that is rising from beneath

To sinister force the ancient gates succumb –
the seals are broken, unbound
the horrors rise to rule!

Seven Crowns and Sevens Seals è un album ricco di contrasti e ben concepito, e rappresenta il consolidamento di una maturità compositiva notevole da parte dei Sulphur Aeon, che si confermano uno dei migliori gruppi death metal del nostro tempo. (Stefano Mazza)

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