La finestra sul porcile: TALK TO ME
Una protagonista con un presente segnato da un profondo lutto e scelte sbagliate (qualsiasi scelta), e un gruppo di liceali idioti che si divertono ad entrare in contatto col regno dei morti compiendo riti che coinvolgono una candela, una mano di ceramica e due semplici formule (la prima è quella del titolo). Parte non proprio originalissimo quest’horror diretto da due apparentemente popolari YouTuber australiani, già produttori del discreto/buono Babadook. Ma parte bene, tanto che ero contento in partenza di scriverne, vista la fine che ha fatto questa rubrica tra supereroi, Nanni Moretti ed improbabili polpettoni manga (si scherza, eh!). Parte bene perché tutta la prima parte ha un buon ritmo. Personaggi caratterizzati un tanto al chilo, ma ok, è un horror. Però la dinamica del gruppo di adolescenti idioti funziona, la vomitevole trap in sottofondo, le dinamiche acide tra ragazzini stronzetti. Poi l’inizio con queste evocazioni, diffuse sui social dei protagonisti prima ancora di apparire davanti ai nostri occhi sullo schermo. E qui appunto, le scene clou (quelle già spiattellate nel trailer, tranquilli, non vi rovino granché) riprese con buona dinamica e suspense giusta. Un salto te lo fanno pure fare. Più che altro però è il contesto di quelle sedute ad essere interessante. Adolescenti idioti in balia di quello più idiota di tutti solo perché fa il bulletto, ma soprattutto il fatto che pare perfettamente normale evocare gli spiriti perché è fico, l’importante è riprendere tutto col cellulare, in qualsiasi momento. Ti stai divertendo, è una serata fica? E riprendi tutto col cellulare. Sei terrorizzato/a a morte perché dei tuoi amici urlano con la bava alla bocca ed occhi gonfi e neri? Riprendi lo stesso tutto col cellulare.

Non è un’esagerazione, è così. È esattamente così. Stiamo tutti attaccati a questo schifo di cellulare e la gente riprende tutto: quelli che si menano, gli incidenti, i disastri. La gente è in grado di fare un video con uno che muore. Temo che poi più giovane è questa gente e più questo è probabile. E vi sembra improbabile che dei ragazzini possano essere così idioti da fare delle feste in cui giocano ad evocare i morti dentro casa, come fosse una partita alla Playstation? Certo, è sempre un horror. Ma quando ero ragazzino io c’era un film in cui dei ragazzi drogati si stendevano sui binari del treno fino quasi a farsi tranciare in due o tre. E c’era chi emulava. C’era chi lanciava i sassi dai cavalcavia. No, non sarei tanto sicuro che se esistesse una mano in grado di far evocare i morti, il mentecatto medio non si comporterebbe proprio come i ragazzini mentecatti del film. E questa forse è la cosa migliore della prima parte del film.
Poi dopo la scena tosta, quella che segna il punto di non ritorno, il film si perde. La ragazzina protagonista continua a fare una cazzata dopo l’altra. E gli altri la lasciano fare, la assecondano pure, la riaccolgono quando meriterebbe di essere mandata sulla Luna a calci nel sedere. Della storia della mano frega più nulla, perché ok, ci sono cose più impellenti che fare una ricerca storiografica (tipo salvarsi la vita o continuare a conversare coi morti), però che peccato, per il film. Cioè, all’inizio che a un gruppo di ragazzini mentecatti non freghi praticamente nulla del perché una mano di ceramica ti metta in contatto con spiriti malvagi ci sta, fa parte del fatto che sono ragazzini mentecatti. Peccato che poi è proprio a chi ha scritto il film che non freghi più nulla. Poi il gruppo di ragazzi idioti si sfalda. Chiaro, non sembravano granché affiatati, anzi tutti perfettamente individualisti/narcisisti/persi nei cazzi propri, però a un certo punto sembrava che il film andasse in quella direzione, quella del gruppetto male assortito ma che fa quadra per salvare la pelle.

Sarebbe un altro topos strasfruttato. Da King, ma anche in horror recenti (tipo l’ottimo It Follows cui purtroppo questo discreto Talk to Me non si avvicina). Invece no, col cavolo. La protagonista ha un’altra delle sue brillanti idee del cazzo e mezzo gruppo la abbandona alla fermata del bus, tipo bella lì, raga. Beh, forse c’hanno visto bene. Il problema comunque è che tutta la prima parte è relativamente corale e incentrata su questa cavolo di mano e sul rito (anche se appaiono lentamente nella storia, e questa è una bella mossa). La seconda è un solitario della protagonista coi suoi traumi. E il film inevitabilmente ne risente. Qualche effetto ok (meglio all’inizio, peggio verso la fine), qualche scatto sulla sedia citofonato. Una mezza occasione persa di fare un film horror adolescenziale veramente carino e disturbante. Un pregio vero questo film ce l’ha: non vuole fare nessun tipo di morale, non c’è un Messaggio. E poi almeno sono andato al cinema senza andare a vedere omini in calzamaglia o crisi di mezza o tarda età di borghesi romani annoiati. (Lorenzo Centini)

“poi almeno sono andato al cinema senza andare a vedere omini in calzamaglia o crisi di mezza o tarda età di borghesi romani annoiati”.
Bravo.
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L’unico modo per trovare la vera felicità è rischiare di aprirsi completamente al mondo.
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