I nostri riff preferiti degli Slayer
Stefano Greco: Black Magic. Dopo quella sorta di breve intro, il riff sembra quasi affiorare dal caos. Quasi fosse la scena di un film di guerra nella quale dal fumo e dalle ceneri di un’esplosione emerge inaspettato un unico superstite. Il quale a quel punto è dominato da un unico e feroce desiderio di vendetta. Come molto del primo disco, non sono ancora completamente gli Slayer, ma allo stesso tempo sono già abbondantemente gli Slayer. È quel tipo di riff che ricollego ai miei primi ascolti, mi dà ancora quel brividino dietro al collo che è un invito a perdere il controllo, per quanto mi riguarda il vero fine ultimo del metallo.
Piero Tola: Necrophiliac. Perché ero un bambino, letteralmente un bambino (andavo alle scuole medie) quando sentii questa mostruosità la prima volta. Dal titolo avevo intuito che si trattasse di qualcosa di particolarmente cattivo e disgustoso. Andai a leggermi il testo, lo tradussi a fatica e capii cosa era un necrofilo. Il riff portante, il mio preferito degli Slayer, e le divagazioni, come quella prima che Tom Araya inizi a sbraitare e dell’infinita rullatona di Dave Lombardo, contribuiscono a creare tensione e simboleggiano la gravità dell’operazione compiuta dal protagonista, che immagino scavalcare il muro di un cimitero, ammantato di nero e incappucciato, per fare il suo comodo con un corpo esumato per l’occasione, tra piacevoli miasmi.
Marco Belardi: Chiedermi quale riff degli Slayer preferisca significa entrare in un bel ginepraio, perché sono la mia band preferita di sempre. Dovendone scegliere uno soltanto, allora lo prenderò da At Dawn they Sleep, perché la fase puramente orrorifica della carriera degli Slayer è probabilmente quella a cui rimango più affezionato. Il riff sta a 2’53” e sembra che il pezzo si prenda una pausa per poi sprofondare nell’abisso, nel testo che seguirà e in tutti quei kill sull’accelerazione. Credo d’aver fatto il solco sul cd di Hell Awaits semplicemente arrivando in fondo alla canzone e rimettendola a 2’53”, perché quel crescendo era perfetto per le mie orecchie. Meraviglia pura, nulla sarà uguale o ripetibile già dall’immenso e iconico disco seguente, che è cento volte superiore, ma non reca più le medesime sensazioni. Ne reca altre, ancor più negative, non più le stesse. Vi adoro, maestri.
Ciccio Russo: Seasons in the Abyss porta soprattutto la firma di Hanneman. King è autore unico di soli tre pezzi, due dei quali – Expendable Youth e Skeletons of Society – hanno grossomodo lo stesso riff d’apertura su una successione di accordi diversa. Le prime volte rimasi un po’ perplesso. Poi capii che riciclare un riff in due canzoni entrambe fantastiche, manco troppo distanziate nella scaletta, non è altro che una di quelle manifestazioni di assoluta supremazia che solo gli Slayer potevano permettersi.
L’Azzeccagarbugli: Volendo fare delle scelte meno scontate, potrei optare per il riff iniziale di Silent Scream, o di Behind the Crooked Cross. Ma al cuor non si comanda e vado su un classico, Postmortem, che è un concentrato di riff indimenticabili, quasi una suite di tre minuti per i tanti cambi di tempi e di atmosfera. E in particolare, banalmente, non posso fare a meno di scegliere l’ultimo riff, quello che arriva dopo il break a circa 2’44” del brano (noto al grande pubblico per gli stacchi pubblicitari di MTV): violento, istintivo, furioso, il perfetto viatico per uno dei finali più belli da sempre che, al tempo stesso, fa da intro all’immortale Raining Blood. Perché, come diceva Jason Statham in The Expendables 2, “non si batte il classico!”.
Michele Romani: Sarò banale ma il mio riff preferito degli Slayer, o per dirla meglio quello a cui sono indissolubilmente più legato, è quello al minuto 1’15” di Seasons in the Abyss, il primo brano loro che abbia mai ascoltato in quanto veniva passato in continuazione da un piccola tv regionale romana che trasmetteva solo metal e in particolare aveva una predilezione per gli Slayer. Di quel pezzo mi è sempre piaciuto tutto, il video, la canzone e quel memorabile riff con annesso scapocciamento finale che mi ha sempre fomentato un botto.
Griffar: All’annuncio dell’uscita di South of Heaven i fan più accaniti si divoravano nervosamente le unghie, i detrattori avevano già iniziato ad affilare le spade. E loro che fanno? Ti iniziano il disco con uno dei riff più iconici di ogni era, il classico riff che ascolti una volta e ce l’hai marchiato a fuoco nel cervello per il resto dei tuoi giorni. Il bello è che non è nulla di sconvolgentemente tecnico, o brutale o altro, dopo tanto tempo vien da chiedersi come mai prima di loro a un riff simile non avesse ancora pensato nessuno. È semplicemente una successione di note ripetute in due tonalità che gelano il sangue, facendo capire sin dall’inizio che il nuovo disco non sarà una tabula rasa come Reign in Blood ma molto più cupo, lugubre, angoscioso e disperato. South of Heaven è quel riff, South of Heaven sono gli Slayer, un riff (e un disco) del genere avrebbe potuto comporlo solo una delle band più grandiose della storia della musica. Before you see the light you must dieeeee!
Stefano Mazza: Ho scelto Crionics perché contiene un momento che ritengo bellissimo da sempre. Dopo la prima parte cantata, conclusa al minuto 1’29” da un urlo acuto di Araya, comincia la seconda metà della canzone, solo strumentale. Proprio qui appare un riff maideniano armonizzato per terze al minuto 1’51”, che lascia spazio a due cadenze di accordi molto potenti, poi al minuto 2’21” c’è un secondo fraseggio di chitarra, melodico e veloce. Ecco, questo è il punto che mi fece impazzire a 12 anni e che mi fa impazzire ancora oggi. Successivamente, al minuto 2’42” cominciano i due assoli di King e Hanneman rispettivamente, che terminano a 3’11”, quando riprende quella frase, che ci accompagna fino alla fine del brano. Non sono gli Slayer più conosciuti, ma è un momento di altissima arte metal delle origini: un condensato di melodia, potenza e capacità compositiva.
Bartolo da Sassoferrato: Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem. Slayer. Black Magic. Punto.
Cesare Carrozzi: Il mio riff preferito degli Slayer rimane il primo che ho imparato con la chitarra: Dead Skin Mask. La suonavo con un gruppetto in cui il batterista era simpatico, il bassista non me lo ricordo e l’altro chitarrista un pelato una decina di anni più grande di me, ignorante come una scarpa, che nella sua testa voleva essere il Kerry King locale: sapeva molto degli Slayer e poco o nulla del resto, e alla fine non è andata avanti proprio perché io sapevo molto del resto e relativamente poco degli Slayer, salvo poi recuperare. D’altronde nessuno di quelli che frequentavo ascoltava gli Slayer, e non è come adesso che ti piazzi su YouTube e c’è tutto. Avevo vent’anni, mi alzavo alle cinque di mattina per andare a lavorare e questo, visto che arrivavo alle prove di sera stanco morto, ciliegina sulla torta, alla fine tentò pure di tirarmi dentro una di quella catene di Sant’Antonio in cui per cominciare a guadagnare intanto devi metterci TU i soldi dentro. Vaffanculo a mammeta. Comunque sì, Dead Skin Mask.

Il Maresciallo: Non appena dico SLAYER, subito dopo la voglia di dare la consueta testata a chi mi sta di fronte, non riesco a non canticchiarmi in testa Raining Blood. Penso non servano grandi motivazioni al fatto che quel riff debba essere incluso in questa lista nonché in tutte le liste dei migliori riff del mondo. Troppo caratteristico per essere lasciato indietro, resta solo da capire quale vista la quantità di riff condensati in quattro minuti scarsi. Farò come Ponzio Pilato allora e, per non scegliere e lasciar compiere l’ingiustizia alla folla menzionerò il riff che parte al 0:50 di Tormentor. Distruzione e risse prêt-à-porter. HAIL SLAYER. HAIL HANNEMANN.
Il Messicano: Criminally Insane ha un riff iniziale perfetto perché incredibilmente, nella sua semplicità, sin da ragazzino mi è sempre sembrato perfettamente accoppiato al testo del pezzo. Se dovessi mettere in musica la frenesia di uccidere di uno psicopatico, userei enza dubbio questo. Il tutto, tra l’altro, capita nel periodo perfetto: di recente ho avuto degli scazzi sul lavoro e mi è venuta più volte la voglia di ammazzare qualcuno, anche e soprattutto perché ci sono 40 gradi e la testa, si sa, con queste temperature funziona meno del solito. Se dovesse accadere, il pennivendolo di turno sa cosa utilizzare come musica di sottofondo per il servizio.
Matteo Cortesi: Seasons in the Abyss. Il riff che apre il primo pezzo degli Slayer che ho ascoltato (in una cassetta uscita in allegato a Gordon Link quando andavo alle elementari), ancora oggi e per sempre il mio preferito; gli altri sono assalti frontali replicati all’infinito, qui senti davvero la puzza di morte, il momento in cui il tempo perde di senso immediatamente prima di una catastrofe terribile. La stessa puzza di morte l’ho sentita una sola altra volta con la stessa intensità, in No quarter dei Led Zeppelin, poi mai più.
Barg: Il terzo riff (o quarto, a seconda di come li calcolate) di Hell Awaits, quello che parte a 2’17’’ e finisce a più o meno 2’40’’. Una ventina di secondi per evocare il Maligno e spalancare gli insondabili abissi della malvagità del Caos. La musica del Demonio.

È un po’ come chiedere a quale dei tuoi figli vuoi più bene… Postmortem, il riff iniziale, unico per aggressività e malignità
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Seguo Griffar su “South Of Heaven” una delle cose più maligne mai sentite dai tempi di “Symptom Of The Universe”, uno dei riff che ti rimarrà in testa come un carillon del diavolo stesso. Enorme. E dopo viene tutto il resto.
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Mai stati la mia band preferita. Sono stati e saranno sempre la band che mi ha reso consapevole di un confine, tra gli altri e me. Tra l’essere e il non essere metallaro. Perché quando scoprii South of Heaven (che resta il loro disco che preferisco) non ci misi molto a rendermi conto che non era qualcosa che si poteva condividere con chiunque, come per i Metallica o anche per i Megadeth più accessibili. Correva l’anno 1990.
Al minuto 2:58 di Mandatory Suicide il fill di Lombardo precede quel riff. Che si ripete sino al finale mentre Araya salmeggia al demonio.
Lì una parte di me rimase sospesa per sempre. E quel momento non finirà mai. Tutto è cambiato e stravolto da allora. Una cosa sola attraversa le epoche e ovunque vada segna la costante universale della mia identità. Il metal.
Lo devo a quel riff.
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inizio di war ensamble, semplicissimo ma letale
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Black magic, per lo stesso motivo.
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Necrophobic, direi tutti i riff tiratissimi a che la compongono nei soli 1:40 di durata (break pre-solo a parte sadicamente inserito per darti l’illusione di prendere un po’ di fiato). Gli assoli impazziti, i fill allucinanti di Lombardo e l’urlo finale di Araya con la chiusura “Necrophobic, can’t control the paranoia. Scared to die” poi sono la ciliegina sulla torta.
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‘War Ensemble’, automaticamente accoppiato all’urlo belluino di Araya e al drumming da atleta olimpico di Lombardo.
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Enter sandman
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By the sword o Dittohead.
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Lo stacco rallentato di “Raining blood”.
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Chemical Warfare
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banalissimo… L’ attacco di Raining Blood
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Assolutamente non banale . Nessuno lo citA , ma pare che vi vergognate a dirlo : per me e la vetta più alta della musica degli Slayer e il riff di Raining Blood al minuto 1.10 , peccato che duri così poco, poi direi il riff di piece by piece( praticamente tutti i riff) poi direi Reborn e criminally insane , sex Murder Art…. Black magic, …………
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L’inizio di “Jesus saves”
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Mi piacerebbe fare il sofisticato e tirare fuori il riff di uno dei pezzi meno famosi ma non sarebbe corretto, per me i riff migliori degli Slayer sono sul loro album migliore, Reign In Blood. Ora, scelto l’album, faccio fatica a scegliere il riff… sicuramente il riff dello stacco di Angel Of Death è il primo che mi viene in mente, poi l’attacco schizzatissimo di Necrophobic, ma anche il riff iniziale di Postmortem… vabbè tutti i riff degli slayer cazzo, come faccio a scegliere??
Ok, ora i Mastodon, thanks
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Piece By Piece … tutta la vita
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Blood Red
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Cazzo !! Questo me lo ero perso….direi troppi. Così a pelle direi, la seconda parte di Spirit in Black
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