Nobiltà a luci rosse, il delitto Casati Stampa
Camillo Casati Stampa di Soncino, marchese di Casate, nasce nel 1927 in una delle più antiche famiglie nobiliari milanesi. L’istrionica e discussa ereditiera Luisa Casati Stampa aveva preso il cognome dal suo primo marito, un omonimo antenato di Camillo.
Nonostante il suo elevatissimo status, il marchese ha un’infanzia poco felice: i genitori, soprattutto suo padre, sono persone anaffettive costantemente impegnate, quindi il giovanissimo rampollo trascorre le sue giornate quasi sempre in compagnia della nutrita servitù della sua famiglia, nei confronti della quale è spesso offensivo ed addirittura talvolta anche aggressivo.
Sin da piccolissimo Camillo sviluppa una vera e propria avversione nei confronti dei no: si deve fare sempre ciò che lui desidera e non contempla in nessuna occasione alternative o compromessi di sorta.
Crescendo, il nobile lombardo mantiene questo modus vivendi e negli ambienti altolocati diviene famoso per le sue intemperanze. In un’occasione, ad esempio, riempie di botte un suo collaboratore sino a farlo finire in ospedale. Da sempre ritiene volgare rivolgere la parola ai suoi sottoposti, quindi comunica loro i suoi voleri per interposta persona. Il marchese, insomma, è un personaggio, un nobile della vecchia scuola, ricchissimo e potente, e nessuno osa mai contrariarlo.
La abitudini di vita di Camillo sono abbastanza stereotipate: feste mondane, prime della Scala e battute di caccia, la sua grande passione da sempre. Nel 1950 il marchese si sposa Con Lydia Holt (nome d’arte di Letizia Izzo, una ballerina) e l’anno successivo la coppia ha una figlia, Anna Maria.
Nel 1958, durante una festa a Cannes, un tornado sconvolge la vita del nobile meneghino. Il tornado in questione ha un nome ed un cognome: Anna Fallarino, la moglie di un suo conoscente, l’ingegnere Giuseppe Drommi. Camillo perde la testa: quella donna deve essere sua a tutti i costi. Tra gli astanti c’è anche un noto playboy dell’epoca, il dominicano Porfirio Rubirosa. Da raffinato cultore delle donne quale è, l’affascinante latinoamericano nota subito, come quasi tutti gli uomini presenti, la bellissima Fallarino e, tenendo fede alla sua nomea, tenta un approccio con lei, poggiandole addirittura una mano sulla spalla nuda. Siamo negli anni Cinquanta e quello è un tentativo molto audace per i parametri dell’epoca: Drommi non la prende bene e scoppia una rissa. Camillo accorre immediatamente in soccorso dell’amico, ma in realtà l’onore dell’ingegnere non gli interessa: è semplicemente geloso di Anna, che considera già una sua futura proprietà. È in questo modo che i due si conoscono.
Anna Fallarino e Totò in TotòTarzanAnna Fallarino, classe 1929, nasce in provincia di Benevento in una famiglia della piccola borghesia: è figlia di un impiegato e di una casalinga. Quando ha tre anni, sua madre abbandona il tetto coniugale per fuggire con il suo amante. Rimasto da solo, il signor Fallarino non si ritiene in grado di accudire la figlioletta, quindi la affida a sua sorella. La zia considera la piccola un peso e la tratta di conseguenza, distruggendole l’infanzia. Compiuti 16 anni, Anna si trasferisce a Roma a casa di uno zio militare. Nel quartiere è corteggiatissima e ben presto si fidanza con Remo, il garzone di un macellaio della zona. Alla bella Fallarino quella vita però sta stretta e quindi cerca di sfruttare la sua avvenenza per fare carriera nel mondo dello spettacolo. Remo disapprova le velleità della sua ragazza e la storia finisce. Nel 1950 Anna ottiene una piccola parte, poco più di una comparsata, in un film di Mario Mattoli, Tototarzan, che vede come protagonista addirittura Totò. Non è una svolta, ma un trampolino di lancio che le permette di frequentare le feste del jet set romano, dove conosce il già citato Giuseppe Drommi, rampollo di una importante famiglia dell’alta borghesia capitolina, con il quale poco dopo convola a nozze. Il matrimonio procede in maniera più o meno ordinaria, tra alti (non troppi) e bassi (diversi), sino alla summenzionata serata di Cannes del 1958. Anna nota l’intervento energico del marchese Casati Stampa e ne rimane colpita.
Qualche sera dopo, durante un’altra festa, Drommi, probabilmente alticcio, fa una scenata di gelosia ad Anna ed abbandona il locale. C’è anche Camillo, che ovviamente non si lascia sfuggire la ghiotta occasione e si avventa sulla preda sola e triste, pronto a consolarla in ogni maniera possibile. I due diventano amanti. Poco dopo rompono i rispettivi matrimoni e nel 1959 si sposano.
Sin dalla prima notte trascorsa insieme in un lussuoso hotel, la Fallarino scopre i gusti particolari dell’aristocratico partner: Camillo chiama il servizio in camera ed ordina una bottiglia di champagne. Quando sopraggiunge il cameriere, il nobiluomo gli intima di aspettare immobile ai piedi del letto, mentre lui ed Anna hanno un rapporto sessuale. Alla fine del congiungimento carnale, non contento, il marchese Casati Stampa tasta i genitali del povero inserviente, per assicurarsi che abbia avuto un’erezione guardando lo spettacolo che gli è stato letteralmente imposto. Anna non fa una piega, ma non sa che quello è solo l’inizio di una routine che di lì a poco andrà ben oltre.
Camillo ha una parafilia, il triolismo: prova eccitazione/appagamento sessuale guardando la propria donna che fa l’amore con altri uomini. Come già detto, è anche molto ricco, quindi può permettersi di pagare gli eventuali partner occasionali di sua moglie. Un mix letale, insomma: gradualmente quel gioco diventa la normalità: in spiaggia, in montagna o durante una festa Camillo sceglie uno o più uomini, contratta il prezzo e poi si gode lo spettacolo. I virgulti sono tutti giovani prestanti e per buona parte di ceto medio oppure basso: militari, impiegati, bagnini e inservienti. Probabilmente al marchese piace l’idea di comprarli – o meglio affittarli – riducendoli a momentanei oggetti di piacere, i quali, dopo aver terminato l’opera, hanno l’ordine di incassare quanto pattuito in precedenza ed andare via immediatamente. Le regole sono queste. Non finisce qui: Camillo documenta ogni incontro da lui organizzato annotando tutti i dettagli in una sorta di diario e, soprattutto, scattando centinaia di fotografie, sia a sua moglie da sola – ovviamente nuda ed in pose erotiche – sia agli atti sessuali. Una vera e propria ossessione che rapidamente va a caratterizzare la stragrande maggioranza dell’intimità della aristocratica coppia.
Da anni la famiglia Casati Stampa ha, in accordo con lo Stato, un’isola in concessione, Zannone, nel Tirreno, parte dell’arcipelago delle Isole Pontine (Lazio). I marchesi qui hanno fatto costruire da decenni un’enorme a villa a picco sul mare, che, per volere di Camillo, si trasforma in una sorta di fortino del piacere: da maggio sino ai primi giorni di settembre, nelle ore notturne, a Zannone arrivano decine di imbarcazioni: a bordo ci sono solo giocattoli umani atti a soddisfare la perversione del marchese di Soncino. Una situazione surreale che in poco tempo sfugge di mano, al punto da sfinire Anna, che ad un tratto comincia a sfoltire gli incontri, sino ad evitare di soggiornare nella residenza balneare ogni volta che ne ha la possibilità.
Tra la fine del 1969 e l’inizio del 1970 nel triangolo dei marchesi viene inserito un universitario romano fuoricorso, Massimo Minorenti, classe 1945. Il ragazzo piace sia ad Anna che a Camillo, quindi viene richiamato svariate volte.
Minorenti è di origine modesta, ma finge di essere un pariolino (un abitante del lussuoso quartiere romano dei Parioli). Da sempre cerca di inserirsi nel giro che conta e si vocifera che sia un playboy: tra le sue conquiste accertate c’è Lola Falana, una showgirl afroamericana molto nota in Italia in quel periodo.
Camillo, forse troppo preso dalla sua passione, non si accorge che tra sua moglie e Massimo gradualmente nasce qualcosa. Quando se ne rende conto è troppo tardi: Anna si è innamorata e ha una relazione parallela con Minorenti. I due si vedono regolarmente, ma il marchese viene escluso da quel menage. Camillo ovviamente non ci sta e ordina alla sua consorte di eliminare per sempre il giovane amante dalla sua vita. Anna china il capo, ma da quel periodo in poi il suo altolocato coniuge avrà – a buon diritto – un chiodo fisso: il marchese non lo sa ancora con certezza, anche se ha dei forti sospetti, ma la storia parallela tra la sua signora ed il belloccio venticinquenne continua regolarmente e senza alcuna interruzione.
Alla fine di agosto del 1970 Camillo viene invitato nella tenuta dei Marzotto, in provincia di Vicenza, per una battuta di caccia. Anna preferisce rimanere a Roma in una delle residenze della famiglia, in via Puccini, al civico 9. Alle quattro del mattino del 30 agosto Camillo chiama sua moglie, ma risponde Massimo Minorenti. Il marchese lancia violentemente la cornetta contro il muro e va su tutte le furie, poi decide di effettuare una seconda telefonata. Questa volta risponde Anna. Nasce una lite violentissima, con tanto di minacce di morte. Camillo, insomma, capisce quanto i suoi sospetti fossero fondati, quindi sale in auto e corre verso Roma. Ad attenderlo trova, nel salotto della casa di via Puccini, la sua signora e Massimo Minorenti, desiderosi di chiarire quello che secondo loro è un equivoco. Secondo un’altra ipotesi, i due amanti tentano di ricattare Camillo. Il marchese allontana la servitù, chiude la porta della stanza a chiave e poi imbraccia uno dei suoi fucili da caccia, un Browning calibro 12. Tre colpi ad Anna, due a Massimo e poi, utilizzando la stessa arma, si suicida sparandosi l’ultimo colpo sotto il mento. Quella strage diventa immediatamente il delitto di via Puccini o il delitto Casati Stampa, uno dei più discussi casi mediatici della storia del nostro Paese.
La vicenda è pruriginosa: famiglia nobile, corna, due omicidi e un suicidio. I media ci si tuffano avidamente, aggiungendo particolari, talvolta addirittura inventati di sana pianta, di ogni genere: rapporti lesbici, droga ed orge, tra gli altri. Il piatto diventa ancora più ricco quando vengono fuori – non si saprà mai come/a causa di chi – i diari del marchese e le foto piccanti di Anna Fallarino: i giornali fanno a gara per accaparrarsi il bottino, che ovviamente finisce su tutte le testate italiane. Siamo – è utile ricordarlo – nel 1970 e quello è uno scandalo senza precedenti.
Sulle copertine finisce, suo malgrado, anche Anna Maria Casati Stampa, la figlia di primo letto di Camillo. La povera adolescente è in un certo senso doppiamente protagonista del fattaccio: in primis perché è la diretta discendente di uno degli attori principali di quella storia morbosa e in secondo luogo perché ne è l’unica erede. Ma ci sono due problemi: la ragazza ha 19 anni, quindi è minorenne (la maggiore età passerà dai 21 ai 18 anni nel 1975) e di conseguenza necessita di un tutore legale per incassare. Il secondo intoppo è il testamento di Camillo: il marchese ha lasciato ad Anna Maria solo un quadro e 100 milioni di lire, destinando il resto della sua enorme fortuna alla moglie. Qualcuno mette in dubbio la dinamica dei fatti: se Anna Fallarino fosse morta dopo Camillo, anche soltanto qualche minuto, avrebbe ereditato, seppur per pochi istanti, tutte le proprietà dei Casati Stampa. Se la realtà dei fatti dovesse essere quest’ultima, all’atto pratico gli eredi legittimi sarebbero i parenti della Fallarino (lei non aveva avuto prole in entrambi i matrimoni) e non la figlia del marchese e della sua prima moglie. Una enorme matassa da sbrogliare. Qui arriva il bello.
Un rampante giovane avvocato calabrese, Cesare Previti, su mandato della famiglia di Anna Fallarino, cerca di dimostrare che la donna sia morta dopo suo marito Camillo. L’autopsia gli dà torto: Anna Maria Casati Stampa eredita tutto. Sembra la fine di questa turpe vicenda. E invece no. Il marchese lascia un patrimonio sconfinato, composto principalmente da terreni agricoli ed immobili, ubicati quasi tutti in Lombardia, tra la Brianza e la provincia di Milano, ma anche un ingente debito con il fisco (in larga parte tasse di successione).
Siamo nel 1973. Anna Maria, diventata maggiorenne da un anno, si sposa e si trasferisce in Brasile, lasciandosi alle spalle la dolorosa vita italiana. Per sanare i debiti, la giovane ereditiera decide di vendere parte delle sue proprietà e da oltreoceano affida l’operazione a un avvocato milanese amico di famiglia, Giorgio Bergamasco. Il mediatore incaricato da Anna Maria, però, ha degli impegni politici (in quel periodo è un ministro del Governo Andreotti) e quindi rispunta Cesare Previti, che offre il suo aiuto a Bergamasco e gradualmente diventa praticamente l’unico mediatore dell’affare.
Il legale calabrese riferisce ad Anna Maria che un suo amico, un abilissimo costruttore milanese, è interessato all’acquisto di una delle tenute della famiglia, Villa San Martino, ad Arcore, in Brianza: un immobile settecentesco di quasi 4000 metri quadrati, dotato di una pinacoteca colma di opere d’arte – tra le quali spiccano addirittura quadri di Tiepolo e Tintoretto – e di una biblioteca da oltre 10.000 volumi, il tutto circondato da ettari di terreno. L’offerta ammonta a 500 milioni di lire. Anna Maria ovviamente ha intenzione di rifiutare, ma Previti la rassicura: quella somma si riferisce al solo immobile, spogliato di tutto il suo prezioso contenuto, escludendo inoltre anche il terreno circostante. La marchesa ha urgente bisogno di liquidità e accetta. A questo punto la situazione si fa molto confusionaria. Probabilmente qualcuno approfitta dell’inesperienza della giovane ereditiera, che tra l’altro, come già detto, vive stabilmente in un altro continente ed ha urgente bisogno di monetizzare per sanare i debiti. La vendita diventa una permuta: l’imprenditore edile milanese dà ad Anna Maria 800 azioni di una delle sue tante società, a detta sua del valore di 500 milioni di lire ed oltre, e in cambio ottiene Villa San Martino, compresi libri, opere e campagne circostanti, più una serie di terreni agricoli nei pressi di Milano. Una follia.
Il nuovo padrone di casa si stabilisce nella villa nel 1974, ma il rogito verrà effettuato soltanto nel 1979: per cinque anni, quindi, Anna Maria Casati Stampa, pur avendo ceduto l’immobile, continua a pagare le tasse relative allo stesso, e per tappare i buchi cerca di vendere senza successo le azioni ricevute come pagamento. Si rifà avanti l’imprenditore milanese e le offre la metà del valore nominale, 250 milioni di lire, per ricomprarle. La marchesa ha tante impellenze ed è sfiancata da anni di tira e molla estenuanti, quindi prende i soldi e chiude per sempre quel doloroso capitolo della sua esistenza.
Il sopracitato imprenditore edile milanese si chiama Silvio Berlusconi e i beni comprati da Anna Maria Casati Stampa per due spiccioli sono per lui un crocevia: Villa San Martino ad Arcore sarà la sua residenza principale per quasi cinquant’anni, sino alla sua morte, avvenuta il 12 giugno del 2023 (si vocifera che la lussuosa magione possa diventare a breve un museo a lui dedicato). Nei primi anni Ottanta Berlusconi chiederà una fideiussione, offrendo la prestigiosa tenuta arcorese come garanzia: verrà valutata oltre sette miliardi di lire. Ad oggi, il valore stimato di Villa San Martino supera i 50 milioni di euro. Sui terreni dei marchesi di Soncino sorgerà una parte di Milano 2, l’enorme quartiere residenziale edificato da Berlusconi nel corso degli anni Settanta. L’ambizioso progetto immobiliare sarà l’inizio della sua scalata, tra Fininvest, Mediaset, Mediolanum, Mondadori, calcio e politica.
Qualcuno definirà la compravendita un vero e proprio raggiro ai danni della giovane ereditiera. Molti avranno da ridire anche sui fondi utilizzati per mettere in piedi Milano 2. Nell’ex residenza brianzola dei marchesi Casati Stampa ci finirà Vittorio Mangano, uno degli emissari di Cosa Nostra al Nord, con il ruolo ufficiale di stalliere di Silvio Berlusconi. Questa, però, è proprio un’altra storia, quella degli ultimi quarant’anni abbondanti del nostro Paese. Forse un giorno qualcuno la racconterà, ma non è questo il giorno. (Il Messicano)
La villa a picco sul mare a Zannone, “l’isola delle orge”













Il plot twist finale è degno del miglior M. Night Shamalayan.
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Come hanno fatto a divorziare e risposarsi nel 1959 in Italia visto che il divorzio arriverà solo nel 1970? Forse hanno unto un po’ di ingranaggi della Sacra Rota?
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Ho chiesto al Messicano e ha confermato che sì, il divorzio è arrivato dalla Sacra Rota. Non lo ha specificato perché gli sembrava irrilevante, comunque è andata così.
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Ai tempi chi aveva i soldi lo faceva annullare alla sacra rota, non era propriamente un divorzio e potevi sposarti ancora in chiesa credo.
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Comunque vivissimi complimenti. Il blog ha raggiunto livelli da fare pagare un abbonamento.
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uno di quegli articoli ricco di spunti e che tornerò sicuramente a rileggere.
La prima parte della storia mi ha fatto ricordare la canzone dei Fairport Convention, Matty Groves..
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non c’entra un cazzo col metal ma questo articolo, così come tutti gli altri su casi strani e personaggi dell’ Italia del passato sono interessantissimi. fottetevene di etichette e categorie continuate così!
il vostro blog è grandioso
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Articolo straordinario come tutti quelli a tema omicidi e dintorni su questo blog.
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I rampolli Berlusconi ne possono andare fierissimi!
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