Tragedia al neon e blast beat: NEL BUIO – s/t

Quando il patriarca Griffar recensì l’EP d’esordio dei Nel Buio, la sensazione era molto chiara: si trattava di un esperimento musicale ad altissimo rischio, il cui esito sarebbe dipeso dall’abilità con cui il gruppo fosse riuscito a ibridare generi che sappiamo avere qualche affinità e che in passato erano già stati abbinati, ma in una forma nuova e interessante. Ebbene, l’esperimento riuscì e lo stile che ne emerse si dimostrò essere già personale, perfino nel caso di Mi Avvelena, ovvero una cover dei Twin Tribes (originale Monolith), ma soprattutto nei brani originali. Questo black metal urbano, contaminato con dark wave, elettronica e il “terzo incomodo” identificato da Griffar, ovvero il death metal che si percepisce in alcuni aspetti del cantato e in alcune scelte estetiche, diventa irresistibile e ha reso il gruppo milanese una delle rivelazioni italiane più interessanti degli ultimi anni. 

L’album di debutto, che non ha titolo proprio come il precedente EP, raccoglie le premesse e le porta proprio là dove dovevano andare: verso un consolidamento di quelle idee e di quella personalità che si erano già viste bene. Anche in questo caso c’è un concetto molto forte che guida la musica, il tema dei testi e i titoli dei brani formano una brevissima poesia, la quale indica la struttura divisa in due dell’album: il primo atto va da dalla intro Un tempo… a Col cuore puro. e si noti il punto, mentre l’altro atto comincia con la seconda intro Oramai…, composta ed eseguita per intero da Ville Pallonen, musicista black e dungeon synth, che ha voluto portare un’atmosfera ancora più anni Ottanta e horror, quindi si tratta di un brano di fatto autoriale e integrato dentro la struttura del disco. Ci si potrebbe chiedere se questo tipo di contaminazione non possa essere un espediente per suscitare facili nostalgie fra black e wave, tuttavia l’innesto ricercato dai Nel Buio è totalmente funzionale alla narrazione, che si addentra sempre di più nel dramma, dove la progressione di musica, parole e cantato si fa sempre più intensa, fino al finale tragico di Non v’è più lacrima, davvero sorprendente e raro.

Qui, più che compiacere, si incrina, per dare al black metal una luce al neon ancora più livida, disperata, in un certo senso cinematografica. La cosa più riuscita nel lavoro dei Nel Buio è che l’ibridazione da loro operata, pur evidente, non è mai un effetto speciale fine a se stesso, ma forma uno stile unico e coerente. Metal, elettronica e altri generi contigui si contaminano sempre più di frequente, però in questo caso c’è una composizione riconoscibile e maggiore della semplice somma delle parti; potremmo essere testimoni della nascita di un nuovo genere, in cui il black rimane l’ossatura fondamentale, la dark wave diventa il canone estetico, con sintetizzatori e pulsazioni che aumentano l’atmosfera scura e desolante, oltre che urbana, poi ci sono altre suggestioni più tipicamente metal che aggiungono aggressività e concretezza. Se il primo EP aveva il fascino del lampo e della novità, questo Nel Buio è il passo successivo naturale, quello in cui il progetto smette di essere un’idea forte e diventa una firma, il loro modo di scrivere, che ormai, ascoltando, si riconosce subito. (Stefano Mazza)

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