WINO vecchio fa buon sangue: Create or Die

Ti approcci al disco nuovo di Wino al termine di una giornata del cazzo (seee, magari, certe giornate durano settimane). E pensi due cose. La prima è che da Wino sai esattamente cosa aspettarti, qualunque sia il nome impresso sul disco o visualizzato sullo schermo. La seconda è che un rocker americano vero, uno che si rispetti (e Wino cazzo se lo è), invecchiando torna al country, al rurale, alla campagna. Come Toto Cutugno, ma con un’altra pasta, tutt’altra. L’abbiamo visto dal vivo col Barg, Wino, manco tanto tempo fa, e pareva raggrinzito, un albero vecchio, asciutto e, cazzo, tenace. E ad essere tenace, con tutto quello che ti sei preso e hai vissuto, se sei come lui, ce ne vuole. Poi, oh, ognuno ha i suoi idoli e noi siamo strafortunati che tra i nostri ci sia lui. Come musica, dicevo, sai cosa attenderti perché lui canta e suona sempre la stessa canzone. Imprescindibile. Viscerale. La stessa, anche se le note e il tempo e le parole sono diversi. Dipende come si gira, quel giorno, più o meno incazzato, più o meno disilluso. Ogni volta un po’ più vecchio. Che è una parola bella.

Se parliamo di un mobile vecchio magari stiamo dicendo che ha un valore, per questo. Se ci accodiamo a quella moda idiota della gastronomia e del beveraggio, l’invecchiamento è un valore. Se parliamo di una persona, specie se questa persona è un artista, invecchiato è una critica. Pensate quanto siamo stronzi. Secondo questo criterio, i formaggi possono invecchiare, le persone no. Wino invecchia sul serio ed è sempre lo stesso e non ti vende un cazzo di prodotto. Pochi giorni fa, pochi giorni prima che uscisse questo disco qui, solista, la notizia di un nuovo gruppo, il milionesimo di Wino, con una tipa giovane e il batterista dei Black Lips, qualsiasi cosa siano i Black Lips oggi. Wino invecchia e non sta fermo. Ed è sempre uguale. Non è che fa il giovinastro, non è che tira fuori il disco djent. Non per ora. No, cazzo, non lo farà, non ci credo. Fa la stessa canzone, Wino, e se la fa da solista non ti aspetti nemmeno granché di variazione. Non te la aspetteresti, ma entra in gioco la seconda considerazione. Wino è americano e, mano a mano che passa il tempo, si piazza sempre più di frequente sulla veranda di legno, su una bella sedia a dondolo di legno, a guardare la strada dietro la staccionata. A raccontare ai ragazzini di certi semplici valori in gran parte spariti. Roba semplice, tipo non dover credere automaticamente a quello che ti raccontano. Specie se la grancassa è univoca e furibonda. Gli americani quando si ribellano si danno al country. E quindi Create or Die è un disco country. Anche.

E un disco rock, soprattutto, chiaro. Rock, non metal, ma elettrico, sicuro. Anche elettrico. Almeno per metà. La chitarra è Wino al 100%, vedete voi quanto la lancetta si sposta in direzione Obsessed e quanto in direzione Spirit Caravan. Comunque, nessuno suona la chitarra come lui e nessuno la suonerà mai. Lo riconosci subito, Wino, dalla voce e dalla chitarra. Che forse è davvero una seconda voce, o è la sua prima voce, boh, insomma, ci siamo capiti. Quindi Wino è Wino e la sua chitarra suona esattamente come suona una chitarra suonata da Wino. Che altro volete che vi dica. Che Create or Die è un capolavoro imprescindibile? Un disco formidabile? La summa del Wino-pensiero? Volete davvero album epocali e sensazioni, ogni volta? No, dai, siamo seri. Io mi accontento di sedermi e ascoltare cosa un vecchietto come Wino ha da dirmi. E da suonare. Magari mentre suona sulla veranda con una chitarra acustica. Meglio, se attacca all’ampli quella elettrica. Lui continua avanti imperterrito, alterna acustico ed elettrico, come mille altri ribelli americani. Noi ci sediamo attorno ed ascoltiamo. E se quello che ascoltiamo non è tutto o del tutto al livello dei tempi andati, quelli gloriosi, cambia poco. Perché col tempo che avanza ogni volta che si ha l’occasione di ascoltare Wino diventa sempre più preziosa. (Lorenzo Centini)

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