Epitome del suono oscuro: lo split con ABYSMAL GRIEF, BLACK OATH, CULTUS SANGUINE ed EPITAPH

Quattro colori del buio. Si intitola programmaticamente Epitome of Dark Sound e sembra una di quelle antologie horror che si vedevano al cinema, una volta. Ogni autore un corto, una storia gotica. O più o meno. Perché i quattro convitati hanno tutti a disposizione una decina di minuti e se la giocano tutti con due brani. Tranne gli ABYSMAL GRIEF, che aprono le danze macabre con una litania necrofila delle loro. Si parte con un organo di chiesa, e quale inizio migliore. Poi arriva un riff elettrico, funereo, che pare uscito da un sepolcro profanato, a Pesaro, fine anni ’70. I genovesi sono maestri a fare questa cosa qui, non ve lo diciamo mica per la prima volta e lo sapete benissimo da soli. Dirges of the Errants la solita prova inattaccabile di Regen Graves e soci. Sarà un antipasto per le prissime nefandezze.

Riemergono dell’oscurità pure i BLACK OATH, di Milano, dopo un album del 2020, Emeth Thruth and Death, che speriamo a questo punto abbia presto un seguito. A questo giro, intanto, due brani: un doom goth/epico solenne e ben melodico, Your Grave Has My Name, ma con una deviazione quasi-black, a un certo punto. Non che ci sia da stupirsi, visti i precedenti e i progetti paralleli. Il secondo brano, Beneath, è strumentale. Mantiene l’atmosfera.

Addirittura il terzo nome di questa antologia gotica è quello dei CULTUS SANGUINE, tornati ad un’attività più assidua relativamente di recente. Con loro arriva una ventata mefitica maggiormente black. Doom semmai come si intendeva in certi anni ’90 gotici. Joe Ferghieph sopra le righe nel canto, rintocchi di tastiere inquietanti, sonorità in stile (appunto) anni ’90, con lucentezza (nera) maggiormente moderna. Anche per loro due brani, molto affini, al punto che l’uno pare confluire nell’altro senza soluzione di continuità, visto anche le strutture teatrali analoghe dei due brani, Hopeless My Dream Collide e The Passage, tra pieni e vuoti.

Sulla forma eccellente di cui godono quegli altri veterani degli EPITAPH ci siamo soffermati davvero di recente. Impressioni tutte confermate dai due brani inclusi qui, in realtà due parti di un unica Flower of Kronos, intitolate la prima The Swallowing and the Harpe e la seconda Of Mortal Men and Divinities. La prima è una specie di ballata sospesa e onirica (sogni che paiono incubi), per chitarre acustiche e synth sospesi (una specie di rimembranza di Lake Without Water), che funge in realtà da introduzione alla seconda, doom cinereo e sepolcrale, ma solido ed epico, da manuale. Ricky Del Pane una signora voce, un gran bell’interprete, e il brano sembra tutto meno che un brano minore da “sacrificare” per uno split. Altro che, gli Epitaph sono davvero in forma.

Immagino sia il momento di una considerazione conclusiva, voglio dire, che immagine ci restituisce questa antologia del suono dark nostrano? Di sicuro, lo stato di quattro delle “nostre” realtà migliori. Nonostante il titolo, non è che insieme esse riescano a sintetizzare per davvero tutti gli infiniti colori del buio della scuola occulta dello stivale. Certo, una bella fotografia la restituisce, Epitome of Dark Sound. Però certo, anche se (quasi) nessuno dei musicisti coinvolti risale alla prima generazione, quella degli anni ’80, tutte le band sono in giro da un bel po’. I “novellini” sarebbero i Black Oath, attivi comunque da vent’anni. Abysmal Grief e Cultus Sanguine da metà ’90. Gli Epitaph (almeno con questo nome) da fine ’80. È uno stile (o insieme di stili) sepolcrale e il tono da funerale gli si addice. Ma vorrei sentire anche un altro split con quattro nuove band di adepti, a perpetuare certi riti nefasti. (Lorenzo Centini)

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