La finestra sul porcile: WEAPONS

Estate chiama horror, al cinema. Non so perché, ma è così. Io e mia moglie abbiamo un multisala a cinque minuti a piedi da casa. Pessimo, a volte durante la proiezione devi uscire a chiedergli di spegnere le luci perché se lo dimenticano (oggi è successo sia all’inizio che alla ripresa dopo l’intervallo). Però gli horror che girano nel circuito li passano tutti. Ed è a cinque minuti. Dal trailer Weapons pareva una gran figata e il fatto che il regista fosse lo stesso di Barbarian era incoraggiante. Me lo ricordo gagliardo, Barbarian. Questo Weapons parte pure bene. Chiaro che se cominci un horror con un brano di George Harrison (Beware of Darkness, comunque) e non con archi stridenti o synth cupi, qualcosa vuoi dire già in principio. E infatti l’inizio promette qualcosa di diverso dal solito, tra continuità con certo horror pre-adolescenziale e periferico/campagnolo (Pet Sematary, Children of the Corn) e più ancora quella dimensione eerie che coglie una comunità di fronte alla scomparsa inspiegabile di innocenti (Picnic at Hanging Rock). O per lo meno questo era quello che volevo vederci io, in Weapons, nella prima parte.

Diciassette ragazzini sono scomparsi alle due e diciassette di notte, correndo a perdifiato fuori dalle rispettive case con le braccia aperte come un centravanti che esulta per un goal. Da qui la polizia che brancola nel buio e le conseguenze psicologiche su chi è rimasto: la maestra chiacchierata, alcolizzata, impulsiva e libertina (Julia Garner) e un genitore-alpha, concreto e metodico ma non meno disperato (Josh Brolin, sempre di buon impatto). Salgono il mistero e le stranezze, ma poi Zach Cregger decide (quasi) di mandare al macero quasi del tutto quanto di buono stava costruendo.

Adesso basta cazzate e fate almeno un finale decente

Il film da un certo punto in poi prende la strada sbagliata, sbagliatissima per un horror, di vanificare, anzi, radere a zero qualsiasi tensione che si andava costruendo. Due errori, a mio modo di vedere, mastondontici. Su tutto, quello di dover ri-raccontare la storia da diversi punti di vista. Ha un senso se vuoi svelare allo spettatore aspetti diversi, o se vuoi farne una questione collettiva. Ma (uno) a ricominciare la storia da capo quatto volte ammazzi qualsiasi tensione praticamente in qualsiasi caso e (due) se metti in mezzo punti di vista di personaggi marginali di cui non frega niente a nessuno e che valgono nell’economia della vicenda meno del duo di briscola, allora davvero: ciao ciao tensione. Quella cosa decisamente americana di doverti raccontare le miserie di personaggi di cui non frega niente a nessuno. Ci sta in un dramedy indipendente. In un horror, vi prego, risparmiatecelo.

Il problema, grosso, di Weapons è che per circa metà film non ve ne può fregare di meno di quello che avviene sullo schermo. Poi il mistero viene spiegato pedissequamente e sbrigativamente prima ancora che risalga la tensione e, davvero, si può essere più autolesionisti a scrivere un film (si suppone) di paura? Pare si abbia paura di fare “solo” un film di paura e si voglia fare per forza un film che possa andare bene anche nei festival con la gente giusta. Tipo Longlegs. C’è poi questa fissa americana in film e serie horror/mystery per le case e l’alcool (qua perlomeno non il vino), ma non sono ancora pronto per trattarne. Il film è loffio. Viene da chiedersi durante la visione perché non si sia preferito il remake della Pallottola Spuntata che danno nella sala affianco. Il finale però è bello, non scherzo. A parte una citazione a sproposito di Shining, che Cregger avrebbe dovuto fare il piacere di risparmiare a noi e a sé stesso. Gli ultimi minuti del film contengono le scene che almeno vi ripagano del biglietto (soprattutto se avete approfittato di una promozione estiva), con climax che ci sta e, anzi, ciliegina sulla torta: il sacrificio finale. A conti fatti, bella la storia, ci sta, sarebbe bella, però andrebbe rigirata e/o rimontata. Sappiate che le scene gagliarde di Weapons sono praticamente tutte già mostrate nel (o nei) trailer. Per carità, non è una zozzata, anzi, ma se cercate un horror “d’autore”, allora al cinema forse trovate ancora Presence di Soderbergh. Se invece volete un film che è un cazzotto sullo stomaco ma ha anche qualcosa da dire, il titolo dell’estate (e non solo) è Bring Her Back. (Lorenzo Centini)

6 commenti

  • Avatar di Cobretti

    Recensione interessante, se non altro si discosta da tutte le altre quasi solo sbrodolose. Io non ho visto ancora il film, mi è piaciuto molto il film precedente ( anche esordio) del regista, Barbarian. Da quel che leggo il fatto di ricominciare la storia da diversi punti di vista, è una cosa che non mi esalta per niente, questo metodo di narrazione non mi è mai piaciuto. Staremo a vedere. Mi interessa molto anche Bring her back, anche se talk to me non mi ha fatto impazzire, bel dilemma cosa scegliere se questa settimana vado al cinema.

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  • Lorenzo Centini
    Avatar di Lorenzo Centini

    Nessun dubbio, fidati: Bring Her Back va visto davvero.

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  • Avatar di Cobretti

    Ho visto Weapons, quello che dice Lorenzo riguardo il primo tempo è vero. Molto lento, con alcune storie/punti di vista che non apportano quasi nulla alla trama principale, aleggia un senso di mistero, ma non si capisce molto, e a questo punto per quanto ottimamente prodotto, il dubbio fosse una cagata era praticamente dietro l’angolo. Però inizia il secondo tempo e mi è piaciuto tantissimo come il tutto sia stato risolto semplicemente, ed è partita forte l’escalation, ho adorato la fine. Per certi versi anche il primo film del regista, Barbarian, partiva lento con un primo tempo che poteva lasciare perplessi, per poi decollare. L’opposto di molti film moderni secondo me. Alla fine, al netto dei suoi punti deboli, mi è piaciuto molto. A questo punto sono curioso come Zach Cregger farà Resident Evil. Quando potrò vedrò anche Bring Her Back, ma temo non al cinema.

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  • Finalmente un commento sensato
    Avatar di Finalmente un commento sensato

    Prova con “Provolone”

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