La finestra sul porcile: I FANTASTICI QUATTRO: GLI INIZI
A parere di chi scrive, un film del genere non richiederebbe – e per alcuni aspetti è anche il suo merito – un’analisi particolarmente approfondita, in considerazione nella sua ostentata classicità e linearità e nel suo essere di un’onestà a dir poco evidente, ma è necessario formulare una breve premessa. Non è possibile accontentare il fan dei fumetti che vede trasposti i propri beniamini sul grande schermo, o meglio, non è possibile accontentarli tutti. Perché persino di fronte a film oggettivamente* ottimi sotto tutti gli aspetti, da The Dark Knight a Batman Returns fino ad Avengers Endgame e I Guardiani della Galassia, si troverà sempre qualche voce fuori dal coro che avrà comunque qualcosa da ridire, per le ragioni più disparate: troppo aderente al canone, troppo personale, troppo serio, troppo scherzoso… fate vobis. E questo accade con una frequenza e un accanimento che non si riscontra in nessun altro genere cinematografico: si tratta di un vero e proprio unicum.
Tanto premesso, ovviamente anche sulla nuova – quarta – trasposizione de I Fantastici Quattro ho letto di tutto e di più, in entrambi i sensi, nonostante il film sia così apertamente trasparente che, davvero, è difficile comprendere le ragioni di una tale polarizzazione. Il perché è presto detto: I Fantastici Quattro: gli Inizi (anche se il sottotitolo originale, First Steps, è per molte ragioni più appropriato) è un film che funge da nuovo inizio – sul lungo periodo – dell’universo Marvel (che con Doomsday, stando alle parole di Kevin Feige, arriverà a un reset) il quale, dopo Endgame, ha inequivocabilmente perso smalto e interesse a causa di una iperproduzione e da un’eccessiva complessità di riferimenti inseriti tra film e serie tv. Se questa compenetrazione era riuscita nella fase che si era conclusa con la guerra dell’infinito, dopo, andando al sodo, si salvano solo singoli film – tra l’altro, quelli più autonomi – e alcune serie tv, come Loki e lo splendido WandaVision. Ed è proprio il regista di questa serie a cui viene affidata la trasposizione de I Fantastici Quattro, dopo i tre fallimentari tentativi passati, e Matt Shakman, per farlo, sceglie la strada più sicura: quella dell’assoluta classicità, che si rivela una scelta vincente.
I Fantastici Quattro: gli Inizi, rinunciando a raccontare, se non brevemente, le origini dei personaggi, mette subito al centro della narrazione i nostri beniamini, in una versione alternativa della Terra (per i nerd, la Terra-828 – omaggio a Kirby, nato in data 8/28 – dimensione parallela rispetto alla Terra-616, teatro delle avventure dell’universo Marvel) in dei futuristici anni ’60, in cui la “famiglia allargata” di supereroi difende il mondo da minacce di ogni natura, dagli “uomini talpa” a minacce extraterrestri. L’ambientazione è straordinaria e Shakman, memore dell’esperienza di WandaVision, crea una sua versione degli anni ’60 estremamente affascinante sia sotto un punto di vista architettonico che di design e, in generale, di atmosfera, che ben si attaglia a degli eroi così “retrò” come i Fantastici Quattro.
Sul punto, infatti, i riferimenti espliciti sono proprio all’epoca d’oro della testata, quelli di Stan Lee e Kirby/Buscema (Senior ovviamente), tanto ai disegni quanto ai personaggi coinvolti. Shakman e il team di sceneggiatori riescono a ricreare molto bene quell’atmosfera, anche grazie alla straordinaria colonna sonora di Michael Giacchino, in una storia in cui il punto di forza sono, senza starci a girare troppo intorno, i personaggi. Pur rinunciando ad uno scavo particolarmente rilevante dei protagonisti, così come degli antagonisti, il casting è semplicemente perfetto, Pedro Pascal è un pacionissimo Reed Richards, Vanessa Kirby – attrice estremamente sottovalutata – dà spessore anche psicologico al personaggio di Sue Storm, Joseph Quinn è un’ottima torcia umana e Ebon Moss-Bachrach, be’, è letteralmente La Cosa, ne incarna in tutto e per tutto lo spirito e va bene così. Allo stesso modo, nonostante alcune cose non proprio riuscite a livello di CGI, Julia Garner è un’ottima Shalla-Bal, l’araldo di Galactus che, grazie a Dio, mantiene, anche se solo in parte, la gravitas che aveva nel fumetto, essendo uno dei personaggi migliori mai scritti. Il tutto ben bilanciando azione, commedia, sentimenti e inserendo alcune battute “ad effetto” molto riuscite, come non accadeva da tempo.
Il vulnus di quest’opera è che, nella sua classicità, sceglie una strada assolutamente lineare sotto il profilo della scrittura dell’intreccio: l’evoluzione della trama è assolutamente prevedibile – soprattutto se si ha un minimo di conoscenza dei personaggi coinvolti – e non ha mai particolari guizzi o idee inattese, preoccupandosi anche troppo di rassicurare lo spettatore, ormai spaesato dai mille rivoli in cui si è perso l’universo cinematografico Marvel. Se tale aspetto, da un lato, tarpa le ali a un film che avrebbe altro spessore, dall’altro comunque non intacca l’esito di un film assolutamente riuscito, divertente e che non annoia nemmeno per un secondo. In particolare, senza rovinare la sorpresa, la lunga sequenza cosmica che divide il film a metà è da applausi a scena aperta, così come ottima è la parte finale – compresa la prima scena post titoli di coda – e le scene “casalinghe” che restituiscono una parte dello spirito del fumetto.
Perché non bisogna dimenticarsi che l’aspetto “familiare” è sempre stato al centro dell’opera di Lee e del Re Kirby, e criticare Shakman per aver più volte posto l’accento su questa componente significa semplicemente non comprendere le radici del fumetto. E in una scrittura senz’altro semplice, la componente sentimentale e affettiva, pur correttamente retorica, è quella che riesce ad emergere con più forza e a dare spessore e calore ai personaggi, riuscendo in pieno nell’obiettivo.
In conclusione, non siamo davanti ad un lavoro né sorprendente, né rivoluzionario, ma, con i suoi limiti, Fantastici Quattro: gli inizi riesce ad emozionare, divertire, intrattenere e creare un legame con i personaggi ritratti sullo schermo, regalando alcune sequenze davvero notevoli. E per quanto mi riguarda, basta e avanza per uscire più che soddisfatti dalla sala, per far ripartire l’universo Marvel per gridare, con convinzione, “Excelsior!”. (L’Azzeccagarbugli)
* Sì lo so, l’oggettività nell’arte non esiste e già vedo qualcuno storcere il naso vedendo accostati Dark Knight a Endgame ed io rispondo come Renè Ferretti quando parla con i tedeschi “Io sono ineluttabile / E io sono Iron-Man! PO-POO-POOO-POOO-POOOOOO-POOOO-POOO! Campioni del mondo!”



