Qualcosa è cambiato: ABDUCTION – Existentialismus

Ho dovuto aspettare parecchio prima di riuscire a scrivere queste righe, sino a quando non mi è arrivato il vinile. Sia la versione caricata su YouTube sia – in minor misura – quella su Bandcamp hanno una qualità sonora assai scadente, quindi per evitare di scrivere scemenze ho preferito procrastinare. In effetti, ascoltato in un hi-fi, Existentialismus è un’altra cosa, si comprende in modo più nitido quanto viene suonato.

Io seguo gli Abduction fin dai primi passi. Ciò significa da circa una decina d’anni, perché è da allora che mister Phil Illsley aka A|V ha dato vita al progetto, naturalmente solista (gli altri musicisti coinvolti nella lavorazione di quest’ultimo album hanno solo lo status di session). I dischi meno recenti sono tutti dei gioiellini di blackened death metal, cioè quel ramo del metallo nero che si intreccia con il death più fragoroso, tragico e apocalittico, come da evoluzioni più recenti del genere. Sono cupe badilate nel fegato e solforose colate di liquame mefitico e velenoso, quindi pane per nostri cariatissimi e doloranti denti. I primi tre album sono una bellezza, come lo sono l’EP Cyclopean Thunderbolt (nella versione in doppia cassetta è quasi un altro full) e lo split LP con i Nocturnal Prayer. I due demo usciti solo in cassetta a venti copie chi li ha mai trovati? Mortacci sua, qualcosa di meno irreperibile no? Va beh, soprassediamo. Insomma, fino a quando sono stati nel catalogo della piccola etichetta indipendente Inferna Profundus, magari gli Abduction avevano meno visibilità e meno potenzialità commerciali, ma si andava sul sicuro con qualunque titolo uscisse a loro nome, sapendo a priori che non si sarebbe rimasti insoddisfatti. Di più: si sarebbe goduto forte, detto in modo giovanilistico.

Poi, direi molto a sorpresa gli inglesi, sono passati sotto Candlelight e qualcosa è cambiato. Dico molto a sorpresa perché, tra tanta gente che avrebbe potuto essere messa sotto contratto da una simile etichetta per via di chissà quali mirabolanti doti artistiche o vendibilità inaudita, non erano certo gli Abduction i primi della lista immaginaria dei papabili. Già, perché forse non tutti sanno che la Candlelight, fondata nei primi anni ‘90 da un tipo degli Extreme Noise Terror (storico gruppo dei primi fasti grindcore), fu dapprima assorbita dalla Spinefarm finlandese e poi, per tramite di qurest’ultimA è diventata una stella della galassia Universal, che non è solo una major, è decisamente una multinazionale. L’etichetta per la quale è uscito In the Nightside Eclipse oggi è portata avanti da dirigenti in giacca e cravatta che con l’underground black metal non hanno nulla a che spartire, e questo si sente… Porca troia se si sente.

Black Blood, il primo episodio uscito tre anni fa dopo il cambio di etichetta, è un disco che non sono riuscito a farmi piacere neanche per sbaglio. Lo riascolto e non riesco a capire quale sia l’intenzione, quale la direzione che si voleva intraprendere, fatto sta che del grintoso e possente blackened death del passato, nervoso, tetro e non particolarmente melodico, è rimasto abbastanza poco. Black metal standardizzato, quasi ruffiano è quanto siamo costretti ad ascoltare in questo capitolo, potenzialmente più “commerciale” potenzialmente di tutto quanto creato in precedenza, e non venitemi a dire che è un caso.

Oggi esce Existentialismus e se non altro si può dire che una linea guida c’è, visto che i sei brani – tutti piuttosto lunghi, l’apice sono gli 11 minuti di Vomiting at Baalbek, onestamente un po’ eccessivi – sono pesantemente ispirati dai Deathspell Omega di Si Monvmentvm Requires, Circvmspice. Ne hanno il marchio a fuoco, ce se ne accorge fin dalle prime note del primo pezzo A Legacy of Sores e la sensazione di deja-vu non viene mai meno fino al termine della succitata suite da 11 minuti che chiude l’opera. Ora, se è innegabile che il nuovo disco sia migliore di quello che lo precede e che definirlo brutto sarebbe ingeneroso ed errato, è altresì vero che gli Abduction oggi sono un gruppo diverso da quello che abbiamo così tanto apprezzato in precedenza, e non sono del tutto certo che ciò sia dovuto solo ad un’improvvisa mutazione del processo creativo del suo factotum.

Existentialismus è un buon disco, certo, ha passaggi anche affascinanti, riff discreti, una produzione fin troppo precisina che comunque evidenzia la perizia esecutiva agli strumenti, ma non riesce a coinvolgermi più di tanto: il capolavoro dei Deathspell Omega è tale anche perché qualcosa di simile prima non si era mai sentito, oggi quanto senso ha tentare di replicarlo in modo più o meno pedissequo? Perché questo è quanto troverete in questi solchi. Ben fatto, sì. Imperdibile, indispensabile? No. (Griffar)

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