Almanacco Gotico Italiano #8: di tenebre, misteri e tormenti

Bollettino di informazione sul lato più oscuro delle uscite indipendenti nazionali – Foto di gotico_italiano

Quello dei SELVANS, concettualmente parlando, sarebbe un disco fantastico. Un disco metal che trascende il metal, che addirittura arriva nel campo dell’opera, o dell’operetta, o almeno credo. Io di operetta so nulla, o quasi, che comunque è quasi come nulla. Una volta mi hanno portato a vedere l’Eugenio Onegin, una volta la La Dama di Picche. Quando è stato il mio turno di ricambiare, ho proposto la Cavalleria Rusticana. E io so niente di Verdi. Ma un po’ mi piacque. Durava meno, era più melodica, più semplice, c’erano le arie. Era più nazionalpopolare. Certo, è solo una forma come un’altra. L’opera, intendo, o l’operetta. O l’operuccia. La sostanza è la tendenza al melodramma, da noialtri. Al melodramma arcitaliano e strapaesano. Al bel canto, se c’è. I polmoni esibiti e l’aria da piacione mentre aliti sul pubblico. L’Italia, insomma. O magari piangi, o piagnucoli, mentre fai dono al Paese della tua Arte.

A me Saturnalia non è piaciuto, ma se preferite potrete dire che non l’ho capito. Certo ne ho capito l’ambizione. O per lo meno quella dell’abruzzese Luca Del Re che ora manda in pensione il suo progetto solista black metal sui generis, forse per consacrarsi del tutto al teatro, chi sa. So solo che in Saturnalia non mi oriento. In parte per la quantità di elementi che si sovrappongono, a volte confusamente, a parer mio: metallo nero moderno, metallo nero “antico”, prog, orchestra, sintetizzatori, con procedere spesso convulso, senza veri e propri picchi o melodie riuscite che convoglino emotivamente e in maniera compiuta gli sviluppi precedenti. Ma più che la strumentale, mi respingono le parti vocali, sempre sopra le righe, su un registro sgraziato, ma sempre melodrammatiche. Prendete il brano per sola voce e orchestra, Madre dei Tormenti. Non è cosa mia, forse. C’entrano pure i suoni e il missaggio. Non mi convincono. Il concept è ben chiaro, ci sta a conclusione della storia dei Selvans (sarà vero?). E non è questione di rimpiangere sempre le prime prove, ma musicalmente parlando rimpiango Lupercalia e Clangores Plenilunio, molto più a fuoco di questa uscita di scena finale esagerata.

Da una specie di folk horror nazionalpopolare a uno più tradizionalmente cinematografico. È molisano Vittorio Sabelli, multistrumentista e, in particolare clarinettista, già artefice di un album di black metal atmosferico dedicato alla Transumanza (questo il titolo di quell’album) a nome Dawn of a Dark Age. Ha anche diversi altri progetti paralleli, fuori e dentro dal Metal. Uno di questi si chiama A.M.E.N.Argento è il secondo album sotto questa denominazione. Senza elettricità, un’orchestrina dark jazz, clarino, pianoforte, batteria, contrabbasso e un’officiante d’eccezione. È Erba del Diavolo, infatti, Elena Camusso de Il Ponte Del Diavolo in persona, a cantare sul sottofondo jazzato dell’orchestra di Sabelli. L’intro è per piano blues, con Brindisi, e sembra che da un momento all’altro debba partire Death Walks Behind You. Invece no, parte un brindisi, appunto, alla vergine stuprata. Vi ricorda qualcosa? Si, esatto, l’Argento del titolo è un cognome, non un metallo. Il cognome dell’autore della trilogia delle Tre Madri, di Tenebra, di Profondo Rosso.

Tutto l’album è un tributo al regista romano e noi, sinceri estimatori, apprezziamo. Certo, a parte le tematiche cupissime, demoniache, la forma anche in questo caso non è scontato coinvolga il metallaro medio. Anzi, ancor meno. Certo che la chitarra acustica di Mistero in una colonna sonora ci starebbe benissimo. E pure le sovrapposizioni dei sussurri perfidi della Camusso. E pure gli intermezzi cameristici. Disco breve, ben coeso e dotato di un certo fascino. Non amo il jazz in generale (eufemismo il mio) e le divagazioni di jazz freddo messe qua dentro (Omicidio, Cadaveri) mi lasciano glaciale. Per fortuna i testi non sono proprio da cocktail bar, sebbene mi paiano spesso un po’ didascalici. Lo so, oggi sono un po’ rompiscatole, un po’ troppo forse. A me Argento piace, anche questo qui. Concettualmente quasi sempre magnifico, poi non è che tutte le cose siano (state) al livello dell’Epifania iniziale.

Ma non rompo le palle col terzo disco di oggi, perché mi garba parecchio. E c’è sempre Vittorio Sabelli dietro, il molisano. Gli INCANTVM, del lotto di oggi, sono quelli forse più canonicamente black metal. Si fa per dire, perché anche Maleficia, come Saturnalia, si impasta costantemente con musiche altre, il folk, i riferimenti classici. E anche qui si raccontano storie terribili di stregoneria e malefici, appunto. Del carattere di Sabelli so nulla, non lo conosco personalmente, ma la sua personalità resta sul retro, come un direttore d’orchestra, e quindi la narrazione è meno incentrata sulla personalità del suo creatore. Si fanno avanti invece i narratori, a partire dalla bravissima strega black Tenebra dei romani Dreariness, oltre ad una nostra vecchia conoscenza, il veneto Samael von Martin di Evol e Mater a Clivis Imperat e dozzine di altre esperienze. Storie di roghi, streghe, tratte dal folklore e dalla letteratura classica. Come nel precedente Strigae. Che già era un disco degno di essere ricordato, ma qui si fa pure di meglio.

Musicalmente parlando, è un album di black metal mediterraneo, per quanto ibrido. O meglio, proprio perché ibrido. Così se Donna Prudentia ha tratti ed andamento ellenici, non sfuggono mica certe visioni in comune con le creature di Agghiastru. Certo, manca quella dimensione sardonica che deve essere un aspetto così intimamente isolano. Qua siamo nelle valli cupe dell’entroterra appenninico, grimness da vendere e lupi e scaramanzia ancestrale. Il disco, dicevo, è comunque black metal, pur con le citazioni classiche (Mozart, mi risulta) e il clarinetto di Sabelli che fa capolino spesso e volentieri, così come una fisarmonica da folk paesano. E l’incedere è spesso pesante, veloce o lento che sia. La strega strilla, le maledizioni si sentono benissimo, i cieli si rabbuiano e la gente farebbe bene a rinchiudersi in casa. (Lorenzo Centini)

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