I segnali dell’apocalisse: la colonia Marina di Spina del film ZEDER diventa un’area protetta

Lo scorso capodanno mi trovavo in Riviera Romagnola, una meta di vacanza che piace all’emiliano medio in quanto lo fa sentire a casa, ma con l’aggiunta del mare, dei locali notturni, della piadina al posto della crescentina e delle dispute Sangiovese – Lambrusco, oppure tortellini in brodo – tortellini al ragù (quelli alla panna sono proibiti su entrambi i territori). Ahh, le interminabili diatribe localiste. Ma non è questo l’argomento di oggi, per cui cambiamo bruscamente direzione: uno dei passatempi più divertenti per alcuni dei vostri benamati autori di Metal Skunk è scoprire dove sono state girate le scene dei nostri film preferiti. Badate che ci sono degli specialisti molto più seri e molto più preparati di noi a riguardo, che ne hanno fatto una sorta di professione, oltre che di fissazione, per esempio gli amici del Davinotti, che se siete appassionati di cinema dovete visitare e consultare. Ebbene, da grande appassionato di Pupi Avati del periodo horror e grazie alla mia fortuita vicinanza geografica, ho avuto modo di visitare alcune sue location. Una in particolare l’ho sempre trovata realmente terrificante, oltre che surreale quando ce la si trova davanti: la Colonia Varese.

La Colonia Varese il 31 dicembre 2024.

Si tratta di una gigantesca e vecchia colonia per villeggiatura edificata in epoca fascista e capace di ospitare fino a mille bambini. Venne realmente usata soltanto per due anni di seguito, poi durante la Seconda Guerra Mondiale venne convertita in ospedale militare e, con l’occupazione tedesca, funzionò come campo per prigionieri. Venne restaurata in parte nel dopoguerra e nel 1949 tornò alla sua funzione di colonia per l’infanzia, ma infine venne dismessa nel 1957 per motivi di sicurezza. L’edificio si trova sulla spiaggia di Milano Marittima, vicino a Cervia, in provincia di Ravenna. È stata usata nel film La ragazza di latta di Marcello Aliprandi (1970), ma soprattutto in Zeder di Pupi Avati (1983), in cui viene chiamata Colonia Marina di Spina e dove si svolgono alcune delle scene più intense del film. Come la Colonia Varese, ci sono altre colonie abbandonate nelle vicinanze, sia in prossimità della spiaggia che nell’interno del paese, ma questa che vi racconto oggi è diversa dalle altre ed è un luogo davvero sinistro e improbabile da vedere. Ha un grande parco, praticamente una pineta marittima, che si estende dalla spiaggia fino alla strada, ovvero via Due Giugno, che collega Milano Marittima al vicino Lido di Savio. All’interno della pineta, che ormai ha preso il sopravvento e ha invaso tutto lo spazio, si trova l’enorme edificio di stile razionalista, con una grande scalinata a colonne di cemento, la quale ormai si intravvede soltanto fra i rami di pino. È molto strano trovarsi davanti questo bosco disordinato che si estende dietro ad alcune dune naturali, proprio in corrispondenza di uno dei litorali più tranquilli e spensierati d’Italia, fra un piccolo molo da pesca, una spiaggia libera e i bagni goderecci di Milano Marittima.

Interno della colonia, 1 gennaio 2024.

Passando spesso da quelle parti, confesso che mi ci sono avventurato più volte, per ammirare la location di Zeder e anche per la curiosità di vedere cosa si trovasse là dentro. A parte i segni di qualche bravata di ragazzi, fra cui anche un diario – libro degli ospiti, la colonia è, o meglio era, occupata, presumibilmente nel periodo che va dalla primavera alla fine dell’estate, da persone senza casa e da immigrati, che hanno creato degli spazi con arredi, servizi e zone cottura. Ma la Colonia Varese non è solo un pezzo di storia dimenticata: dovete sapere che l’edificio è situato all’interno di un’area naturale di pregio, proprio per effetto della caratteristica pineta, e di uno dei rari casi di sistemi dunali naturali, tanto da essere inseriti nella Rete Natura 2000 della Regione Emilia Romagna, in particolare nell’area protetta Pineta di Cervia. Inoltre, l’area che si trova fra la colonia e il mare è riconosciuta come un tratto di arenile di alto pregio naturale. In effetti, il tratto di spiaggia libera antistante la colonia è migliore rispetto a quelli circostanti, anche se a dire la verità è piuttosto breve. Già da tempo si discuteva della necessità di salvaguardare la pineta e la duna antistante la Colonia Varese: per esempio all’inizio del 2024, la sezione FAI di Cervia ha formalmente sollecitato l’adozione di misure di tutela e perimetrazione per proteggere quest’area di grande valore naturalistico.

Durante la scorsa estate, queste richieste si sono concretizzate: la Colonia Varese è stata sgomberata dai pochi occupanti rimasti, messa in sicurezza, recintata e dotata di cartelli informativi che illustrano le finalità dell’intervento. L’intento è senza dubbio giusto e nobile, volto alla protezione di un ecosistema fragile e prezioso. Tuttavia, con altrettanta inesorabilità, dobbiamo accettare che uno dei luoghi più caratteristici dell’horror cinematografico italiano, capace di inquietare e alimentare incubi solo alla vista, subirà un cambiamento irreversibile. Estate dopo estate, la Colonia Varese scomparirà lentamente insieme al suo fascino decadente e misterioso. Le mie passeggiate all’alba saranno sempre bellissime: mi potrò godere la duna protetta e magari ingrandita, la flora e l’arenile, che sono cose di grande valore, ma non potrò mai dimenticare il brivido che provavo nel vedere quel simbolo del passato, che mi trovavo all’improvviso fra una fila di ombrelloni e un bagno da spiaggia, dove potevo immaginare il “terreno K” e rivedere Gabriele Lavia che fugge dal suo incubo. Non resta che correre a rivedere Zeder. (Stefano Mazza) 

2 commenti

  • Avatar di VIDLON

    Ciao Stefano, ho molto apprezzato questo tuo articolo. L’argomento è assai vasto, spietato, romantico, e irrimediabilmente personale. Molti di noi conoscono ora questi luoghi per la fiorente attività di personaggi pubblici online che hanno “normalizzato” (passami il termine) il passeggiare e (ri)scoprire luoghi di archeologia industriale più o meno vecchi, più o meno fatiscenti, storici, pericolosi, militari, ex-manifatturieri, ecc… Invece l’averli scoperti per un interesse iconografico collegato direttamente al cinema, senza essere passati attraverso il filtro di un altro media, beh, è qualcosa di incredibilmente sentimentale, e passionale. Uscire dalla visione di un film di un’epoca analogica, un’epoca “follemente artigianale” per dirla kubrickianamente, e lanciarsi in una visita di questi luoghi potentemente suggestivi è qualcosa che spiazza, ci si sente parte di qualcosa di storico, e mi sento di dire apocalittico. Ho scritto visita e non esplorazione; le esplorazioni sono ben altra cosa, è una parola carica di avventura e di pericolo. Invece la visita evoca un impatto museale, accettazione di qualcosa che è stato portato a termine dall’uomo e successivamente ridotto allo stato brado dalla natura e dal corso del tempo. Grazie. Pier

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  • Avatar di Eugenio Cecchi

    Grazie per l’articolo. Segnalo che l’attività di tutela della Duna proseguirà grazie ad un progetto di manutenzione e rinaturalizzazione dell’intera Duna che l’Amministrazione Comunale stà predisponendo.

    Eugenio Cecchi – Delegato Gruppo FAI di Cervia

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