The Duality of Decapitation and Wisdom: La legge di bilancio spiegata dai VEILBURNER
Quel tratto distintivo dell’animale umano che per comprendere il mondo deve catalogare ed etichettare tutto è una bella rogna. Se non esistesse lo streaming, che permette a chiunque di aver già ascoltato il disco dei Veilburner prima che esca questa recensione, bisognerebbe fare un grande sforzo di immaginazione per capire che cosa suona il duo americano. Perché dire che suonano black/death è un espediente furbo per cavarsela con poco, e comunque non è pienamente corretto. Cercare di associarli ad altre band o dire che la loro proposta deriva da questi e da quelli lo è altrettanto. Tanto più difficile diventa parlare di loro quanto all’uscita ogni disco cambiano pelle e ti tolgono quei riferimenti che pensavi di aver capito e che ti sarebbero serviti per comprendere il disco successivo. Insomma, è complicato.
Il camaleontico duo della Pennsylvania anche stavolta si presenta a noi con un’opera spiazzante. Ciò che si percepisce fin dal primo ascolto è che gli autori di questo settimo disco, dal titolo The Duality of Decapitation and Wisdom ci sanno ancora fare alla grande. Ecco, vorrei soffermarmi un attimo sul fatto che questo, come appena detto, è il settimo disco. Un traguardo ragguardevole soprattutto perché raggiunto in soli dieci anni dalla nascita e reso ancora più importante dal fatto che ad oggi non hanno perso un grammo della loro ispirazione artistica. Pazzesco.
Questo ultimo lavoro in studio è un disco ipnotico, oscuro, complesso eppure facilmente accessibile. Non richiede chissà che sforzo per essere compreso perché fin dal primo ascolto ti rimane attaccato addosso, ti si infila in testa. Eureka!, dico io. Troppe volte bisogna scervellarsi per capire lavori intricatissimi che poi comunque ti lasciano il dubbio se abbiano una effettiva valenza artistica o siano solo fuffa. Quanto sarebbe bello più in generale se, per tutte le cose complesse, chi le fa si premurasse anche di farle capire chiaramente? Tipo, che so, la legge di bilancio. Sarebbe figo capirla fino in fondo vista l’influenza che ha sulle nostre vite. Ecco, i Veilburner hanno scritto una legge di bilancio e ce l’hanno pure spiegata con parole semplici. Grandiosi. Ma torniamo al disco; bellissime melodie si accompagnano ad arrangiamenti originali che culminano in sette canzoni da sette minuti esatti ciascuna. I suoni talvolta sono secchi, talvolta estremamente riverberati. Le dinamiche vanno dal pianissimo al fortissimo. Le ritmiche sono intricate senza per questo scadere nel tecnico fine a se stesso. La voce passa attraverso svariati registri vocali, regalandoci un’interpretazione straziante e drammatica. Si passa dal black, al death, al thrash slayeriano nella prima metà di Woe Ye’ Who Build these Crosses… Are Those Who Will Serve Us Death, all’industrial, alla psichedelia a tutto quello che volete sentirci, in un pot-pourri di generi che rinfranca le orecchie e lo spirito di chi cerca qualcosa di nuovo e fresco. Un disco bellissimo, innovativo e un ulteriore gran colpo da parte di una band originalissima come i Veilburner. (Luca Venturini)


